Nei giorni scorsi, Enki Stove, startup italiana, ha chiuso la propria campagna di equity crowdfunding sulla piattaforma Starsup con circa 30 giorni di anticipo, raccogliendo €240mila, il doppio rispetto all’obiettivo minimo iniziale, grazie alla partecipazione di 41 investitori e a fronte del 34% circa del capitale. Matteo Piras, AD di Starsup, ci ha inoltre confermato che in realtà la piattaforma ha dovuto respingere richieste di investimento per ulteriori 75mila euro, in quanto eccedenti il limite massimo dell’aumento di capitale.
Enki Stove progetta, produce e vende bruciatori pirolitici, basati su una innovativa tecnologia proprietaria brevettata, che consente di ottenere energia e calore dalle comuni biomasse, senza produrre alcun gas nocivo, inquinante o responsabile dell’effetto serra. La tecnologia è perfetta per produrre cucine da esterno, arredamento outdoor, barbecue e fornelli da campo ma, in prospettiva, estendibile a sistemi di riscaldamento da interno e da esterno estremamente efficienti.
A nostro parere si tratta di una campagna “ideale” per una serie di ragioni che ci auguriamo possano diventare un modello di riferimento, ancorché certamente non l’unico.
- Acceleratore – La startup è stata accelerata da SAMBA, un Angel Investing Club fondato da ex-allievi della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, che ne hanno così “garantito” l’affidabilità del modello di business.
- Lead Investor – Per la prima volta in Italia nel corso di una campagna di equity crowdfunding, è stato proposto un esempio di “syndication” (ancorché spurio, in quanto non prevede un carried interest per il lead investor): dopo aver negoziato con i fondatori l’accordo di investimento, i soci SAMBA hanno finanziato direttamente l’iniziativa e hanno offerto l’opportunità a chiunque altro volesse aderire, di co-investire insieme a loro. In tal modo, anche chi non avesse avuto i mezzi cognitivi per analizzare a fondo il modello di business, ha potuto fare affidamento sull’impegno diretto di un gruppo di investitori professionali che hanno validato il progetto.
- Modello di business – Enki Stove è un bruciatore innovativo che serve per cucinare e riscaldare con una tecnologia brevettata e “green”. Il modello di business è classico: produzione e vendita. Tutto, quindi, estremamente facile da capire e da valutare, incluse le modalità e le potenzialità di crescita. Il che non può che essere un elemento determinante per i potenziali investitori contattati dalla startup e dalla piattaforma, i quali non sempre conoscono le dinamiche di uno specifico settore industriale.
- Presentazione – Già nella pagina di presentazione della campagna, in poche righe, tutti gli elementi chiave che abbiamo delineato sopra sono descritti molto chiaramente, sebbene sinteticamente. Oltra alla descrizione del prodotto e della tecnologia, sono incluse anche due righe sul team, sul modello di redditività e perfino sui vantaggi fiscali per chi investe. Il video inoltre è perfetto: dedicato soprattutto a spiegare i vantaggi della tecnologia e delle sue potenzialità di business, è condotto direttamente dai fondatori che, dunque, “ci mettono la faccia” e termina con l’endorsement di uno dei business angel che ha deciso di investire. Solo con questi pochi elementi (5 minuti di lettura e video) l’investitore potenziale ha chiara la proposizione e potrebbe già decidere se investire o meno. Naturalmente, tuttavia, è presente altra documentazione di dettaglio per ulteriori approfondimenti.
In conclusione, riteniamo che la campagna di Enki Stove possa rappresentare un esempio chiaro, i cui elementi di successo possono essere replicati o quantomeno presi diligentemente in considerazione dalle PMI e dalle startup italiane che si approcciano all’equity crowdfunding, ma anche a business angels e VC.
Troppo spesso infatti, l’atteggiamento di chi cerca fondi è orientato verso l’interno (sé stessi) invece che verso l’esterno (gli investitori), con il risultato che si danno per scontate un sacco di cose, che si chiede all’investitore di leggere tonnellate di pagine per capirci qualcosa e che si chiede all’investitore un atto fideistico.
Ma si tratta, a nostro parere, anche di un modello di riferimento per business angels, incubatori e acceleratori i quali devono vedere l’equity crowdfunding come un’opportunità per finanziare un’impresa in cui si crede senza accollarsi tutto il rischio, coinvolgendo il “crowd” come co-investitore.