Perdere il lavoro a causa dell’emergenza Coronavirus e dover pagare le rate del prestito: un bel problema! Eh già, perché accanto all’emergenza sanitaria (sicuramente prioritaria in questo momento) c’è un’emergenza economica e sociale: molte famiglie sono in difficoltà e gli interventi del Governo sbagliano approccio.
Abbiamo provato a spiegarlo negli emendamenti al Cura Italia depositati al Senato dall’Unione Nazionale Consumatori. Cosa c’è che non va? La strategia non deve essere di breve periodo, ma deve creare le condizioni per ripartire, preservando la capacità di spesa delle famiglie.
Insomma, un conto è sospendere versamenti, adempimenti fiscali e pagamenti a fronte dei mancati guadagni, cosa opportuna per evitare problemi di liquidità; un conto, invece, è elargire somme di denaro a pioggia, magari a chi non ha visto ridursi le sue entrate mensili (come per il voucher babysitter che andrebbe dato, magari senza il limite di 600 euro, alle sole famiglie in difficoltà e non certo in modo generalizzato per indennizzare gli italiani della spesa).
Ma torniamo a finanziamenti, prestiti e rate: pensate a quelle famiglie dove c’è qualcuno che è in cassa integrazione (o addirittura ha perso il lavoro) che deve continuare a pagare le rate per l’acquisto di un divano o di un’automobile.
I prestiti
Naturalmente questa è una situazione inaccettabile che rischia di cancellare anche la poca liquidità rimasta nelle tasche dei consumatori. Sui prestiti, per ora, il Governo si è limitato a intervenire a favore di piccole e medie imprese: corretto, ma stiamo chiedendo a gran voce che si intervenga anche a favore delle famiglie che hanno chiesto un prestito personale o hanno acquistato un prodotto a rate.
Le finanziarie
In questo scenario vi chiederete: le finanziarie come stanno rispondendo al grido d’aiuto dei loro consumatori? Ebbene, non c’è una linea comune, nessuna comunicazione alla clientela dove si concedano agevolazioni (naturalmente nel limite di determinati requisiti di reddito o circostanze particolari come la perdita/riduzione del lavoro).
Ogni “insegna” si sta muovendo caso per caso, ma (come dico nel video sottostante) intravedo in questo atteggiamento qualche furbizia e anche molti rischi per i consumatori: come testimoniano i reclami che riceviamo agli sportelli dell’Unione Nazionale Consumatori, infatti, può accadere che alcuni consumatori non ricevano risposte dalle finanziarie, altri si vedono recapitare la proposta di prodotti “commerciali” variamente denominati (“salta la rata”, “allunga la rata”, “cambia la rata”, etc.), che però hanno dei costi e devono essere previsti all’interno dei singoli contratti. Mentre le famiglie hanno bisogno rapidamente di risolvere i problemi di liquidità.
Ed allora è giusto chiedersi, da un punto di vista tecnico-giuridico quali strumenti preveda il nostro ordinamento per casi del genere. In molti citano l’istituto dell’eccessiva onerosità sopravvenuta (art. 1467 c.c.), ma come ci ricorda il prof. Daniele Vattermoli, Ordinario di Diritto commerciale della Facoltà di Economia, Sapienza-Università di Roma (che ringrazio per la collaborazione) “tale norma nel caso di specie ci aiuta poco perché quello che potrebbe fare il consumatore è chiedere la risoluzione, ma questo non gli evita di restituire quanto ottenuto. Certo, la parte creditrice potrebbe evitare la risoluzione, rinegoziando le clausole in modo da riportare ad equità le condizioni del contratto (art. 1467, co. 3); ma si tratta, appunto, di una facoltà rimessa al creditore”. Insomma, sarebbe un boomerang per il consumatore.
Ed allora, vista la pandemia dichiarata dalle Autorità, possiamo far riferimento a “cause di forza maggiore” per rinegoziare il contratto di finanziamento? Sospendere le rate per qualche mese, ridurne l’importo? Ancora il prof. Vattermoli: “nei contratti internazionali è prevista espressamente tanto l’ ‘hardship’ tanto la ‘force majeure’: il meccanismo per tutelare ex ante le parti da questi eventi esterni ed imprevedibili è, appunto, la clausola di rinegoziazione delle condizioni contrattuali. Il nostro ordinamento però non prevede, attualmente, un obbligo del genere”.
La battaglia di UNC
Ed allora come difendersi? Agiremo su due piani: quello “politico” della richiesta al legislatore di inserire norme come quelle emanate per le imprese che aiutino i consumatori a preservare quel poco di liquidità che rimarrà nei mesi a venire. E su questo, come detto l’Unione Nazionale Consumatori sta dando battaglia!
De jure condito, cioè alla luce delle norme esistenti, invece, la soluzione che ci rimane è questa: 1) fare affidamento sulle clausole generali della buona fede e correttezza nell’esecuzione dei contratti, che nel caso di specie dovrebbero agire proprio nel senso di imporre alle finanziarie di rinegoziare le clausole del prestito al consumo; 2) confortare questa lettura delle clausole generali attraverso un richiamo al sistema più complessivo, come questo risulta a seguito del Decreto Cura Italia, ove appunto norme in tal senso sono poste a vantaggio delle PMI.
Insomma, nel concreto, la prima cosa da fare è quella di richiedere (per iscritto) alla propria finanziaria di rimodulare il prestito alla luce delle circostanze concrete di difficoltà economica che il singolo sta sopportando. Come organizzazione dei consumatori riteniamo che eticamente sia doveroso che le finanziarie rispondano in modo positivo a queste richieste (alcune, poche purtroppo lo stanno facendo). Con ciò, non si creda che da parte nostra si ignori che le stesse aziende finanziarie devono salvare i bilanci (e ci diranno che devono farlo nell’interesse dei loro lavoratori), ma tutte le analisi pre-crisi raccontavano di un calo delle sofferenze e di rendiconti molto floridi. Adesso che è venuto il momento di fare qualcosa per il Paese, l’ABI dov’è?
Le case automobilistiche negli Usa
Altrove le aziende si stanno muovendo: pensiamo alle rate per l’acquisto dell’auto. Come si spiega in questo articolo, negli Stati Uniti il problema è stato preso in esame direttamente da molte Case automobilistiche: Ford, ad esempio ha concesso ai clienti di sospendere o rinegoziare il proprio piano di finanziamento o di leasing; il gruppo Fiat Chrysler ha aperto un apposito canale di consulenza cui possono rivolgersi le persone per discutere eventuali agevolazioni e analogamente hanno fatto Bmw, General Motors, Hyundai e Mazda che hanno esortato i clienti a contattare i rispettivi servizi finanziari, oltre a garantire in alcuni casi l’estensione dei programmi di garanzia e assistenza senza costi aggiuntivi.
Ancora: Honda, Maserati, Porsche, Mitsubishi, Nissan e Toyota hanno dilazionato fino a 120 giorni le scadenze per le rate, prorogando eventuali leasing.
Senza dire che c’è persino chi permette di annullare l’ordine con la restituzione di eventuali acconti, oltre alla facoltà di rivedere eventuali piani di pagamenti per le vetture in fase di consegna, posticipando anche fino a metà del prossimo anno il versamento della prima rata.
Da noi, invece, tutti quei messaggi rassicuranti degli spot sul credito al consumo, sembrano essere svaniti! Perché non siano parole al vento, in attesa dell’istituzione di un Fondo ad hoc (o di qualunque altro intervento che prevederà il Governo), bisogna cominciare aa andare incontro alle famiglie! Ai nostri sportelli leggiamo le risposte di diniego che alcune finanziarie stanno dando ai consumatori: vi assicuro, fanno venire i brividi (“non siamo autorizzati, purtroppo il Governo non ha adottato alcun provvedimento per i finanziamenti privati, bla bla bla”). A breve cominceremo a renderle pubbliche e ci sarà da divertirsi!
Perché, nel caso lo aveste dimenticato (e mi rivolgo agli operatori del credito, banche e società finanziarie), chi ha stipulato un prestito è un vostro cliente e in questa emergenza andrebbe trattato diversamente!