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Customer Centricity: strategie contro la crisi, se ne è parlato ieri a Binario F in un evento organizzato da UNC  

Il 38% dei consumatori vorrebbe aziende più attente all’ambiente di lavoro interno; per il 37% sono sconti e promozioni a guidare nella scelta dei prodotti. Staccato (al 21%) il noverodi coloro che vedono nella sostenibilità ambientale il valore fondamentale per uscire dalla crisi. Sono questi i dati (per certi versi sorprendenti) emersi dalla survey lanciata da Unione Nazionale Consumatori, attraverso i canali social del presidente Massimiliano Dona, discussi ieri nel corso dell’evento Customer Centricity, che si è svolto presso Binario F- from Facebook

Si tratta della seconda edizione dell’evento di networking che UNC organizza ogni anno per stimolare la riflessione degli stakeholders su temi di attualità, partendo dalla necessaria centralità del consumatore. ​Quest’anno i partecipanti (oltre un centinaio tra imprese, istituzioni ed esperti di settore), suddivisi in quattro tavoli di lavoro (Alimentazione- Digitale-Energia-Mobilità), hanno discusso -tramite una dinamica di gamification– sulle strategie da adottare per accrescere la centralità del consumatore. Ad aprire i lavori, il Presidente Massimiliano Dona che ha intervistato Paolo Iabichino scrittore e pubblicitario, Fondatore dell’Osservatorio Civic Brands con Ipsos Italia, sull’importanza di un cambio di passo della comunicazione dei brand. 

“Nei giorni scorsi –spiega Massimiliano Dona- ho chiesto alla mia community di oltre 250 mila consumatori quale strategia, messa a punto dalle aziende in un momento di crisi, ritenessero vincente. Su circa 4 mila persone che hanno risposto al sondaggio, la maggior parte dei consumatori (il 38%) è molto sensibile al tema del benessere dei dipendenti e quindi la scelta di un orario di lavoro flessibile, lo smart working, ambienti sereni e confortevoli, politiche di welfare aziendale sono molto apprezzate anche dai consumatori nella consapevolezza che alla base di una buona relazione con le aziende deve esserci l’attenzione per i “clienti interni”, cioè appunto i dipendenti.” 

Non sorprende invece che sconti e promozioni siano considerati una strategia vincente: “le strategie di prezzo hanno aiutato non solo le imprese, ma ovviamente anche chi acquista. Adesso però non si deve esagerare, altrimenti si rischia di perdere credibilità -commenta Dona- e sul lungo periodo possono persino generare sfiducia nel prodotto/servizio che finirà per perdere valore agli occhi di chi compra”.  

Il 21% dei consumatori crede nella necessità di un impegno a favore della sostenibilità ambientale e ne tiene conto nella scelta del brand: questo è forse il dato forse più controverso su cui anche gli ospiti di Customer Centricity si sono interrogati considerando la forte sensibilità che quasi tutte le aziende stanno sviluppando sull’ambiente, sui temi del riciclo, della riduzione dei consumi e degli sprechi. “Il rischio green washing è purtroppo sempre in agguato -commenta Dona- e gli stessi consumatori sono molto attenti che quando si parla di sostenibilità e scelte green che non sia solo di  facciata. D’altra parte anche l’Autorità Antitrust ha nell’ultima relazione annuale, per la prima volta, accostato il green washing alla concorrenza sleale.”  

C’è infine un 5% di consumatori che risponde di apprezzare l’impegno civico delle aziende: “è proprio sul purpose che molte aziende stanno puntando: non è una scelta ma una necessità a cui non ci si può sottrarre”, ha commentato Dona concludendo i lavori insieme a Pierpaolo Bucalo, Adjunct Professor, Customer & Employee Experience Management, Luiss Business School. “Sono soprattutto le nuove generazioni di consumatori a essere più esigenti -ha proseguito Dona- per questo le aziende sono chiamate ad agire in maniera credibile, rilevante e pertinente realizzando un impatto sulla società per cambiarla in meglio, Ovviamente agire guidati dal purpose coinvolge tutti i settori e i reparti di un’azienda e obbliga a ripensare i prodotti e il packaging, le filiere e la distribuzione e la stessa HR. Il che non significa non tenere conto dei profitti, ma partire dal presupposto che le nuove generazioni sono sensibili  alle grandi questioni del nostro tempo, orientano le loro scelte di consumo anche in base a una serie di criteri valoriali. Ma non si accontentano di un finto attivismo attira clic ma vogliono aziende autenticamente inclusive. E’ questa la vera sfida dei tempi che stiamo vivendo”.  

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