Nelle regole del gioco democratico governi formati da coalizioni che hanno la maggioranza parlamentare devono poter operare ed essere giudicati sul loro operato. E se necessario criticati severamente su programmi e realizzazioni. E di questo che si dovrebbe parlare piuttosto che fare le pulci ad ogni riga del programma di governo o dei curriculum dei ministri.
Sebbene il contratto Lega-Cinquestelle non sia un vero e proprio contratto esso offre indicazioni molto utili alla valutazione.
Anche sul tema ambientale, per impulso dei Cinquestelle, tradizionalmente molto impegnati sul tema, ma anche con il consenso della Lega, le proposte sono importanti e l’enfasi su economia circolare e rifiuti zero sembra comprendere che la transizione verso un‘economia sostenibile va accompagnata ed offre grandi opportunità di creazione di nuovi prodotti e posti di lavoro come la soluzione del recente caso Embraco insegna la perdita di centinaia di posti di lavoro per la delocalizzazione di produzioni mature come quella dei compressori per frigoriferi in Slovacchia e può essere compensata dalla creazione di molti posti di lavoro con due progetti che combinano tecnologia e sostenibilità ambientale.
Dove le perplessità aumentano è sul punto della tenuta complessiva del programma proposto. Si parla infatti nel contratto di molti interventi meritori ma non si indicano spese complessive e coperture se non in modo piuttosto vago parlando di “taglio degli sprechi, gestione del debito e un appropriato ricorso al deficit”. I punti di spesa senza indicazione di copertura sono veramente molti e riguardano, tra gli altri, l’IVA zero sui prodotti per l’infanzia, interventi sui fondi per le forze dell’ordine, risorse per finanziare i rimpatri, aumento del personale sanitario, più risorse per la sicurezza stradale e innalzamento di indennità di maternità e premio a maternità conclusa.
In particolare si tratta di non perdere a mio avviso una grande occasione. L’intervento deciso di riduzione fiscale con la flat tax andrebbe giocato in congiunzione con un impegno molto più forte contro elusione ed evasione fiscale. Si dovrebbe in altri termini sfruttare l’iniziale “luna di miele” del nuovo governo per provare ad applicare in modo credibile e severo il principio del “pagare meno pagare tutti” che terrebbe anche in equilibrio i conti pubblici visto che non possiamo aspettarci un recupero di entrate fiscali dalla flat tax di per sé. I modi per ottenere questo obiettivo sono diversi e vanno da severi limiti all’utilizzo del contante, all’uso più diffuso del contrasto fiscale e all’approccio sperimentato con successo in Portogallo dove i registratori di cassa dei negozi sono collegati con le agenzie delle entrate e i cittadini hanno la possibilità di detrarre molte delle loro spese attraverso l’applicazione del contrasto fiscale.
Il rischio è quello di una manovra di 5-6 punti percentuali di Pil senza opportune coperture che ci porti a sfondare la soglia del 3 percento del deficit. Il problema vero non sta tanto nell’espansione della spesa, ma nella qualità della stessa. Un intervento del genere finalizzato ad iniziative ad alto moltiplicatore (un punto molto spesso auspicato dai Cinquestelle nel loro programma pre-elettorale) potrebbe avviare un’espansione della crescita in grado di ripagare lo sforzo iniziale e tenere in equilibrio i conti. Da questo punto di vista sarebbe un peccato gettare a mare quanto di buono è stato fatto dai governi passati su questo punto. E’ infatti noto che gli incentivi fiscali agli investimenti delle imprese (superammortamento) sono stati fondamentali per la ripartenza degli investimenti e, assieme al bonus per le ristrutturazioni edilizie, sono state iniziative dove la spesa pubblica è stata ad alto moltiplicatore mettendo in modo attività economica che ha prodotto entrate fiscali che hanno ripagato la spesa iniziale.
Qualcosa di simile al bonus per le ristrutturazioni edilizie si potrebbe fare per l’emersione dei servizi a famiglia e persona, sul modello francese dove un voucher universale con un tetto di detrazione ha fatto emergere molte attività e prodotto posti di lavoro. Ci sono dubbi che tutte le proposte che comportano aumenti di spesa contenute nel contratto siano di tal genere.
In campo sanitario è necessario proseguire in una doppia tendenza. Da una parte l’incremento del fondo farmaci innovativi e di tutto ciò che sostiene la possibilità di cura imparando a misurarne l’impatto sull’aspettativa di vita. Da questo punto di vista l’inclusione di quest’indicatore tra quelli su cui valutare l’impatto del prossimo Documento di Economia e Finanza è un impulso fondamentale alla costruzione di modelli di simulazione in grado di effettuare questa valutazione. Dall’altra parte è necessario proseguire la lotta allo spreco nel settore sanitario in maniera decisa. Non si tratta di acquistare materiale sanitario di scarsa qualità con conseguenze che finiscono per ripercuotersi sulla salute dei pazienti. Bisogna piuttosto apprendere dall’approccio innovativo del “budget di salute” per trasformare voci di costo in partite d’investimento con potenziali effetti win-win (riduzione dei costi per lo stato e miglioramento della salute dei pazienti).
Troppo spesso la sanità è oggi diventata un business dove il fine è il mantenimento di rette e strutture piuttosto che la guarigione o il miglioramento della salute dei pazienti. Nell’ottica della generatività l’approccio del budget di salute ha dimostrato che è talvolta possibile spendere molto meno, affidando ad un gruppo di esperti del settore il progetto di recupero del soggetto, evitando la degenza in struttura e riuscendo a rendere il paziente attivo e generativo. Esperimenti su malati psichiatrici reinseriti in imprese di reinserimento lavoro, in orti e imprese di agricoltura sociale sono ormai patrimonio di tanti paesi del mondo e potrebbero essere espansi su più larga scala.
Si stanno parallelamente sviluppando strumenti finanziari in grado di accompagnare queste iniziative ad alto moltiplicatore su vasta scala come i social impact bond. Un altro settore interessante dove iniziano sperimentalmente ad essere applicati è quello del contrasto alla recidiva carceraria. Nel modello del social impact bond lo stato mette un piccolo fondo di garanzia e il privato il grosso dell’investimento venendo remunerato dai risparmi pubblici in caso di successo dell’iniziativa.
In linea più generale dunque sarebbe opportuno insistere nel chiedere lo scorporo delle spese per investimento dal computo del patto di stabilità (come avviene tra l’altro per gli stati americani negli Stati Uniti). Più in particolare ciò che si dovrebbe fare è definire il moltiplicatore di ciascun tipo di investimento e calcolare su questo l’impatto sul bilancio pubblico. Ovvero quanto quell’euro investito restituisce di tasse versate grazie alla crescita economica e all’aumento di reddito prodotto.
Un’altra questione chiave su cui l’Italia dovrebbe lavorare a livello internazionale è la riforma stessa degli indicatori sui quali si misura la sostenibilità di bilancio di un paese. Il ragionare esclusivamente su deficit/PIL e debito/PIL ha dei limiti importanti. Il debito pubblico è uno stock mentre il PIL è un flusso e alcuni studiosi ritengono che abbia più senso confrontarlo con un altro stock, quello della ricchezza pubblica o, comunque, considerando anche la situazione del debito/ricchezza privato dei cittadini e la situazione della bilancia commerciale. L’Italia ad esempio è un paese con un debito elevato ma anche con una ricchezza nazionale cospicua, un basso debito dei privati ed una bilancia commerciale in surplus. Si dirà che la ratio di questo strano indicatore che combina stock e flussi e che tutti utilizziamo è che mentre il debito produce flussi d’interesse certi la ricchezza nazionale non genera altrettanti flussi ed è spesso illiquida. Un grande progetto del paese potrebbe essere proprio quello di calcolare il valore della nostra ricchezza (naturale, artistica, storica) e metterla in misura maggiore di oggi a reddito.
Resta il timore forte di molti critici del governo oggi è quello che, di fronte allo sforamento del deficit, si tenti il superamento delle regole e dei vincoli europei senza calcolare bene gli effetti di una tale scelta. C’è in giro una pericolosa euforia (alimentata dalla scuola della Modern Monetary Theory che si salda con il pensiero sovranista e l’idea che l’inflazione non esista più) sul fatto che stampando moneta sia possibile fare qualunque cosa e che quindi il recupero della sovranità monetaria aprirebbe ad una nuova età dell’oro. La storia monetaria internazionale dice qualcosa di diverso ed è costellata di paesi con sovranità monetaria che sono finiti in crisi e hanno richiesto il salvataggio del Fondo Monetario Internazionale. Ciò non vuol dire che sia impossibile migliorare le regole europee o la gestione delle politiche macro ma soltanto che sono in molti a nutrire dubbi che l’attuale governo e chi lo sostiene abbia degli assi nella manica da questo punto di vista oppure no. Ed è su questo fronte più delicato e difficile che ci giochiamo il nostro futuro e quel riscatto del paese che sta a cuore a tutti
Questo articolo fa parte di una serie su: “I bisogni dei cittadini trainano lo sviluppo del Paese” promossa dal Gruppo di Discussione”Crescita Investimenti e Territorio”. Altri articoli di questa serie sono stati scritti da Riccardo Cappellin, Maurizio Baravelli, Luciano Pilotti e Enrico Marelli.
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