Analisi

Covid-19: la Fase 2 procede all’insegna del ‘liberi tutti’

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L’Istituto Superiore di Sanità e l’Istat producono un nuovo dataset, con risultati sorprendenti: gli stranieri si sarebbero ammalati il 40 % in meno degli italiani ed un 27 % dei Comuni registrano una mortalità inferiore a quella degli anni precedenti.

Questa mattina a mezzogiorno è iniziata la conferenza stampa dell’Istituto Superiore di Sanità (Iss), massimo organo consultivo del Ministero della Salute, ed ormai pressoché unica occasione di confronto dialettico tra istituzioni ed operatori dell’informazione – e quindi cittadinanza tutta – in relazione alla pandemia.

È durata un paio di ore, ed ha messo in evidenza notizie interessanti ed assolutamente inedite: basti pensare che gli stranieri in Italia parrebbe siano (stati) contagiati dal virus in una percentuale inferiore del 40 % rispetto agli italiani; basti pensare che in una quota significativa dei Comuni italiani, ovvero circa il 27 %, il tasso di mortalità del 2020, confrontato con quello degli anni precedenti, è addirittura inferiore, nonostante Covid-19… Dato quest’ultimo che lo stesso Presidente dell’Istat, Gian Carlo Blangiardo, ha definito “sorprendente”…

Ma andiamo per ordine…

Lo scenario: si tratta di un appuntamento settimanale che consente di fare (un po’ di) luce su quel che sta avvenendo, dato che – come già denunciato anche su queste colonne – il Capo Dipartimento della Protezione Civile Angelo Borrelli ha deciso di interrompere “il punto stampa” delle ore 18, che per quasi due mesi, ha “appassionato” milioni di italiani. Infatti da giovedì 30 aprile, il Dipartimento si limita a diramare, sempre intorno alle 18, le sue statistiche, senza più chance di domande e richieste di chiarimenti. Una decisione veramente improvvida, perché in questo modo, limitandosi a rilasciare dati senza interpretazioni, si stimola una pluralità di letture, che contribuiscono alla grave infodemia (sovrabbondanza di dati spesso discordanti tra loro).

Se qualche tempo fa, si lamentava il policentrismo dei flussi di informazione intorno alla pandemia (tre occasioni “parallele”: la conferenza quotidiana del Capo Dipartimento; la conferenza settimanale dell’Iss; e infine la conferenza bisettimanale del Commissario Straordinario), ora soltanto l’appuntamento con l’Istituto Superiore consente un’analisi approfondita ed un confronto serio. Infatti l’incontro col Commissario Straordinario Domenico Arcuri affronta tematiche assai circoscritte, sebbene di indubbia rilevanza: il rifornimento di dispositivi di protezione (le mascherine, anzitutto), ma anche la sempre più contestata applicazione di “tracing”, ovvero la controversa Immuni, che, per alcuni aspetti, sta assumendo i contorni di una barzelletta (ma su queste tematiche, si rimanda ai vari articoli che il quotidiano online “Key4biz” dedica quasi tutti i giorni, con adeguati approfondimenti tecnici).

La conferenza dura generalmente poco più di mezz’ora, introdotta dalla portavoce dell’Istituto Superiore, la sempre gentile Mirella Taranto, ed officiata del Presidente Silvio Brusaferro, ormai noto sia per l’eleganza dei modi sia per la pacatezza dei toni.

E sicuramente il professor Brusaferro risponde alle domande dei giornalisti in modo più accurato e mirato di quanto non faccia Arcuri. Segue poi un set di una decina di domande, senza alcuna censura o filtro di sorta, e questa dinamica merita essere apprezzata. Talvolta le risposte sono un po’ evanescenti, ma semplicemente perché l’Istituto Superiore non ha dati sulle materie oggetto delle domande.

La diffusione del virus tra gli stranieri: – 40 % rispetto agli italiani ?

È questo il caso, interessante ed emblematico, che chi scrive queste noterelle può farsi “vanto” di aver sollevato per primo, sia in sede Iss sia in sede Dpc: la diffusione del virus tra gli stranieri residenti in Italia è stata la stessa rispetto alla popolazione italiana?!

Fino ad oggi, dopo mesi e mesi di pandemia, nessuno era stato in grado di fornire un dato uno. Incredibile, ma vero. E circolavano anche “leggende metropolitane” e “fake news”, tendenti a sostenere la tesi secondo la quale gli stranieri si sarebbero ammalati meno (in particolare la comunità cinese in Italia, che sarebbe una delle meno colpite dal virus, forse anche grazie alla sua capacità di chiudersi a riccio tempestivamente in se stessa).

La tesi sembra confermata – a prima vista – da una ricerca sperimentale avviata dall’Iss assieme all’Istituto Superiore di Sanità: fatta 100 la popolazione di riferimento, gli stranieri che si ammalano di Covid sono circa 60; di fatto gli stranieri contagiati sarebbero un 40 per cento in meno, in proporzione alla popolazione di nazionalità italiana.

Gli stranieri che hanno contratto il coronavirus in Italia sono il 5 % dei circa 180mila contagiati totali, ossia 6.395”, ha sostenuto il Direttore del Dipartimento di Malattie Infettive dell’Iss, Gianni Rezza, sottolineando che “non ci sono motivi legati a specifici Paesi di provenienza”.

Considerando che la popolazione straniera in Italia viene stimata da Istat intorno al 9 % della popolazione residente, è evidente che “gli stranieri si ammalano meno”.

Approfondendo la questione emerge qualche perplessità, perché il numero dei decessi – sempre stranieri in proporzione alla popolazione totale – appare invece sostanzialmente allineato, e quello dei ricoveri, soprattutto in terapia intensiva, è più alto.

Si potrebbe sostenere che gli stranieri che arrivano in ospedale arrivano “più tardi” degli italiani, e lo stesso Rezza, a nostra specifica domanda, ha sostenuto che probabilmente esiste una sottostima degli stranieri contagiati. La tesi dell’illustre esperto non ci convince, ma lui stesso ha riconosciuto che si tratta di prime evidenze di una ricognizione parziale e sperimentale. Nonostante ciò il professor Rezza è convinto: “in linea di massima si può confutare l’ipotesi di una differenza di rischio fra stranieri e italiani”, probabilmente si tratta di un problema si ritardo in accesso ai test, sostiene. Dai dati al momento disponibili (parziali e tardivi, ma questo, ormai, è noto), “non di facile interpretazione”, ha proseguito, “si possono trarre solo ipotesi da interpretare con cautela”. In generale, i casi risultano notificati prima negli italiani rispetto che agli stranieri. Fra questi ultimi, risultano colpiti coloro che hanno un’età più avanzata (ma questo è noto). Di conseguenza, ha proseguito, potrebbe esserci (il condizionale è d’obbligo) un ritardo nell’essere sottoposti al test per gli stranieri, mentre risulterebbe maggiore il rischio relativo di ospedalizzazione e di ricovero in terapia intensiva. Rezza ha ben precisato che i dati sulla popolazione straniera non sono di facilissima interpretazione: “c’è stata molta aneddotica riguardo al Covid negli immigrati… il rischio di essere notificato come caso, per gli stranieri, tende a essere più basso rispetto agli italiani (e sulla base di quale argomentazione, questa tesi?! n.d.r.), ma se vediamo invece il rischio di ospedalizzazione rispetto a un italiano vediamo che negli stranieri è 1,4 volte più elevato rispetto agli italiani. Anche rispetto all’accesso alla terapia intensiva il dato è più alto negli stranieri. Vuol dire che uno straniero che ha una malattia meno grave ha una più bassa possibilità di essere notificato. Invece c’e’ un maggior ricorso all’ospedalizzazione. Il rischio di morire sale soprattutto negli stranieri che provengono da Paesi a basso reddito…”.

Sarà interessante approfondire queste analisi, allorquando il dataset sarà più completo: basti osservare che, ad oggi, su un totale di 179.200 casi risultanti nel “Sistema di Sorveglianza Integrata Nazionale” della pandemia, si dispone del dato relativo alla nazionalità soltanto per 124mila pazienti, ovvero meno del 70 per cento. I casi di stranieri “notificati” sono soltanto 6.395 su 124mila, ovvero corrispondenti ad un 5,1 % di stranieri su casi notificati di contagio. Non esiste il dato relativo ai contagiati “stranieri su totale” cui è stato sottoposto il tampone, e quindi anche questi numeri appaiono deboli e fragili…

Disquisizioni interpretative a parte (la questione merita essere approfondita seriamente), abbiamo maturato l’impressione che, pur in assenza di un database completo ed aggiornato, l’Istituto Superiore abbia deciso di proporre una lettura neutro-positiva, che non evidenzia disallineamento del fenomeno tra gli stranieri rispetto alla popolazione italiana.

Che ne penserà il leader della Lega Matteo Salvini, che non perde occasione per enfatizzare lo stigma della diversità?! Che teoria interpretativa si andrebbe ad inventare, tra qualche settimana, se lo sviluppo della ricerca Iss-Istat dovesse invece arrivare alla conclusione che i terribili “stranieri” si ammalano meno di Covid???

Da segnalare che poco dopo la conferenza stampa, è stata diramata la notizia della cooptazione del professor Rezza ai vertici del Ministero della Salute: il titolare del dicastero Roberto Speranza, ha firmato oggi l’atto di nomina di Gianni Rezza a nuovo Direttore Generale della Prevenzione del Ministero. Lo ha annunciato lo stesso ministro Speranza in un tweet, aggiungendo che Rezza “è uno scienziato di qualità che mette la sua esperienza al servizio del Paese”. Il Direttore del Dipartimento Malattie Infettive dell’Istituto Superiore di Sanità passa dunque al ministero in sostituzione di Claudio D’Amario.

Un 27 % dei Comuni italiani mostra un tasso di mortalità 2020 addirittura inferiore a quello del 2019 ?!

Seconda questione discretamente sconcertante emerge dalla relazione del Presidente dell’Istituto Nazionale di Statistica, Gian Carlo Biangiardo. Approccio serioso, ma non particolarmente preciso (un po’ curioso, trattandosi di un esperto di statistica). L’Istat ha analizzato, Provincia per Provincia, i dati relativi alla mortalità nel periodo 20 febbraio – 31 marzo (un mese e dieci giorni), su un insieme di Comuni, classificandoli come “alta” e “media” e “bassa” diffusione del virus.

La mortalità in Italia, dal 20 febbraio al 31 marzo, periodo di inizio e sviluppo della fase di emergenza per il coronavirus, è aumentata del 39 % rispetto alla media dei 5 anni precedenti, dal 2015 al 2019. Il dato risulta da elaborazioni che riguardano circa 7.000 su 8.000 Comuni italiani e dunque “non si tratta di un campione, ma di una selezione ragionata”, ha precisato Biangiardo.

Su 25.354 morti registrati in Italia nel periodo considerato, i casi di morti diagnosticati come Covid (ovvero deceduti “per” o “con” il virus) risulterebbero essere stati 13.170, ovvero poco meno della metà.

L’analisi ci restituisce 3 Italie: nelle regioni del Nord, abbiamo avuto un incremento dei decessi dell’88 % – ha sostenuto il Presidente Istat – mentre in 1.778 Comuni del 14 %, ed in 1.817 Comuni, prevalentemente nel Mezzogiorno, abbiamo riscontrato una mortalità addirittura inferiore a quella media del quinquennio precedente”.

E se è il Presidente dell’Istituto Nazionale di Statistica a sostenere “sorprendenti” questi numeri, una qualche ragione ci deve essere ed un qualche approfondimento andrà sviluppato: trattasi di probabile deficit metodologico dello studio o strane fenomenologie della pandemia?!

Alcuni dati, più evidenti e tristi, sono purtroppo prevedibili, nella loro localizzazione: l’alta diffusione rispetto alla media statistica riguarda 3.271 Comuni di 38 Province, di cui 37 sono situate al Nord. La più elevata riguarda la Provincia di Bergamo che raggiunge quota + 568 %, seguita nell’ordine da Cremona, Lodi, Brescia, Piacenza, Parma, Lecco, Pavia, Mantova, Pesaro-Urbino, Monza-Brianza, Alessandria, Vercelli e Biella…

Abbiamo chiesto a Biangiardo se fosse possibile stimare, grosso modo, quale fosse la popolazione di quei 1.817 Comuni, che hanno registrato nel 2020 un incremento di decessi addirittura inferiore alla media annua del quinquennio precedente (quindi un decremento), e ci ha risposto – ricordandoci un po’ il pollo delle statistiche evocate da Trilussa – “non so, potrebbe essere… un terzo… un quarto… un quinto dell’intera popolazione italiana…”.

Le vaghe reminiscenze universitarie (ma anche delle elementari, in verità) ci consentono di ricordare che tra “un terzo” ed “un quinto” rispetto oltre 60 milioni di persone (la attuale popolazione italiana, sempre secondo Istat) c’è una bella differenza (trattasi di qualche milioncino di persone…) e ci piacerebbe saperne di più.

Il Presidente dell’Istat ci ha rimandato alla lettura del dossier di ricerca, ma l’impressione che abbiamo maturato è stata di una risposta assai nasometrica ad una domanda ben precisa. Il dato della non crescita della mortalità in ben 1.817 Comuni, su un totale di 6.866 Comuni oggetto (una “selezione ragionata”, si ribadisce, non un “campione”) dello studio Iss-Istat, corrispondenti al 27 % dei Comuni analizzati, è veramente… “sorprendente”. Attendiamo chiarimenti. Nelle slide della sua presentazione, il dato relativo alla popolazione residente nelle 3 aree non è presente, e non capiamo come potremmo calcolarlo, in assenza del dataset utilizzato dall’Istat…

L’Iss elabora una “matrice del rischio” con algoritmi evoluti, ma le Regioni la utilizzeranno?

Il professor Silvio Brusaferro ha anche illustrato il modello statistico che l’Istituto Superiore di Sanità sta mettendo a punto per il monitoraggio della “Fase 2”: sono stati evocati algoritmi che tengono in considerazione il dataset Provincia per Provincia, per consentire la costruzione di una “matrice del rischio” che dovrebbe fornire informazioni preziose per la gestione dei “territori” nelle prossime settimane.

Abbiamo domandato al Presidente dell’Iss se questa utile strumentazione non arriva un po’ tardi, a fronte dell’effervescente policentrismo delle Regioni e dei Comuni: basti ricordare l’accelerazione della Regione Calabria così come quella più recente della Provincia di Bolzano

Al “chiudere tutto”, si sta ormai opponendo un “riaprire tutto”, con modalità policentriche e frammentarie, che sembrano sfuggire al “controllo” dello Stato centrale, determinando una confusione enorme nella cittadinanza, che veramente non capisce più nulla.

Possiamo nel mentre testimoniare che, almeno su Roma, l’allentamento dei provvedimenti (nazionali, regionali, comunali) e l’assenza di controlli (non ci sono più posti di blocco delle forze di polizia) appare totale. Come si direbbe giustappunto nella Capitale: “sbraco”, sbraco totale. “Effettivamente io stesso, questa mattina, venendo in auto al lavoro in Istituto, mi sono sorpreso nell’osservare l’intensità del traffico, e di nuovo le tipiche code romane”, ci ha detto Brusaferro.

Ovviamente la “linea” dell’Iss resta quella stranota: prudenza, prudenza, prudenza.

Va infine segnalato (lamentato, denunciato) che nessun segnale pubblico viene dalla mitica “Task Force” presieduta da Vittorio Colao. Va segnalato che, dopo l’annullamento della conferenza della Protezione Civile, nessun segnale pubblico più viene dal Comitato Tecnico Scientifico del Dpc.

Silenziati per scelta autocratica di Colao e Borrelli (riservato il primo, stanco il secondo?!) oppure per imposizione istituzionale dall’alto (forse da parte del Portavoce del Premier Rocco Casalino)?!

Ed emerge l’eco di un altro “organismo”: la “Cabina di Regia” coordinata dal Ministro Roberto Speranza, al quale partecipa l’Istituto Superiore di Sanità (ma non la Task Force e il Comitato Tecnico Scientifico), insieme ai rappresentanti della Regione.

È questo forse il novello “luogo” (anch’esso un po’ misterioso) di “decision making”?! Se è così, perché non sono coinvolti Task Forse e Comitato Tecnico Scientifico?!

Verrebbe da pensare – a livello di mera ipotesi di lavoro – che forse Giuseppe Conte vuole razionalizzare i flussi comunicazionali (un po’ tardiva, ma comunque saggia decisione), ed essere lui soltanto “la voce” istituzionale (una voce unica o univoca?!) rispetto alla pandemia.

Gli italiani debbono ri-pendere dalle labbra del Presidente del Consiglio? Attendiamo pure il prossimo imminente “discorso alla Nazione”, ma sarà ardua intrapresa, per Giuseppe Conte, spiegare agli italiani come sia possibile che, ormai, ogni Regione se ne sta andando per la sua via, sia rispetto alle dinamiche di allentamento delle restrizioni alla mobilità, sia rispetto ai test sierologici, etcetera.

Il Premier, annunciando la “Fase 2”, ha sostenuto, con paternalistica veemenza: “non è liberi tutti”. Purtroppo, però, sembrerebbe che ad una (mala) gestione della prima fase della emergenza, stia facendo seguito un novello processo… confusionale nel suo variegato policentrismo.

Un processo decisionale confuso e confusionale, aggravato da una (mala) comunicazione erratica dalle istituzioni alla cittadinanza. Un inquietante mix.

Clicca qui, per leggere la presentazione del Presidente dell’Istituto Superiore di Sanità, Silvio Brusaferro, “Covid 19. Aggiornamento sull’evoluzione della pandemia”, Roma, Iss, 8 maggio 2020.

Clicca qui, per leggere la presentazione del Direttore del Dipartimento di Malattie Infettive dell’Iss, Gianni Rezza, “L’epidemia di Covid 19 tra la popolazione di nazionalità straniera in Italia”, Roma, Iss, 8 maggio 2020.

Clicca qui, per leggere la presentazione del Presidente dell’Istituto Nazionale di Statistica, Gian Carlo Biangiardo, “Impatto dell’epidemia Covid-19 sulla mortalità totale della popolazione residente. Primo trimestre 2020”, Roma, Iss, 8 maggio 2020.

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