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Crowd4Fund. ‘Crowdfunding ‘made in Italy’ nel Sud Est asiatico’. Intervista a Nicola Castelnuovo (Crowdo)

Nicola

Secondo lo studio dell’anno scorso di Massolution sul crowdfunding nel mondo, il lending crowdfunding ha fatto passi da gigante in Asia grazie all’enorme sviluppo in Cina.

Ma la Cina non è l’unico “fenomeno” asiatico. Nel Sud est asiatico, si sta affermando Crowdo, una piattaforma che offre sia equity che lending crowdfunding. Fondata nel 2012 e con sedi a Singapore e in Indonesia, ha aperto nei giorni scorsi anche in Malesia, divenendo così una vera e propria multinazionale della finanza alternativa, non solo per la presenza di headquarter in più paesi, ma anche perché i progetti finanziati fino ad ora sono stati relativi a società provenienti da 70 paesi di sei continenti.

In Crowdo però c’è una componente italiana determinante: l’ideatore e co-fondatore è Nicola Castelnuovo, laureato al Politecnico di Milano, cui abbiamo chiesto di farci una panoramica sul crowdfunding in quest’area del mondo e sulle opportunità anche per le società italiane.

Fabio Allegreni. Prima di tutto, cosa ci fa un italiano nel Sud Est Asiatico?

Nicola Castelnuovo. Sono in Asia da 10 anni, sono venuto a Singapore nel 2006 per completare un MBA (Master in Business Administration) all’INSEAD. Ho poi lavorato sui mercati finanziari asiatici per 6 anni per una banca inglese fino al 2012 quando ho lanciato Crowdo. Prima di venire in Asia ero in Francia a Sophia Antipolis dove ho lavorato nella consulenza per 7 anni subito dopo la laurea al Politecnico di Milano.

Fabio Allegreni. Come nasce l’idea di una piattaforma di crowdfunding in Asia?

 

 Nicola Castelnuovo. Nel 2012 io e il mio socio venendo da percorsi diversi ci siamo posti la stessa domanda: “Se oggi volessimo creare una banca partendo da zero, come sarebbe?”

La risposta a questa domanda ci ha portato a descrivere una realtà molto diversa dalle banche di oggi. Una banca creata oggi avrebbe prodotti e servizi finanziari semplici e on-demand, accessibili dove e quando ne hai bisogno. Sarebbe più inclusiva con criteri di valutazione del potenziale cliente basati su dati social, psicometrici, e comportamentali. Sarebbe più trasparente, comprensibile e più connessa all’economia reale.

Il business model del crowdfunding è un punto di partenza perché risponde a molte delle esigenze di cui sopra.

È un modello di business che disintermedia la distribuzione di capitale mettendo in diretto contatto imprenditori con potenziali investitori professionali e non. Crea liquidità per le imprese, offrendo un accesso trasparente ed efficiente alle informazioni attraverso una piattaforma web con processi semplificati. È inclusiva, perché il valore innovativo di un’idea e le potenzialità di un business vengono valutate in modo distribuito dai potenziali consumatori e utenti finali (crowd validation).

Da questa idea è nata Crowdo.

Fabio Allegreni. Quali sono le caratteristiche distintive di Crowdo?

 

Nicola Castelnuovo. Crowdo è una delle più grosse piattaforme di crowdfunding nel sud est asiatico. Siamo i soli ad avere un assetto veramente internazionale con uffici a Singapore, Indonesia e Malesia e ad offrire un portafoglio completo di soluzioni di finanziamento partecipativo con piattaforme sia di equity crowdfunding che di peer-2-peer lending (Lending Crowdfunding).

Ad oggi abbiamo finanziato progetti e businesses in 6 continenti con finanziamenti provenienti da più di 70 paesi. Il nostro management team ha più di 30 anni di esperienza in financial-technology con esperienza in finanza, consulenza ed industria. Abbiamo anche un team locale in ogni paese per assistere sia imprenditori che investitori.

Lavoriamo anche in stretto contatto con le autorità competenti in ogni paese in cui operiamo e siamo una delle poche società ad aver ottenuto una licenza dalla Security Commission (equivalente della Consob) per lanciare una piattaforma di equity crowdfunding in Malesia.

Fabio Allegreni. Qual è il contesto economico in cui si inserisce l’opportunità del finanziamento partecipativo? 

 

Nicola Castelnuovo. Nel Sud Est Asiatico, ma in generale in tutta l’Asia c’è una forte componente culturale imprenditoriale che si manifesta attraverso lo sviluppo di un crescente ecosistema di start-ups innovative ma anche di una moltitudine di businesses in settori più tradizionali come il Retail, F&B e small manufacturing.

In molti paesi del Sud Est Asiatico più del 70% della forza lavoro è impiegata dalle piccole medie imprese con un significativo contributo al PIL dei rispettivi paesi. A Singapore per esempio, le piccole e medie imprese costituiscono il 50% del PIL nazionale. Nonostante ci siano molto iniziative dei governi a sostegno dell’imprenditoria, l’accesso al credito risulta comunque essere il principale ostacolo alla crescita in questo segmento.

Secondo uno studio del IFC (International Finance Corporation – World Bank Group) in molti paesi di questa parte del mondo il 50% delle micro-piccole e medie imprese non hanno accesso ai tradizionali istituti finanziari o lo hanno solo parzialmente. In Indonesia per esempio ci sono circa 20 milioni di imprese che non hanno accesso al credito, creando un credit gap stimato intorno ai $27 miliardi.

Fabio Allegreni. E dal lato investimenti?

Nicola Castelnuovo. Dal lato investimenti invece c’è un problema di efficiente allocazione di fondi professionali ed istituzionali ed una crescente classe media che cerca opportunità per diversificare i loro investimenti e creare redditi aggiuntivi.

La necessità di creare canali di finanziamento alternativi a quelli tradizionali è riconosciuta come una priorità da molti governi in Asia per promuovere innovazione e crescita economica. Il finanziamento partecipativo gioca sicuramente un ruolo centrale ed importante in questa trasformazione.

La Banca Mondiale stima un potenziale mercato per il crowdfunding in Asia pari a $60 miliardi di cui circa $10 miliardi solo nel sud-est asiatico/pacifico. Le potenzialità sono molto interessanti e i numeri di cui sopra danno un’idea dell’enorme potenziale di crescita che può essere sbloccato con un sistema di accesso ai capitali più efficiente.

Fabio Allegreni. Ci può descrivere le caratteristiche principali delle regolamentazione per il crowdfunding in Asia? 

 

Nicola Castelnuovo. Negli ultimi due anni c’è stata una accelerazione dell’interessamento dei governi e delle autorità competenti al finanziamento partecipativo. Quasi tutti i paesi in Asia stanno lavorando dal punto di vista normativo sul crowdfunding. Alcuni paesi come la Nuova Zelanda, la Malesia, il Giappone e la Tailandia hanno già introdotto una regolamentazione specifica al Equity Crowdfunding.

Il framework normativo introdotto in Malesia, a mio avviso, è uno dei più innovativi a livello globale. È inclusivo, offrendo a tutti la possibilità di poter investire in startup, ma impone dei limiti massimi di investimento in base al profilo dell’investitore a protezione degli investitori meno esperti.

Include dei meccanismi per creare liquidità aggiuntiva, come il Secondary Market, cioè la possibilità di comprare e vendere azioni di startup precedentemente emesse. Permette anche agli operatori con licenza, come noi, di creare e gestire fondi di investimento dedicati esclusivamente ad investimenti via piattaforme di Equity Crowdfunding.

In generale, c’è uno sforzo importante e molto apprezzabile da parte delle autorità competenti nel voler innovare il quadro normativo creando un giusto equilibrio tra stimolare la nascita di un nuovo settore, il crowdfunding, e proteggere tutti i partecipanti.

Fabio Allegreni. Il Sud Est Asiatico può essere un hub per le PMI italiane che intendono creare un mercato nell’estremo oriente? Se sì, il crowdfunding può in qualche modo facilitare questo processo?

 

Nicola Castelnuovo. Il Sud Est Asiatico è di per sé un mercato interessante con una popolazione di circa 650millioni di abitanti e quindi paragonabile a quella dell’Europa. Singapore è sempre stato considerato dalle imprese occidentali un punto di ingresso privilegiato per accedere a questi mercati e all’Asia in generale.

Il crowdfunding, oltre alla possibilità di raccolta di fondi, è un’ottima piattaforma per creare visibilità all’impresa e creare un network di potenziali clienti e partners; può essere quindi utilizzato come strumento per finanziare e facilitare l’ingresso in nuovi mercati. Il mio consiglio è di trovare prima un lead investitor locale che possa agire da sponsor per l’impresa straniera e offrire quella credibilità necessaria per aver successo in un campagna di crowdfunding.

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