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Crowd4Fund. Il 2017 sarà l’anno dell’equity crowdfunding per le PMI

Come molti di noi operatori del settore avevamo preconizzato, l’equity crowdfunding, nella sua duplice forma di strumento alternativo di finanziamento per le imprese e di investimento per i privati, ha vissuto il suo vero “primo anno” di vita.

Se, infatti, nel 2015 erano stati raccolti 1,7 milioni a favore di 7 imprese, il 2016 si è chiuso con ben altri numeri: 19 imprese finanziate, tra startup e PMI innovative, per una raccolta complessiva di 4,4 milioni.

Anche il numero di investitori è radicalmente aumentato, sottolineando la crescente popolarità dello strumento. Se, infatti, nel 2015 gli investitori erano stati 261, l’anno appena trascorso ha visto quasi 800 tra individui e imprese puntare su investimenti in startup e PMI, attraverso nove piattaforme autorizzate da Consob (fonte: infografica Crowdfunding Buzz).

Le ragioni di questo balzo in avanti sono molteplici. Da un lato, il 2016 ha visto l’esordio di 6 nuove piattaforme – WeAreStarting, MuumLab, Equinvest, Opstart, Mamacrowd e EquityStartup – di cui le prime cinque hanno contribuito con 10 campagne chiuse con successo; mentre le 4 piattaforme che hanno lavorato in entrambi gli anni (Starsup, Tip.Ventures, Crowdfundme e Next Equity) hanno chiuso le altre 9 campagne di successo del 2016, quasi il doppio rispetto all’anno prima.

Inoltre, è assai probabile che, dopo tre anni, e grazie all’attività di comunicazione di tutti gli “stakeholder”, la conoscenza di questo nuovo strumento sia sempre più diffusa. Infine, è da sottolineare come le istituzioni, segnatamente il governo e Consob, abbiano dato un impulso non indifferente. Il primo allargando l’accesso alle PMI innovative e la seconda semplificando notevolmente il processo di investimento.

Per il 2017, proprio l’ultimo governo ha lasciato un’eredità che potrebbe essere dirompente (in senso positivo).

La legge di bilancio 2017, approvata definitivamente al Senato lo scorso 7 Dicembre, infatti, introduce misure che generano effetti positivi sia dal punto di vista delle piccole imprese – startup e PMI – che ricercano capitali per finanziare la propria crescita, che da quello dei risparmiatori che ricercano forme di investimento alternative a quelle tradizionali.

In particolare, come ho riportato in un articolo pubblicato sul sito di A.I.E.C. (l’associazione delle piattaforme di equity crowdfunding), per quanto riguarda le imprese una prima importantissima misura è quella che estende l’accesso all’equity crowdfunding a tutte le PMI. Inoltre, le società quotate possono “sponsorizzare” una società neo costituita, di cui abbiano una partecipazione di almeno il 20%, acquistandone le perdite generate nei primi 3 esercizi. Infine, fondi pensione e Inail sono incentivati a investire in PMI. I primi, se ne detengono quote per almeno 5 anni, non pagheranno tasse sul capital gain. Il secondo può investire in startup innovative.

Ma ci sono vantaggi consistenti anche per gli investitori. Il più evidente è la possibilità di detrarre il 30% sugli investimenti, sebbene solo in startup e PMI innovative. Inoltre, vengono istituiti i Piani Individuali di Risparmio, conti di gestione a lungo termine nei quali i privati possono accumulare fino a 30mila euro l’anno da investire in equity, con il vantaggio della detassazione dei capital gain realizzati se almeno il 21% viene investito in aziende italiane non quotate.

Queste misure, dunque, consentono da un lato a tutte le PMI di accedere all’equity crowdfunding come strumento alternativo per finanziare la propria crescita e competitività. Dall’altro, incentivano sia i privati che gli investitori istituzionali a indirizzare i propri investimenti verso l’economia reale, cioè quella di cui proprio le PMI italiane sono le vere protagoniste.

E’ un insieme di fattori indubbiamente dirompente che, unito al trend di crescita delle attuali piattaforme e alla sempre maggiore diffusione della conoscenza dello strumento, ci fa ritenere che il 2017 potrà segnare una vera e propria esplosione dell’equity crowdfunding, avvicinando l’Italia ai numeri, se non di UK, almeno di Francia e Germania.

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