Per delineare anche dal punto di vista della “morbosità delle Regioni” il fenomeno della diffusione del Covid-19, abbiamo intervistato l’esperto Domenico Natale, il cui bagaglio personale nel campo della storia delle Regioni italiane, della lettura statistica e del contesto, comprende studi sullo sviluppo socio-economico delle regioni italiane come sviluppati originariamente nella sua tesi di Laurea in Scienze Statistiche e Demografiche della Sapienza Università di Roma; un’esperienza nel campo della qualità dei dati in ambito internazionale ISO e di standardizzazione di termini e misure relative della qualità; le sue analisi degli Open data sul Covid del Dipartimento della Protezione Civile; la recente partecipazione come speaker al Convegno del 25-26 settembre 2020 “Intelligenza Artificiale: per una governance umana. Prospettive educative e sociali”, promosso dalla Facoltà di Scienze della Comunicazione dell’Università Pontificia Salesiana.
Key4biz. Secondo Lei è possibile effettuare un’analisi di morbosità per il Covid-19?
Domenico Natale. Premesso che le mie competenze non mi consentono di parlare di cause ed effetti di competenza della medicina, il tema della morbosità, nell’epoca del Covid, è stato affrontato con approfondimenti quantitativi del fenomeno, particolarmente nuovo ed inesplorato, anche se epidemie e pandemie sono da sempre oggetto della statistica sanitaria. La definizione di “morbosità” da un punto di vista statistico è offerta dal Vocabolario Treccani: “il rapporto percentuale tra il numero dei casi di una determinata malattia e la popolazione in cui si è verificata”. Ciò comporta anche la definizione appropriata di indicatori di salute e di rischio, studi di transizioni epidemiologiche, approfondimenti di aspetti di equità e eticità.
Rapportando i dati di base alla popolazione si può dire, in linea teorica, che il tasso dei contagi può rappresentare la probabilità che una persona facendo un percorso casuale tra gli abitanti di un luogo, possa entrare in contatto con una persona contagiata. E ciò varia da territorio a territorio, nelle varie stagioni e in diverse situazioni contestuali. In generale possiamo dire che da marzo di quest’anno in poi si è attraversata una fase di intensa raccolta di dati, sintetizzati e diffusi dal Dipartimento di Protezione civile e dall’Istituto Superiore di Sanità, disponibili come Open data. Tali dati aperti disponibili per la ricerca e post-elaborazioni, stanno aprendo una seconda fase di analisi con metodi tecnici e organizzativi più precisi e strutturati.
La risposta, pertanto, riguardante possibili analisi, è senz’altro positiva, con l’auspicio, aggiungerei, che nuovi contributi possano contribuire a definire meglio anche un Glossario standard dei termini definiti con nuove quantificazioni, eventualmente da condividere anche a livello internazionale.
Key4biz. Lei ha in mente un modello di qualità basato su standard internazionali?
Domenico Natale. Non direttamente legato a questo tematica, ma certamente penso ad un modello che tiene conto delle caratteristiche di qualità definite che sono state definite internazionalmente, riconosciute dall’Ente di normazione UNI, valide per ogni contesto e dominio applicativo. I dati, per essere di “qualità”, devono soddisfare ben quindici caratteristiche, per ognuna delle quali ognuno può ritrovare svariate possibilità di applicazione e osservazione nel proprio contesto d’uso. I dati di qualità devono essere accurati, cioè aderenti alla realtà, attuali, coerenti, completi, credibili, accessibili, comprensibili, conformi a leggi e regolamenti, efficienti, precisi, riservati, tracciabili, disponibili, portabili e ripristinabili, come definiti dal modello di qualità dei dati UNI CEI ISO/IEC 25012.
Key4biz. Dalle Sue analisi personali, da marzo in poi, ha notato necessità di miglioramento e differenze territoriali significative che possono essere approfondite?
Domenico Natale. Certamente. Molte differenze si sono rilevate stabili e significative per vari aspetti, altre da approfondire. Tra le caratteristiche di qualità occorrerà in futuro recuperare terreno in tempestività e nella modalità della raccolta dati per aumentare la precisione degli stessi e dei vari fattori del modello citato. Andrebbero ulteriormente precisate definizioni dal punto di vista semantico come quella essenziale dei “contagi attuali” (casi totali verificatisi al netto delle guarigioni, dei decessi e degli asintomatici positivi), richiedendo in prospettiva nuovi confronti, concertazioni organizzative e completezza degli attributi di rilevazione. Probabilmente sarà utile distinguere in un successivo momento possibile, aree metropolitane ad alta densità di popolazione e aree rurali, Regioni, Comuni, anche per iniziare una nuova era di gestione statistica dei problemi territoriali teorizzata con il nome di Smart city e più recentemente anche di Smart Land. La corsa all’urbanesimo iniziata negli anni ’60-’70 in Italia e in varie parti del mondo (oggetto di studio di specifiche sociologie urbane e rurali dell’epoca), andrebbe probabilmente reinterpretata fino a che non si ritrovino soluzioni efficienti, anche e soprattutto avvalendosi di soluzioni digitali, per un efficace governo dei vari “Sistemi di sistemi” ad elevato interscambio dati.
Key4biz. Dal recente confronto avvenuto nel convegno (virtuale) sulla governance umana dell’Intelligenza Artificiale, al quale ha partecipato come speaker e come moderatore, ha percepito qualche possibile aiuto in questo senso da parte di questa tecnologia?
Domenico Natale. Direi senz’altro di sì, ma nel lungo periodo. I contributi emersi, sia da parte di Istituti specializzati che di singoli professionisti, hanno rivelato l’auspicio che le tecniche di Intelligenza artificiale e di trattamento dei Big data possano essere di ausilio ad elaborare, sintetizzare, evidenziare fenomeni complessi non percepibili altrimenti essendo costituiti da insiemi di dati troppo voluminosi, con correlazioni a prima vista invisibili, provenienti da fonti diverse, a volte a dir poco disomogenee. In quella che viene chiamata anche “Infodemia”, per l’eccessiva abbondanza di dati incontrollabili, si è alla ricerca, nel caso delle epidemie, di segni prodromici affidabili e di indicazioni immediate. E in questo cercare del “costante” nel “variabile” che le nuove tecnologie potranno aiutare.
Key4biz. Venendo subito al nocciolo della questione, può fornirci qualche dato delle Sue analisi, per quanto limitate, condotte quasi manualmente come ci avvisava, ma che possano essere un esempio da sviluppare e perfezionare con altri mezzi e ulteriori indicatori?
Domenico Natale. Potrei fornirVi una tabella regionale della morbosità Covid rapportando gli open data del Dipartimento della Protezione civile, resi da subito disponibili in rete, al totale della popolazione residente nelle Regioni, con la speranza che il problema della “Regione ideale”, evidenziato nel mio studio del 1975, e ripreso da alcune ricerche del 2000, possa essere ripreso ed oggetto di programmi statistici, di grande utilità sociale ed orientamento. Da approfondite analisi potrebbero emergere esempi da seguire, almeno parzialmente, e “Lesson learned” da patrimonializzare. L’approccio statistico della morbosità seguito nelle tabelle che propongo qui potrebbe consentire ad esperti indicazioni di miglioramento e sviluppo, favorendo ipotesi indiziarie delle cause in atto.
Faccio notare, senza voler fornire interpretazioni specifiche, che il divario Nord–Sud riscontratosi in primavera all’inizio dell’epidemia, a sfavore delle zone industriali, pur permanendo, si è evoluto, nell’epidemia autunnale, anche in un divario Ovest-Est, penalizzando la dorsale tirrenica fino al Nord-Ovest. In alcuni territori i casi di contagio (cioè i casi totali esistenti, e non solo quindi dei nuovi contagi giornalieri) sono di molto superiori alla media (indicati con *).
Le soglie convenzionali, di 4 e 11 casi, mantenute costanti nei mesi, furono determinate all’inizio dell’epidemia, sulla base di valutazioni che permettevano una mappatura della connessione tra livello di epidemia e cluster di regioni omogenee secondo 22 indicatori standardizzati di sviluppo socio-economico (di cui uno riguardava il PIL). Si rilevavano alti valori di epidemia in aree ad alta industrializzazione, o zone limitrofe, con notevoli presenze di persone, frequenti movimenti e spostamenti, e più bassi valori percentuali in zone del sud con scarsa densità di popolazione e mobilità. Il divario economico nord-sud sembrava riflettersi con l’andamento epidemico.
Key4biz. Riguardo alla ‘morbosità’ ha elaborato ulteriori dati?
Domenico Natale. Sì, sono state fatte ulteriori elaborazioni, spostando il punto di vista e provando a proporzionare in un’ulteriore tabella, in via di perfezionamento, anche il numero dei ricoveri e dei casi in isolamento domiciliare (sempre sulla base dell’Open data del DPC) all’ammontare della popolazione.
Come si vede, il fenomeno risulta molto consistente per gli isolamenti domiciliari, ma ciò non deve distogliere l’attenzione sui notevoli e preoccupanti appesantimenti dei ricoveri con sintomi e con terapie intensive in alcune regioni e strutture.
Key4biz. Quale suggerimento si sentirebbe di dare sulla gestione di una emergenza come l’attuale?
Domenico Natale. Sicuramente che ci si adoperi con convinzione per acquisire e disporre di dati di alta qualità, con l’ottica che tali dati possano supportare decisioni mirate, volte anche alla distribuzione flessibile di risorse secondo le necessità. E che si incentivi la ricerca di nuove tecnologie digitali, di ausilio all’ottimizzazione di processi, favorendo l’interoperabilità dei sistemi ed il monitoraggio standardizzato dei fenomeni.