Stimolati dall’annuncio del leader della Lega Matteo Salvini, che ha comunicato che nella notte tra mercoledì e giovedì avrebbe letto attentamente, “riga per riga” il decreto annunciato mercoledì sera dal Premier Giuseppe Conte, abbiamo pensato che… non potevamo essere da meno!
La attenta lettura ha evidenziato non poche contraddizioni interne, logico-semantiche e giuridico-legali. L’elenco delle attività escluse dall’obbligo di chiusura è riportato negli Allegati 1 e 2 del Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri dell’11 marzo 2020…
Per esempio, bar e ristoranti sono chiusi ovunque, ma la chiusura non viene imposta se gli esercizi si trovano su autostrade e strade tra un centro abitato e l’altro (testualmente “lungo la rete stradale”) o all’interno delle stazioni ferroviarie…
Restano aperti i negozi che vendono apparecchi televisivi (trattasi forse di “servizi essenziali”?!), ma inspiegabilmente non meccanici e gommisti… Nell’Allegato 1 sono indicati i benzinai, ma non i meccanici!!! La norma è scritta male, oggettivamente. Nel caso in ispecie, viene così interpretata dal Presidente di Cna Autoriparazione, Franco Mingozzi, che ha dichiarato che “le officine, le carrozzerie e tutte le altre imprese che fanno riferimento a Cna possono restare aperte, per garantire la regolare manutenzione alle vetture dei cittadini privati che devono recarsi al lavoro, nonché ai mezzi dei soccorritori e delle forze dell’ordine. Sono pertanto compresi tra i ‘servizi essenziali’, che vengono spesso citati nei vari Dpcm”. Si interpreta l’attività di un meccanico come quella di un “artigiano” ovvero addirittura tra i “servizi essenziali”, ma non è interpretazione univoca, e peraltro queste attività non sono assolutamente elencate nell’Allegato 1 e nell’Allegato 2 del decreto dell’11 marzo.
Confusione su confusione
E che dire di quel si legge sul sito web della Protezione Civile, che spiega che per andare per la città, anche a piedi (!!!), ci si deve munire di una autocertificazione, che spieghi che ci si muove per ragioni di lavoro, di acquisto di beni essenziali, o per particolari necessità, ma al tempo stesso spiega che è consentito fare attività sportive nei parchi pubblici: e cosa si scrive nella autocertificazione?
Abbiamo notizia di una persona che stava facendo jogging a Villa Pamphili a Roma, la quale è stata fermata dalla Polizia Municipale, che le ha richiesto di firmare l’autocertificazione, verificando che fosse residente nel quartiere (Monteverde)…
Ed il quotidiano “la Repubblica” segnala il caso di ciclisti bloccati in strada in bicicletta, probabilmente perché è stata ravvisata l’assenza del principio di “necessità”…
Come prevedibile, e documentato nel corso della trasmissione Rai “La Vita in Diretta”, sono subito emersi i problemi riscontrati dagli agenti di polizia incaricati di eseguire i controlli: a Roma Termini, ad esempio, molte persone avevano con sé l’autocertificazione ma riportante motivazioni relative a necessità su cui i poliziotti non sapevano come agire con esattezza (registrare gli atti semplicemente o inoltrare alla Procura di Roma una segnalazione per una ipotesi di reato…).
La definizione del concetto di “necessità” è peraltro giuridicamente labile, le interpretazioni possibili assai scivolose. Secondo alcuni, per esempio, si può praticare sport all’aperto, sebbene i Decreti governativi non lo precisino, a condizione di essere soli…
Abbiamo anche notizia di un ragazzo che è stato fermato dalla Polizia di Stato all’uscita di un negozio della catena Euronics, e che è stato segnalato all’autorità giudiziaria, perché sarebbe uscito di casa non per comprare delle lampadine (bene di prima necessità?!), bensì una PlayStation…
Ci domandiamo se questa decisione radicale di Giuseppe Conte non sia stata co-determinata prevalentemente dalla presa di posizione della triade dei leader dell’opposizione Matteo Salvini + Giorgia Meloni + Antonio Tajani che martedì sera, all’uscita dall’incontro con il Premier, chiedevano interventi di chiusura più rigidi di quelli fino ad allora adottati. Detto fatto. Di fatto, il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha accolto una richiesta manifestata dal Presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana: misura… estrema che forse poteva avere senso per la Lombardia, ma non necessariamente da estendere a tutto il territorio nazionale.
Perché Conte ha assunto decisioni così radicali, allorquando il suo stesso consigliere per l’emergenza Walter Ricciardi, scienziato eccellente oltre che medico appassionato (esperto Oms e consigliere del Ministro della Salute Roberto Speranza), aveva dichiarato, poche ore prima, che decisioni di “chiusura totale” potevano avere senso semmai per la Lombardia, ma non per l’Italia tutta?! È quello stesso Ricciardi che pure annuncia, sempre mercoledì, che ci si deve “abituare ad una lunga guerra”, che potrebbe durare oltre maggio-giugno, “ne avremo fino all’estate”…
Paralizzando un intero Paese per 3 mesi ed oltre?!
Ed allora perché le scuole sono state chiuse fino a venerdì 3 aprile (riaprendo quindi da lunedì 6 aprile), mentre le attività commerciali soltanto fino a mercoledì 25 marzo incluso (ovvero 2 settimane esatte da ieri giovedì 12 marzo)?!
Il lasso temporale di “2 settimane” è probabilmente dettato dall’auspicio (ben razionale o pia speranza?!) che in questo periodo si possa registrare una significativa diminuzione dei contagi: “per vedere poi i primi risultati effettivi dopo il varo dei tre Decreti del Governo – ha spiegato Walter Ricciardi alla trasmissione Rai “Agorà” – ci vorranno almeno due settimane… questa settimana continueranno ad aumentare, speriamo che la prossima settimana si stabilizzino. Ma vedrete che aumenteranno negli altri Paesi”.
Ha precisato Conte: “se rispettiamo le regole, non è detto si debba ricorrere a nuove misure. Ma per dirlo dovremo attendere un altro paio di settimane” (appunto). Le “nuove misure” potrebbero essere rappresentate dalla chiusura totale degli uffici, pubblici e privati, e delle fabbriche, insomma il blocco totale delle attività nazionali, esclusi i servizi essenziali.
Forse il Presidente del Consiglio ha temuto che, in caso di aggravamento delle condizioni epidemiche (aumento dei contagiati, aumento dei morti…) potesse essere accusato di esserne (“il”) responsabile, per non aver adottato una decisione non adeguatamente efficace?!
Il provvedimento è stato assunto sulla base di un processo logico-razionale, oppure è prevalso un sentimento di eccessiva prudenza?!
E chi invoca la “linea dura” del Governo cinese (non a caso, un regime autoritario) sembra ignorare le molte critiche che vengono manifestate nei confronti di provvedimenti così drastici: non necessariamente così efficaci, come sembrano sostenere i più (si legga, per una lettura critica, il documentato articolo di Leone Grotti, “Coronavirus, il modello cinese ha causato il disastro. Altro che «imitarlo»”, su “Tempi” dell’11 marzo 2020).
Soltanto “sentiment” oppure “evidence based policy making”?!
Temiamo che sia prevalsa una dinamica emotiva stimolata da logiche di “sentiment”, più che una sana decisione “evidence based policy making”.
Gli esperti confermano che “i dati” sull’emergenza sono soggetti a fallacia, e che non è ancora possibile costruire modelli econometrici accurati, che consentano di comprendere la vera evoluzione dell’epidemia: le proiezioni a due settimane o a due mesi sono inaffidabili, perché il “dataset” di partenza e gli input in itinere sono imprecisi.
Quindi, sulla base di quale “evidence based” vengono assunte decisioni così radicali?!
Prudenza razionale o prudenza isterica?!
Si potrebbe argomentare: gli italiani sono simpatici zuzzurelloni, e, se non si adottano misure forti, tendono ad eludere. Sarà anche vero, ma questa dinamica di intervento della mano pubblica è oggettivamente a rischio di limitazione di libertà garantite dalla Costituzione.
Il rischio di deriva autoritaria
Il rischio di deriva autoritaria è dietro l’angolo.
Non facciamo nostre le tesi “negazioniste” di Vittorio Sgarbi, ma crediamo che la sua “provocazione” intellettuale e politica (toni isterici e linguaggio scurrile a parte) debba essere colta. Il deputato di Forza Italia ha pubblicato un video sul proprio profilo Facebook lunedì 9, nel quale rifiuta la tesi dell’emergenza, assimilando il Covid-19 alla banale influenza stagionale, accusando il Governo di assoluta incapacità. Le sue tesi, ovvero i suoi riferimenti sono stati destrutturati da Butac, che ha registrato un “indice fuffa” altissimo (vedi “Sgarbi e il virus del buco del c…”, su “Butac” del 10 marzo 2020). Ed alcuni chiedono che Sgarbi venga perseguito penalmente con l’accusa di istigazione al reato.
Ma, al di là dell’ennesimo casus… “capre! capre! capre!”, siamo proprio sicuri che “lo Stato” abbia agito sulla base di ragionamenti veramente logici e scientificamente ben fondati, e non abbia peraltro sottovalutato le conseguenze sociali ed economiche di questa radicale decisione di “chiusura”, che corre il rischio di determinare effetti paradossalmente ancora più estremi e gravi?!
Perché il cittadino non può essere libero di fare una semplice passeggiata per la via, se rispetta la distanza di sicurezza?!
L’obiettivo del Governo era (è) ridurre drasticamente la mobilità?! Ma allora si dovrebbe ridurre anche la mobilità dei lavoratori (tutti i lavoratori, a parte quelli dei “servizi essenziali”), inibendo l’utilizzazione di ogni mezzo di trasporto, pubblico e privato?!
E perché ci sono lavoratori di “serie A” (impiegati che possono beneficiare del telelavoro) e lavoratori di “serie B” (chi lavora negli esercizi commerciali ancora aperti o nelle fabbriche, cioè coloro che sono costretti comunque a recarsi presso il luogo di lavoro)? Senza dimenticare i lavoratori di “serie C”, cioè i milioni di precari, lavoratori part-time, che, con la chiusura della gran parte degli esercizi commerciali, si ritrovano senza una chance di compenso magari sopravvivenziale…
E temiamo che prima che i grandiosi provvedimenti economici annunciati dal Governo (una manna di decine e decine di… miliardi di euro!) si tramutino in moneta sonante ci vorranno mesi, conoscendo la lentezza di reattività dell’apparato burocratico del nostro Paese. E nel mentre, come vivranno milioni e milioni di cittadini???
Modus comunicazionale ancora confuso: l’opzione RaiNews24 in format speciale
Quel che riteniamo debba anche essere criticato, lamentato, denunciato è il “mood” comunicazionale delle misure drastiche adottate.
Tralasciamo il tono pacato, l’approccio suadente del messaggio televisivo del Premier mercoledì sera: dapprima invoca serenamente la solidarietà nazionale, per… indorare la pillola, e poi, dopo qualche minuto di simpatica affabulazione para-patriottica, annuncia i rigidi provvedimenti.
Quel che comunque manca – che continua a mancare da settimane – è una comunicazione univoca, una regia unica: ancora una volta, notizie a gogò vengono dal sito del Ministero dell’Interno, altre dalla Protezione Civile, altre dal Ministero della Salute… Si accavallano interviste di esponenti vari, comparsate televisive, servizi giornalistici in quantità fluviale…
Cresce la confusione.
Si diffonde una vera e propria epidemia informativa.
Anche le iniziative commendevoli rischiano di essere disperse: nel pomeriggio di ieri, il Ministro Dario Franceschini ha annunciato che il Ministero per i Beni e le Attività Culturali e il Turismo ha aderito a ‘L’Italia Chiamò’, la campagna nata spontaneamente sulla rete che vede molti artisti, giornalisti musei e istituzioni culturali impegnati in un grande evento finalizzato alla raccolta fondi per la Protezione Civile. Il canale YouTube del Mibact ospiterà domani venerdì 13 marzo la prima “maratona” di 18 ore, che si terrà dalle 6 del mattino fino a mezzanotte. Grazie a oltre 100 protagonisti del mondo dell’informazione, della cultura, della musica e dello spettacolo, si potrà assistere alla messa in scena di momenti di festival culturali, produzioni teatrali, concerti e mostre sospese o cancellate: performance, interviste, canzoni e poesie, tutte in streaming dalle case degli artisti. Nel palinsesto, saranno presenti anche video prodotti dai luoghi della cultura del Ministero per raccontare la vita in questi giorni al museo, nelle biblioteche, negli archivi, le attività in corso e le tante iniziative sui canali digitali. Molti luoghi della cultura stanno contribuendo con immagini, visite virtuali, video in cui i direttori illustrano le opere che custodiscono. Questi sforzi, favoriti, promossi e coordinati dal Mibact, stanno aiutando le persone a avvicinarsi alla cultura o a mantenersi in contatto con il proprio patrimonio culturale. Sostiene Franceschini: si tratta di “un primo, importante passo di un nuovo approccio digitale alla valorizzazione dei musei che rimarrà anche al cessare dell’emergenza coronavirus”.
Perché un’iniziativa simile non viene fatta propria dalla Rai?! Non a caso, il titolare del Mibact ha lanciato un appello: “chiedo alla Rai e a tutte le tv e radio di sostenere ‘L’Italia Chiamò’, la maratona solidale per la Protezione Civile in onda domani fino alle 24 sul canale YouTube del Mibact. Il segnale è libero e si possono aprire finestre tutto il giorno nelle diverse trasmissioni televisive e radiofoniche”.
Viale Mazzini risponderà all’appello?!
Al di là di questa bella iniziativa (e di altre, spontanee o istituzionali che siano), resta il fatto che non c’è ancora un canale informativo istituzionale unico ed univoco di riferimento, e la stessa Rai continua imperterrita nelle sue dinamiche policentriche, onorando un santo pluralismo, che però, in casi come questi, richiederebbe non di “cancellare” o, peggio, censurare le voci, ma di far convergere la popolazione tutta su una fonte istituzionale unica.
Rinnoviamo la proposta già rappresentata su queste colonne (vedi “Key4biz”del 6 marzo 2020, “Coronavirus, il pasticciaccio sulla chiusura delle scuole”): trasformare RaiNews in un canale unico e straordinario di informazione istituzionale, in tempo reale, sull’emergenza.
Dobbiamo invocare l’intervento dall’alto del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella?!
L’epidemia informativa può provocare più danni dell’epidemia virale.