La industry delle Tlc è in crisi profonda, una crisi conclamata come dimostrano fra le altre cose gli ultimi annunci arrivati da due big del settore come Vodafone (1.000 esuberi) e Sky (1.200 uscite). Un trend negativo che va avanti da tempo, con le telco strette nella tenaglia fra guerra dei prezzi, streaming e concorrenza spietata delle Big Tech. Una crisi generale della industry, che viaggia in parallelo con la complessa vicenda della crisi di Tim, l’ex incumbent intenzionato a cedere la rete che si trova di fronte a due offerte concorrenti, quella del fondo americano KKR e l’altra del duo CDP in tandem con l’australiana Macquarie, che però non incontrano il gradimento del primo azionista Vivendi. Insomma, la situazione è ingarbugliata e il Governo è chiamato ad un pronto intervento da parte dei sindacati, in allarme per il rischio “spezzatino” da Tim e per quella che chiamano “la bomba sociale” degli esuberi nel settore, che rischia di deflagrare senza le necessarie misure ad hoc. Ne abbiamo parlato con Salvo Ugliarolo, Segretario Generale della Uilcom-Uil.
Key4biz. La crisi delle Tlc in Italia si intreccia con la vicenda Tim. E’ un periodo nero per la industry. Come intervenire? La risoluzione della crisi di Tim potrebbe aiutare il settore in generale?
Salvo Ugliarolo. Dal nostro punto di vista, non credo che la rete unica potrebbe aiutare il settore. Al contrario. La politica, questo Governo, si era intestato una risoluzione veloce del problema. Ma finora è stata come la classica pietra gettata nello stagno per muovere un minimo di acqua, ma nulla di più perché poi di fatto, anche sulla base delle due offerte che sono arrivate da KKR da un lato e CDP-Macquarie dall’altro, a oggi, per motivazioni diverse, non hanno trovato alcun riscontro in base alle notizie che abbiamo.
Key4biz. C’è un problema con il Governo?
Salvo Ugliarolo. Questo Governo, a parte la prima fase, in cui ognuno voleva dare le carte su questo progetto di rete unica – il MEF con il ministro Giorgetti, il Made in Italy con il ministro Urso, il Sottosegretario Butti, Palazzo Chigi – a oggi siamo a ‘chi l’ha visto’, perché non si capisce più chi deve seguire questo progetto e qual è lo stato dell’arte. Non ultimo, i famosi tavoli al ministero dello Sviluppo Economico e del Made in Italy che anche lì non capiamo cosa hanno sortito. Sta di fatto che siamo arrivati a metà marzo, che c’è un’azienda, Tim, che va verso quel modello, ma di fatto ad oggi non c’è chiarezza su cosa è il progetto e l’operazione. E semmai ci fosse qualcuno che lavora in sordina al progetto, dietro le quinte, questa è una cosa che grida allo scandalo perché su un tema tanto delicato e tanto scivoloso anche dal punto di vista occupazionale questo Governo non sta facendo altro che andare per il suo percorso senza avere la sensibilità di rappresentare anche ai sindacati, che sono i rappresentanti di lavoratrici e lavoratori, che cosa sta facendo.
Key4biz. In generale, parlando della industry, c’è un grave problema di sostenibilità. Cosa domandate alla politica?
Salvo Ugliarolo. Dalle liberalizzazioni in poi la industry delle Tlc è stata soltanto munta dalle istituzioni, un esempio su tutti è l’asta frequenze 5G, la gara più cara mai vista costata 6,55 miliardi alle casse delle telco. Ma poi quando chiediamo insieme e separatamente di regolare meglio la funzionalità di questo settore abbiamo ricevuto in cambio il silenzio. Eppure i temi sono chiari: c’è quello della iper competizione di quattro operatori strutturati, che nel nostro paese sono un numero esorbitante. C’è tutto il mondo degli OTT, tutto il mondo dei servizi aggiunti che vengono erogati da Poste, che vengono fatti con gli operatori virtuali ai quali si vocifera che si potrebbe aggiungere Enel, Sky. Tutta una serie di cose che non fa altro che rendere sempre più frammentato un settore che ha bruciato negli ultimi anni una marginalità e dei ricavi per un valore di 15 miliardi.
Key4biz. Però si tratta di un settore strategico.
Salvo Ugliarolo. E’ vero. Su questo settore bisogna continuare ad investire. Un paese come l’Italia ha necessità che questo settore funzioni. Anche qui, il tema è che la politica dovrebbe farsi carico di aprire un tavolo e responsabilmente individuare, insieme a tutti i soggetti coinvolti (aziende e sindacato), quali sono i problemi. Il modello delle gare al prezzo più basso non funziona, il settore e le aziende non riescono più ad avere un modello di business sostenibile senza dover ricorrere ai tagli di personale. Possibile che le authority non intervengano su un tema di prezzi quando altri settori hanno prezzi esorbitanti. Nelle Tlc si è arrivati a 6,99 euro per dare 50 giga, prezzi stracciati. Non è possibile che questo settore è energivoro e sta pagando in toto il caro energia. Allora, possiamo capire se c’è la volontà reale di sostenere questa industry? Perché altrimenti i tagli nel settore continueranno. Ma a furia di tagliare posti di lavoro si sta depauperando la professionalità di intere aziende e quindi del settore, perdendo professionalità rendendo il settore non appetibile. Se noi mettiamo le pezze anticipando con la contrattazione in anticipo quelli che sono una serie di problemi, ma poi i problemi rimangono lì, allora non si risolve nulla.
Key4biz. Negli anni fra il 2000 e il 2010 il settore Tlc occupava fra 150mila e 170mila persone in Italia. Oggi quante sono?
Salvo Ugliarolo. Oggi forse non si arriva nemmeno a 100mila addetti. Praticamente dimezzato il settore Tlc in 10 anni. Ormai siam arrivati all’osso. Dove è andata a finire tutta questa professionalità e soprattutto quanto è costato anche in termini di denaro pubblico?
Key4biz. Per quanto riguarda Sky, la Slc Cgil chiama in causa anche le piattaforme streaming.
Salvo Ugliarolo. Sì, certamente. E c’è anche la pirateria che pesa sul mondo delle pay tv e dell’emittenza. Ma quante persone lavorano a Netflix in Italia? Quale contratto stanno applicando? Quale confronto c’è con le organizzazioni sindacali? Lo stesso nel mercato delle telco vale nel confronto fra Iliad e Tim.
Key4biz. In che senso?
Salvo Ugliarolo. Non possiamo paragonare quello che sta facendo Tim con quello che sta facendo Iliad, che conta meno di mille dipendenti in Italia. Non ha un contratto di secondo livello, non ha un premio di risultato, non ha un confronto politico con il sindacato. Non ha dei protocolli di relazioni industriali. E questa azienda fa la gara con le aziende che sono più strutturate nel paese. Ma alla lunga se non stabiliamo un minimo di regole rischiamo di sfasciare tutto.
Key4biz. Cosa intende fare il sindacato?
Salvo Ugliarolo. Noi con le altre due organizzazioni sindacali confederali stiamo ragionando per arrivare a una grande manifestazione, una mobilitazione di tutti i settori per dire basta e chiedere al Governo di aprire un confronto perché anche su Vodafone, ma vale anche per Sky, o noi andiamo al tavolo governativo a discutere di problemi strutturali che impattano sui lavoratori, se no noi avremo anche qualche problema nel gestire questi 1.000 esuberi.
Key4biz. Anche su Wind-Tre ci sono voci di operazioni strutturali sulla rete. Cosa si sa?
Salvo Ugliarolo. Ci sono queste voci che circolano ed è arrivato il momento che ci dicano cosa c’è di vero. Chiaramente, se mai fosse vero rispecchia l’allarme sempre più incessante che lanciamo su quello che accade nel settore.
Key4biz. Passando alla vicenda della rete Tim, qual è la posizione del sindacato? CDP ha avanzato l’offerta per la rete dicendosi fiduciosa di poter raccogliere i fondi necessari. Cosa ne pensa?
Salvo Ugliarolo. Ma è normale che si stiano facendo queste operazioni con da una parte un fondo americano, KKR, e dall’altro un fondo australiano, Macquarie, per poi affidare l’operazione passando dai fondi stranieri? Alla fine la grande operazione dello spin off della rete annunciata dal Governo per poi affidare ai soldi stranieri il controllo della rete? Non è più logico fare quello che hanno fatto gli altri Stati, e cioè aumentare gli investimenti utilizzando l’infrastruttura attuale tramite la CDP? La Cassa dovrebbe farsi carico di trovare dei finanziatori senza smembrare l’azienda. Tutte le offerte di cui si parla servono a spezzare l’azienda, trovando la contrarietà della Uil e del sindacato unitario, per poi consegnarla alla gestione di fondi stranieri? Ma non sarebbe più utile farli investire all’interno dell’azienda, all’interno della struttura di Tim così come è costituita, una soluzione meno invasiva rispetto al contesto? Tentando di asciugare la predominanza di Vivendi, facendo entrare i fondi sotto la regia di Cassa Depositi e Prestiti.