20 dicembre 2021
Da più di un anno non si fanno vacanze al di fuori del proprio Paese di origine. Solo quando si è arrivati all’utilizzo di un vaccino, approvato dalle organizzazioni sanitarie internazionali, è stato possibile volare di nuovo, ma con forti restrizioni ed alti costi. Adesso, in vista delle vacanze di Natale 2021, si torna alla quasi normalità. I prezzi dei biglietti si stanno abbassando, non molto, ma tanto da incentivarne l’acquisto. Le offerte degli hotel, stremati dalla lunga quaresima sanitaria, sono un grande richiamo, soprattutto c’è tanta voglia di tornare a viaggiare “come prima”. È una spinta notevole in ognuno di noi. Mi trovo a Punta Cana, località turistica dei Caraibi, di grandissima notorietà. Non devo arrivarci in aereo perché per mia fortuna vivo qui, in un residenziale a Bavaro, a 15’ dall’Aeroporto Internazionale. Conosco benissimo la realtà della zona e l’ho voluta prendere ad esempio per raccontarvi l’uscita dal tunnel. Il nuovo ritorno alla vita che tutti abbiamo sognato e voluto e che finalmente sembra essere arrivato, il Post Covid-19.
Vi presento velocemente il posto, se non siete già tra quelle decine di milioni di turisti che, da circa trent’anni, vengono a passare le vacanze invernali ed estive in questo Paradiso. Viene chiamata Punta Cana un’area molto vasta, cresciuta attorno all’Aeroporto e che vede svilupparsi verso sud le zone più chic, con strutture come La Cana Golf Club: 27 buche di cui 14 con vista sul mare caraibico, disegnate da P.B. Dye, sulle quali si affacciano ville hollywoodiane, con relativa piscina privata. Oppure come le 18 buche del Corales Golf Club disegnato da Tom Fazio. Ma i ricchi non amano solo il golf, come sappiamo, nascosti nella fitta vegetazione curata dai giardinieri ci sono i campi da tennis, i maneggi, le ville da sogno e chilometri incontaminati di spiagge bianchissime, poco sfruttate, nel senso che non riescono a riempirle nemmeno le centinaia di migliaia di turisti che le hanno frequentate, in qualsiasi periodo dell’anno. Verso nord ci sono le spiagge famosissime di Bavaro, con altri hotel, sempre 4-5 Stelle ma con prezzi più familiari, si fa per dire, e anche con residence con campi da golf, spa, centri commerciali all’americana e appartamenti, dove vivono molti canadesi, americani, russi, ma anche tanti tanti italiani, spagnoli ed altri europei. Qui il clima è tropicale umido o secco e l’aria di vacanza non ti lascia mai. Con una temperatura che varia tra i 20/23°C e i 30/35° C tra l’inverno e l’estate, non avverti il passaggio delle stagioni. Il clima caldo e umido va da maggio a ottobre. Da novembre a marzo le temperature scendono ma dipende molto dai venti e dalle piogge. Tuttavia questa zona è tra le meno piovose dell’isola. Lo si vede dalla scarsità di vegetazione che invece ricopre quasi tutta l’isola.
Il nome deriva dalle piantagioni di “canna da zucchero”, che una volta erano l’unica risorsa della provincia, la Altagracia, la più orientale della Repubblica Dominicana. Finché un giovane di belle speranze, tal Francisco Rafael ‘Frank’ Rainieri Marranzini, la cui famiglia è originaria della provincia di Bologna, non ebbe l’idea di fare un investimento in un’area desolata e dimenticata da Dio. Assieme al suo socio Theodore Kheel, nel 1969 acquistò un terreno di 58 milioni di metri quadrati. Praticamente una giungla, che finiva su una spiaggia di sabbia bianca finissima lunga 10 chilometri. Per farne che? Un luogo di grande attrazione turistica. Quel terreno si chiamava sulle cartine geografiche Punta Borrachòn o Yauya. Le cambiarono nome per renderlo un luogo più attrattivo. I nonni di Frank Rainieri, Isidoro e Bianca Franceschini erano emigrati qui molti anni prima, nel nord dell’isola, a Puerto Plata e avevano investito i loro averi in due hotel. Uno nella città detta “La Novia dell’Atlantico” e l’altro a Santiago de los Caballeros, che è sempre stato il secondo più importante centro dominicano dopo la Capitale. La gestione non doveva preoccuparli, giacché avevano messo al mondo dieci eredi, tra cui c’era il papà di Frank, ovvero Francisco Rainieri Franceschini, convolato a giuste nozze con Venecia Marranzini Lepore, figlia a sua volta di immigrati ma questa volta del Sud, di Santa Lucia di Serino (Avellino). Insomma il nostro Frank aveva in sé i geni creativi della Penisola italica, da nord a sud. E lo ha dimostrato.
Dopo aver completato gli studi al Saint Joseph’s College a Filadelfia (Usa), ora Saint Joseph’s University, Frank inizia la sua scalata. Indubbiamente aveva le basi formative, i cromosomi culturali e la visione del futuro, necessari per diventare un personaggio di successo. Il suo patrimonio oggi è stimato da “Forbes” intorno al miliardo di dollari. Dal 2015 è ambasciatore del Sovrano Ordine di Malta presso la Repubblica Dominicana ma a parte questo, egli è il vero monarca della provincia, che fa un po’ storia a sé rispetto al resto della Repubblica. Infatti quando sei a Punta Cana non sembra nemmeno di essere in Dominicana. Il traffico è ordinato. La vita rallentata. Nei negozi tutti ti sembrano felici, sorridono cortesemente. In banca non fai file, c’è sempre un funzionario pronto ad ascoltarti. La sporcizia è rara da vedere. Si rispetta il rosso dei semafori. Chi va in moto indossa il casco. Le costruzioni sono tutte perfette, nuove, ben tenute. Le baracche sono confinate in aree marginali come Veron e Friusa. Non voglio dire che sono nascoste ma pare proprio così. Un certo benessere si respira nei ristoranti e nei ritrovi pubblici, dislocati vicino ai centri commerciali di Down town come nelle piazze con negozi, banche e supermercati di San Juan e Palma Real di Bavaro o al Blue Mall di Punta Cana. Torniamo a quel 1969, quando Rainieri e Kheel, avvocato di New York, poi scomparso nel 2010, decisero di fare questo folle gesto imprenditoriale. Costruirono un hotel per 40 persone, che si chiamava Punta Cana Club e poi il Puntacana Hotel, nel 1979. Ma la vera genialità fu quando decisero di costruire un aeroporto internazionale, nel 1984. Un giocattolo che oggi accoglie più di 8 milioni di viaggiatori l’anno, tempi da virus a parte. A seguito del successo turistico di questa meravigliosa area, dove il mare ha colori incredibilmente affascinanti e le spiagge con le palme sono il sogno di ogni viaggiatore, altri investitori si aggiunsero. Tra questi l’avvocato americano Ted Kill, Oscar de la Renta (moda e make up) e il cantante pop Julio Iglesias, con cui cominciarono a sviluppare l’area oggi chiamata Marina di Punta Cana e Cap Cana. La geniale intuizione di Rainieri fu che la popolazione del mondo sviluppato non fa che invecchiare e i vecchi soffrono il freddo. Cosa c’è di meglio che offrire loro appartamenti e ville in un Paradiso dove regna l’estate, le piogge sono di passaggio e la vita costa meno cara?
Ovviamente questa intuizione andava supportata finanziariamente e il goal è arrivato alla fine del 2013, quando la legge di riforma degli incentivi e una convenzione fiscale ha del tutto sgomberato il campo dalle incertezze degli investitori, attraverso uno schema più razionale di pagamento delle imposte degli hotel. “Il governo ha creato un ambiente più attraente per gli investimenti dei privati, ha dichiarato sornione Frank, che hanno risposto immediatamente” Nel giro di pochi anni Punta Cana e Bavaro hanno visto raddoppiare l’offerta di appartamenti, ville e di stanze per vacanze, negli oltre 1300 hotel, di diverso livello. Il presidente dell’Associación de Hoteles Proyectos Turisticos del Este (Asoleste), Ernesto Veloz ha dichiarato che nel 2020, prima del grande blocco per il virus, la offerta di stanze a Punta Cana era di 45.000 unità. Niente male per una città di 100.000 abitanti. Anche adesso, come durante la crisi, si continua a costruire, tranne nei due mesi di quarantena. Il Gruppo Martinón sta costruendo 400 camere, un investimento da 85 milioni di Dollari a Uvero Alto. Hampton dell’Hilton, altre 100. In Cap Cana se ne stanno costruendo 750 e si sta iniziando un nuovo complesso turistico, così come a Macao, a 15’ minuti più a nord di Bavaro, nei pressi di una spiaggia meravigliosa, stanno costruendo un hotel di altre 750 stanze e un nuovo aeroporto sorgerà nell’area, per conto delle Società Abrisa, di Abraham Hazoury, la Eurocontrol, la Leadin Aviation Consulting tutte spagnole, secondo un progetto di EFEBE Arquitectura di Madrid, perché quello di Punta Cana è troppo distante, essendo a 25’! Si chiamerà Bavaro International Airport, così una città di 100.000 abitanti avrà due aeroporti internazionali. Mi viene da piangere pensando all’Italia che il turismo non lo ha mai considerato davvero la miniera d’oro che è… “In definitiva, secondo uno studio elaborato per imprese del settore costruzioni STR, più del 40% delle stanze in costruzione nell’area caraibica, si trovano in Repubblica Dominicana”. (Andreina Gérman, arecoa.com, 7/1/2020). Per questo Rainieri non teme la liberalizzazione di Cuba. Troppi interessi sono ormai investiti qui e nessuno può permettersi di gettarli via. Inoltre nel mondo ci sono più di 1.200 milioni di turisti disposti a uscire dai propri confini e di questi ben 23 milioni erano venuti nei Caraibi nel 2014. C’è bisogno di più offerta perché la domanda crescerà sempre di più.
La crisi del Covid 19 ha dato un duro colpo al turismo ma certamente adesso, che si riprende a viaggiare, c’è molta voglia di reagire. “Il turismo è la principale destinazione della produzione agricola e agro-industriale e questa in gran parte non ha altri potenziali mercati a cui dirigersi” ha dichiarato il magnate Rainieri. “Le esportazioni agricole tradizionali (caffè, cacao, zucchero e tabacco), che trent’anni fa sostenevano l’economia, prima del 2020 sono state pari a 274 milioni di Dollari. A titolo di confronto il consumo del turismo locale, solo negli alberghi ha di gran lunga superato i 600 milioni di Dollari, mentre le vendite di prodotti alimentari agli aerei e negli aeroporti nazionali ha raggiunto i 33,9 milioni di Dollari, più del totale delle esportazioni di caffè e di tabacco. La vendita di carburante ha apportato 341 milioni di Dollari all’economia dominicana e alle compagnie petrolifere. Il turismo è quindi un settore vitale per l’economia della Repubblica Dominicana. I turisti in arrivo hanno già raggiunto la cifra record di 8 milioni e l’obiettivo dei 10 milioni non è lontano nel tempo”. Certo l’obbiettivo è la crescita del turismo, la crescita delle economie, la ripresa delle attività.
Attualmente siamo impegnati in tal senso. Tuttavia in molti paesi la fase 2 ha messo in evidenza lo strascico che la pandemia ha lasciato. Oltre alle paure dobbiamo contare il fallimento di molte aziende, l’abbandono di molti artigiani, lavoratori autonomi che non ce l’hanno fatta a riprendere. Una poderosa macchina di aiuti economici in Europa e in America ha impedito il collasso delle economie con redditi e prestiti a fondo perduto ma ha dissestato le casse degli Stati.
Incontro Luca Lodi, un altro “immigrato” ma di nuova generazione, 40 anni, emiliano di Ferrara. Vende appartamenti e ville per conto della NOVAL, una società che da diversi anni realizza complessi abitativi di grande prestigio qui in Bavaro-Punta Cana e nelle aree intorno. Con lui andiamo a vedere la situazione di uno dei più esclusivi di Cap Cana, si chiama per esteso The Caribbean’s Premiere AAA 5 Diamond Award Hotel Tortuga Bay. Luca conosce il direttore, un certo Roger, milanese. Le camere costano 600-800 Dollari a notte o più. Parlare di camere è improprio. Al Tortuga si dorme in villette di 2 o 4 camere, con living, tre bagni, cucina, patio, spiaggia privata, piscina privata, cameriere privato. I ricchi hanno sempre fatto le vacanze distanti dagli altri. Quindi per loro non c’è stata nessuna modifica di abitudini. A parte il fastidio di arrivare fin qui indossando mascherina, guanti e distanziandosi dagli altri, i viaggi in business e in taxi, li hanno sollevati dal rischio di contaminazioni indesiderate. Quando l’aereo si ferma, in fondo alla scaletta trovano una hostess che li accoglie con un aperitivo e li fa accomodare sul carrito da golf per andare a ritirare il bagaglio, mentre i comuni mortali, in fila, aspettano di entrare nella stazione per il controllo passaporti. L’ospite di riguardo ha un percorso riservato e rapido. Termolaser e scanner facciale qui non sono necessari. Si vede bene che non ci sono contaminati. Sono ospiti ben accetti. Stessa cosa al ritorno. Si portano passaporti e bagagli al check-in e la hostess riporta la coppia o la famigliola in hotel, con il carrito elettrico, per tornare in aeroporto mezzora prima della partenza. Quando si dice saper vivere.
Una volta nell’hotel, una splendida villa offre tutti i comfort possibili (Tv 37 pollici, Internet Free Wi-Fi in tutta l’area, aria condizionata, macchina del ghiaccio, microonde, Jacuzzi, lenzuola Frette) per una vacanza in pieno relax. Attorno alle ville c’è il Cana Golf Course da un lato e il Mare dei Caraibi dall’altro. Gli ospiti ricevono anche l’uso di una golf-cart elettrica, identica a quella che li ha prelevati in aerostazione, per i loro spostamenti. Se giocano a golf non subiranno certamente gli assembramenti di altri sport, se vanno a cavallo o in buggy, nemmeno. Sono cose che si fanno in pochi e ben distanti. Se cenano o pranzano i camerieri portano i vassoi in villa e li riportano via alcune ore dopo. La piscina è privata e il tratto di mare a disposizione è riservato agli ospiti di ciascuna villa. Il Covid 19 non ha inventato niente, si è divertito a ratificare come unica forma di turismo possibile quello per ricchi. Anche riguardo al concetto di “Turismo Sostenibile”, loro sono dei pionieri. Lo fanno da 45 anni, quando l’Hotel venne immaginato da Oscar de la Renta, come oasi di pace e benessere per chi può permettersele. La difesa dell’ambiente e della barriera corallina è un must da tempo e giustamente, visto quello che si paga, per assicurare all’ospite il più incontaminato dei paradisi in terra. La Fondazione del Gruppo Puntacana ha varie iniziative ambientali e anche sociali e sanitarie di aiuti all’infanzia e ai bisognosi.
Questi hotel della costa dominicana da sempre sono sedi di matrimoni, spesso gli sposi, russi o americani, fanno le cose in grande. Cerimonia sulla spiaggia, prima del tramonto, pochi invitati (farli venire da New York o Mosca ha un costo ma anche averli tra le scatole tutto il tempo non dev’essere piacevole), cena fantasmagorica, danze fino a notte, bagno vestiti finale. Video con drone e foto con album gigante, conto a sei cifre totale. Credo che la crisi li abbai un po’ infastiditi ma nulla più. Quasi da subito, con le disdette, sono arrivate le prenotazioni, che poi hanno ricominciato a crescere a crescere e ora si viaggia a gonfie vele per queste vacanze di Natale. Il complesso del Tortuga è a pochi chilometri dal sito dell’Oyos Indigena Ecological Park, una grotta dove si può fare il bagno in acqua dolce e dai rinomati ristoranti La Yola a ovest e Playa Blanca a est. Il Blue Mall per un po’ di shopping è a 10’ di auto, lì c’è anche il famoso ristorante Bachata Rosa che ha tra i suoi fondatori Juan Luis Guerra, l’artista più poetico e più noto dell’isola e del Caribe. Per i ristoranti le cose non sono andate così bene come per gli hotel esclusivi. La prima fase li ha visti chiusi necessariamente. Nel caso di Bachata Rosa, che ha due sale, sono stati drasticamente ridotti tavoli e personale. La Yola e Playa Blanca invece hanno sale all’aperto, anche se protette da un molto esotico tetto di foglie di canna. Le distanze si fanno rispettare tuttora anche qui, riducendo i tavoli almeno di più della metà. In fondo è meglio. In molti casi, quando si è potuto, ha funzionato il delivery e il take away ma non per questo genere di ristoranti. In città c’è stato chi ha inventato una forma delivery per clienti colti, oltre che ricchi e intelligenti. Si invia su ordinazione a casa una scatola con gli ingredienti e alcuni fogli di istruzione per come cucinare e impiattare. Quindi si chieda venga scattata una foto che si invia al ristoratore, che a sua volta la pubblica su Instagram, tessendo le lodi del cliente. Può sembrare una fatica assurda ma alimenta il gusto del “gioco allo chef” e la relativa gratificazione. Crea un circuito virtuoso che tende a ripetersi. Altri, con due scatole di menù ordinato, ti regalano una bottiglia di vino. Anche perché altrimenti chi le consuma le scorte di vini in cantina? Con Luca ci mangiamo una pizza al Blue Mall e dopo un breve giro tra i negozi, che non hanno nulla da invidiare a via Frattina o a Rodeo Drive, ce ne torniamo a casa, con la nostra mascherina e i guanti, sempre per cautela. Dicono che non servono più ma non sai mai chi potresti incrociare.
Passiamo davanti all’aeroporto dove c’è un discreto via vai di bus e taxi. La cosa ci rincuora non poco. Siamo vaccinati ma non possiamo abbassare la guardia. Una sordida paura ci ha cambiati dentro. Vorremmo tornare come prima ma sappiamo che non sarà possibile. Resta una diffidenza al contatto umano. Si è ripreso a viaggiare in aereo da questo autunno, come dicevo, sempre con le dovute cautele. La lunga fase di chiusura seguita dalle paure e dalla crisi economica, ha impedito che nel turismo si riaprissero tutte le rotte consuete. In Italia ha avuto un certo sviluppo il turismo locale. I mezzi di trasporto privati, quindi le auto, incentivate anche dall’abbassamento del prezzo del carburante e dal contenimento delle tariffe, come i premi di assicurazione e i pedaggi autostradali. Ma anche nel resto del mondo sviluppato si è scelto di restare nel proprio Paese. Così i dominicani sono corsi in soccorso di sé stessi nell’estate del 2020, quando non venne quasi nessuno dall’estero. Ma il turismo interno dominicano è in gran parte un ritorno a casa dai parenti. Con il rischio di nuovi focolai. Adesso, in base alle nuove regole, è consentito volare per larghe tratte, come una volta. Molte linee aree, come le low cost, sono sparite. Altre linee aree hanno dovuto ridurrei ranghi, approfittandone per ammodernare le flotte. Per un largo periodo i posti passeggeri sugli airbus sono stati ridotti drasticamente passando a un terzo, quindi chi ospitava 300 posti li ha ridotti a 100. Questo ha determinato un forte aumento del costo dei biglietti e per il 2021 hanno potuto volare solo i professionisti per lavoro e coloro che avevano grande disponibilità per le vacanze. Finalmente per le vacanze invernali le linee aeree superstiti hanno ripristinato le norme antecedenti alla pandemia e abbassato il costo dei biglietti. I sedili sono tornati disponibili, anche se per viaggiare devi dimostrare che sei stato vaccinato, con una specie di passaporto aggiunto a quello ufficiale. Ma non c’è stato l’assalto di un tempo al last minute.
Come dicevo vivo a Bavaro. Luca ha un appartamento vicino al mio. Siamo nel mezzo, lungo la costa che ha nomi come Cortecito, Las Corales, Cabeza de Toro e che ospita più di 50 Super Hotel da quasi 600-1000 tra suites e stanze. Gli hotel sono di proprietà di catene europee o americane, soprattutto spagnole, come Melià e Barcelò. Qui il problema del come accogliere il nuovo turismo invece è serio, come in quasi tutto il mondo. Bávaro parte da Cabeza de Toro e va fino a Macao Beach. Via via che gli alberghi hanno iniziato ad essere costruiti lungo la costa, Bavaro è diventato una città diffusa, fatta di centri residenziali e hotel, con negozi raffinati e piazze eleganti. La città più grande del distretto invece è Veron, anche più grande di Higüey, che sarebbe il capoluogo della provincia, a 45 km da Bavaro. Verón, si chiama così per via del titolare francese di un commercio di piante, nei primi anni ’30. Baracche e case mal costruite, tetti in lamiera e con le mura di materiali fragili, addossate le une alle altre, vicoli senza asfalto con buche e pozze d’acqua, ripropongono il paesaggio tipico del villaggio caraibico. Adesso qui vivono centinaia e centinaia di famiglie di lavoratori impegnati nelle attività turistiche, camerieri, valletti, giardinieri, cuochi, impiegati, donne della pulizia, ma probabilmente anche molti giovani nullafacenti. Anche a Bavaro c’è il problema della droga, pur se dà meno nell’occhio che in alcuni quartieri della Capitale o a Boca Chica e Sosua.
Visito il Melià Caribe Beach Club per andare a verificare come riprende il turismo di massa, quello delle settimane all inclusive. Queste strutture hanno invaso la fascia tropicale della terra con alberghi spesso simili tra loro, differenti solo per l’ampiezza delle suites, comfort e prezzi. L’impressione è che, in qualsiasi albergo tu sia, alle Mauritius o ai Caraibi, sei sempre nello stesso posto, con le stesse regole, gli stessi metodi, ristoranti, piscine, giochi, bar, disco, divertimenti. Ovunque sei, tutto è uguale, rassicurante per alcuni, mostruoso per altri. La catena Melià ha alberghi a Bavaro come il Caribe Beach, il Paradaisus, il Palladium, il Level (solo per adulti) ma anche a Cozumel e Cabo San Luca (Messico) a Varadero (Cuba), Playa Conchales (Costarica) e in Bali (Indonesia). Pionieri nell’isola dominicana il Gruppo Premier Resort & Hotels, che gestisce Casa de Campo, vicino a La Romana, con 330 “casitas” e 150 ville super lusso, campi da golf, da tennis, tiro, maneggi. Il Gruppo Barcelò, spagnolo, ha alberghi a Bavaro, a Playa Tambor in Costarica, Montelimar in Nicaragua, Cancùn e Acapulco in Messico. Le altre catene sono Iberostar, il Gruppo Piñero (Soltour, la Catena Riu, Occidental , il Gruppo Sandals, specializzato in vacanze di coppia con sei strutture in Jamaica, Antigua, Santa Lucia, Barbados, o alberghi per famiglie come il Beach Negril in Jamaica. Tra i Caraibi, il Pacifico e l’Oceano indiano ci sono grandi alberghi vacanze delle catene Hyatt, Mariott, Ritz Carlton Le Meridien, o come Conrad e Four Season alle Maldive. Poi ci sono i villaggi vacanze di cui è pioniere il Club Mediterrané, con 90 di queste strutture sparse per il mondo. Tranne gli hotel super lusso però, gli altri hanno stretto la cinghia per un anno, adesso si ricomincia. Il Melià Caribe Beach aveva camere da 200 Dollari a notte in sù, ridotte quasi della metà per venire incontro alle paure e ai desideri delle famiglie, soprattutto americane. Aveva anche organizzato dei turni per l’accesso alla spiaggia. Ma talmente pochi erano i turisti che non ce n’è stato bisogno. Ora si può ricominciare con le gite all’Isla Saona, i finti safari in buggy, i matrimoni sulla spiaggia. I bambini tornano nel Parco acquatico Splash Island, tra cascate e scivoli, dove si scontrano, si abbracciano, si toccano, speriamo senza conseguenze. Un complesso con 544 stanze, 136 suites, 13 ristoranti e sei piscine oltre alla spa, i giardini, i campi da gioco, i negozi, la discoteca, il casinò è una struttura fatta per lavorare a pieno ritmo, per spremere come limoni i suoi clienti e rispedirli a casa belli abbronzati e senza un quattrino. Non so se sia questo il futuro del turismo. Il megahotel ha fatto il suo tempo, secondo me ed è un pericolo costante, se non altro per la massa di gente che vi si muove, per il livello di inquinamento che provoca, con le tonnellate di liquami sversati in mare, con le tonnellate di immondizia che produce e che l’isola riesce a smaltire sempre con maggiore difficoltà. In questo inverno 2021 in molti hanno scelto vacanze più economiche all’insegna della sostenibilità ecologica.
Per esempio in un villaggio in piena selva, nei pressi di Las Galeras. Siamo a circa 4 ore di auto da Punta Cana, per larghi tratti autostrada ma a soli 25’ di elicottero, perché in linea d’aria basta sorvolare Miches e Sabana de la Mar e ci si ritrova sulla penisola di Samanà. Il volo costa 400 Dollari e puoi godere delle bellezze della costa, compresa la magnifica Playa Esmeralda, ancora non sfigurata del tutto dal nuovo insediamento Four Season da 400 milioni di Dollari, con 1000 tra stanze e suites e dal Club Med, da tempo incastonato in una delle punte della spiaggia. Con molta preveggenza Sergio Boschetti, 60 anni, imprenditore bresciano naturalizzato dominicano, ha costruito l’eliporto sulla collina che domina l’Oceano Atlantico. Il suo villaggio è qui, protetto da solide mura, con 9 ville bicamere super moderne, ben distribuite nei 35.000 mq di giardino e di terreno, con altre due ville per la sua famiglia, una piscina, varie jacuzzi sui tetti, un ristorante, una sala gymnasio, un laboratorio, una grotta refrigerata per affinare formaggi e salumi, conservare ottimi rossi italiani e francesi e vermentini sardi di cui va matto. La struttura è autonoma. Prende l’acqua da un fiume che scorre a 65 metri sotto la superficie. I pannelli fotovoltaici forniscono i 1600 KW mensili di cui ha bisogno per l’energia. Era un villaggio per vacanze di lusso. Immersi nella natura, a 500 metri da spiagge bianchissime e un mare incontaminato. Lontano dai rumori e dalle folle degli hotel all inclusive. A Sergio il virus ha lasciato una visione. Non è che forse stiamo sbagliando tutto? Per due mesi ha vissuto da solo coi tre figli e la moglie nel Villaggio, senza ospiti e senza impiegati. Si è trovato benissimo e la sua vocazione salutistica, la stessa che l’ha fatto scappare dai cieli plumbei di Brescia e dal tran tran della fabbrica di dolciumi, per venire a rilassarsi ai Caraibi, gli ha dato l’idea. Trasformare il Villaggio in una farm ecologica. Adesso i suoi “clienti” sono persone che condividono i suoi stessi propositi: aria pulita, mangiare sano, vita sana, nessun inquinamento. Chi sceglie di passare una settimana o un mese al Villaggio ne deve condividere la filosofia e paga parte della sua retta, con il lavoro della fattoria. C’è un orto da coltivare e accudire. Ci sono i formaggi, il pane e i salumi da preparare. Le pietanze da cucinare. Per alcune ore al giorno ci si reca alle fattorie vicine o dal casaro, per le lavorazioni necessarie e per accudire le galline, le capre, le vacche e i maiali. Nei campi c’è da aiutare a raccogliere papaya, meloni, guanabanas, manghi, ananas, cocomeri, banane, i platani per cucinare. Si va a pesca con Johnny per rimediare, con la lenza, il mero o il ciglio necessario per le ricette del ristorante. Polpi e aragoste non mancano, dopo l’abbondanza creata da quei mesi di tranquillità di cui il mare ha goduto. Se non c’è da fare nei campi c’è da riparare un rubinetto, pulire i cavalli, aggiustare una bici. In pratica il turista è un collaboratore che si paga parte della retta con il lavoro. In questa maniera vive l’ambiente, impara a proteggerlo e a rispettarlo, valorizza quello che mangia e non spreca. Da circa 6 mesi la sua struttura è tornata a vivere e c’è la fila di Italiani e stranieri per venire a passare una vacanza intelligente al Villaggio de Las Galeras. Non so se questa sia la strada per il futuro ma certo non mi dispiacerebbe.