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Crollo di TIM in Borsa, ma pesa la mancanza di strategia di CDP

L’andamento di TIM in Borsa segna oggi un altro tracollo, con una serie senza precedenti.

Ciò che lascia interdetti è la velocità del ribasso che dopo tre giorni di discesa sprofonda oggi sotto la soglia di € 0,25 per azione, mentre appena il 6 gennaio scorso segnava il valore massimo del 2022 a € 0,46. Il che vuol dire che TIM ha lasciato sul campo un valore di alcuni miliardi. Una vera Waterloo e viene da chiedersi chi siano i responsabili di una situazione che nessuno avrebbe immaginato appena poco tempo fa.

Il crollo

Intanto va considerato che il crollo di queste ore avviene a cavallo della comunicazione sui conti del 2021 e la presentazione del Piano industriale 2022-2024, due cose sin troppo importanti per una società quotata in Borsa che i mercati evidentemente non hanno gradito.

Emergono anche, pesantemente, i guasti della precedente gestione, guasti presentati all’epoca come successi senza precedenti. Mentre emerge un problema serio di occupazione per le migliaia di dipendenti lasciati allo sbando. Ma come si è arrivati a tutto questo?

La polvere sotto il tappeto

Innanzitutto c’è la vecchia gestione, quella di Gubitosi, che ha fatto il gioco delle tre carte, dipingendo una situazione di TIM che non corrispondeva ai fatti, esibendo operazioni del tutto discutibili, dalla vendita di asset importanti (per diminuire il debito, si dirà, ma operazioni del genere danno risultati buoni sul momento, consentendone l’incasso di percezione, ma sono ancor più drammatici sul lungo periodo) alla vicenda Dazn. L’intera gestione Gubitosi è consistita nel mettere la polvere sotto il tappeto, approfittando della buona predisposizione del governo Conte, che ha visto il premier e il di lui ministro al MEF, Roberto Gualtieri (oggi sindaco di Roma), triangolare con Cassa Depositi e Prestiti (CDP), guidata allora da Fabrizio Palermo, per sostenere il progetto di rete unica, un progetto impossibile che si è arenato grazie alla UE che è intervenuta per tutelare concorrenza e interesse dei consumatori.

Governo Draghi

Con l’arrivo del governo Draghi c’è stato poi il cambio di guardia in CDP. Via Fabrizio Palermo e al suo posto Dario Scannapieco, uomo di banca con vasta esperienza nelle relazioni, ma non nella gestione. E i risultati si vedono. Nessuna soluzione di continuità con il passato, anzi la pedissequa riproposizione degli schemi dei precedenti giochi. Su TIM invece di proporre soluzioni e chiarimenti di ruolo (innanzitutto quello di CDP, presente nei due concorrenti nazionali sulla fibra – TIM e Open Fiber – e alla vigilia di importanti gare che assegna una montagna di soldi pubblici), abbiamo assistito ad una insistente azione di riproposizione di soluzioni su cui la stessa UE ha posto vincoli ineludibili. Un modo di operare che non si comprende, ma che spiega perché alle drammatiche vicende di TIM si siano affiancati, con pesi di diversa natura, due casi difficili, per usare un eufemismo. Il primo è lo spinoso dossier Autostrade per l’Italia, il cui signing per l’ingresso dei CDP/Blackstone/Macquarie e l’uscita dei Benetton è prevista al prossimo 31 marzo e che sembra avviarsi ad un superamento di quella data, senza che sia avvenuto ancora nulla. Il secondo è quello di SAIPEM, dove ci si è accorti di un buco superiore a quello immaginato come se fosse caduto dal cielo.

E ora che succederà in TIM?

Vivendi, primo azionista, continua a rimanere in silenzio, mentre all’interno dell’azienda sperano in un intervento di Cassa Depositi e Prestiti, secondo azionista di TIM. Ma CDP non può intervenire, perché può investire i soldi del risparmio degli italiani solo in aziende da cui poter trarre prevedibili ritorni.

La vicenda TIM è drammatica e trascina dietro di sé il futuro di alcune decine di migliaia di persone che vi lavorano e delle loro famiglie, assieme ai tanti piccoli azionisti che hanno messo sul titolo di TIM i propri risparmi, anche incoraggiati dalle incoscienti iniziative del precedente governo.

Vicenda Cloud

Resta da vedere come si possa parlare, in questo contesto, di affidamento del Cloud, ovvero dei dati dei cittadini italiani in custodia presso la PA, ad una società come TIM di cui non possiamo immaginare il futuro al momento. E va ricordato che, ancora una volta, anche nella vicenda del bando Cloud ritroviamo l’accoppiata CDP e TIM, costruita all’epoca da Gubitosi e che oggi appare completamente fuori contesto.

Una bella gatta da pelare per il governo, con l’augurio che non provi a forzare la mano con scelte discutibili che potrebbero creare precedenti gravi.

Abbiamo bisogno di fiducia e per poter contare sulla fiducia occorre guardare al futuro puntando sull’innovazione e nello stesso tempo sulla trasparenza.

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