Francia, Italia e Spagna in pressing sulla Commissione Europea per obbligare le Big Tech come Amazon e Google a sovvenzionare la realizzazione delle nuove reti ultrabroadband in Europa. Ma altri paesi, guidati dalla Germania, si sono espressi in maniera diametralmente opposta.
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Tassare on tassare le Big Tech?
Tassare o non tassare le Big Tech per contribuire al rollout delle reti ultraveloci in Europa? Questo il dilemma della Commissione Ue che dallo scorso mese di maggio sta valutando dietro le quinte l’opportunità o meno di introdurre un qualche tipo di pedaggio per costringere le Big Tech a dare un obolo per la realizzazione delle costosissime autostrade digital i di nuova generazione che tra l’altro trasportano perlopiù contenuti generati dalle Big Tech medesime.
Un recente report realizzato dall’Etno ha rilevato che i sei maggiori fornitori di contenuti digitali rappresentano da soli il 55% del traffico internet in Europa, suggerendo di richiedere un contributo annuo di 20 miliardi di euro da parte di questi big player per dare una vera e propria scossa economica quantificata in 72 miliardi di euro alla Ue.
Francia, Italia e Spagna favorevoli alla tassa
Una proposta che, secondo la Reuters, sarebbe gradita ai governi di Francia, Italia e Spagna che hanno inviato una lettera alla Commissione Ue per suffragare e sostenere l’introduzione di una qualche forma di tassa o contributo da parte delle Big Tech, sottolineando il grosso peso che rappresentano in termini di traffico sulla capacità di banda dei network del Vecchio Continente.
“Questo genera costi specifici per gli operatori di telecomunicazioni europei in termini di capacità, in un momento che stanno già investendo enormemente nelle parti più costose delle reti con 5G e Fiber-To-The-Home”, si legge nel documento, visto da Reuters. “Chiediamo una proposta legislativa […] che assicuri che tutti gli attori del mercato contribuiscano ai costi delle infrastrutture digitali”.
Non sorprende che una proposta del genere sia attrattiva per i governi europei, anche se non per tutti. Da tempo gli operatori Tlc lamentano i costi salatissimi per realizzare le nuove reti in fibra e 5G, soprattutto nei mercati più grandi e competitivi, dove i margini sono ridotti all’osso.
Di conseguenza, le società di telecomunicazioni europee hanno adottato misure drastiche per ridurre il proprio debito e aumentare il flusso di cassa per queste implementazioni, dallo scorporo delle loro unità mobili tower, come Orange e Vodafone, all’implementazione di misure di riduzione dei costi, come Telefonica e TIM.
In definitiva, se i governi nazionali vogliono che i loro ambiziosi obiettivi di implementazione della fibra e del 5G per il prossimo decennio siano raggiunti in tempo, il contributo delle Big Tech sarebbe certamente gradito un po’ da tutti.
Germania, Irlanda, Scandinavia Olanda contro la tassa
Tuttavia, non tutti i paesi europei sono stati così veloci nel sostenere la richiesta degli operatori di un prelievo Big Tech. Il mese scorso, Germania, Irlanda, Svezia, Danimarca, Estonia, Finlandia e Paesi Bassi hanno scritto una propria lettera congiunta alla Commissione europea, invitando o l’autorità di regolamentazione a prendersi il proprio tempo prima di attuare qualsiasi regime fiscale mirato.
Nella lettera, i paesi hanno invitato la Commissione a partecipare a un “dibattito aperto e trasparente” prima di prendere una decisione formale, oltre a suggerire di attendere ulteriori analisi da parte dell’organismo di regolamentazione europeo congiunto, il BEREC.
Tassare le Big Tech? Uno schiaffo alla net neutrality
Questi paesi non sono i soli a dubitare delle implicazioni che una tale tassa potrebbe avere sulle dinamiche del settore delle telecomunicazioni. Vari gruppi per i diritti digitali e organizzazioni non governative (ONG) hanno evidenziato il potenziale pantano legale che una tale tassa rappresenterebbe per quanto riguarda l’incompatibilità con le leggi europee sulla neutralità della rete.
“La legge sulla neutralità della rete dell’UE consente agli europei di utilizzare la larghezza di banda che acquistano dai loro ISP come vogliono, sia per Netflix, YouTube, Facebook o per un piccolo sito o servizio locale”, ha affermato un gruppo di ONG in una lettera alla Commissione Europea. “Pertanto, le società di telecomunicazioni europee sono già compensate dai propri clienti di servizi Internet per il trasporto di questi dati sulle loro reti di accesso; vogliono semplicemente essere pagati due volte per lo stesso servizio”.
Per ora, non vi è alcuna indicazione chiara su quando una decisione verrà presa dalle autorità di regolamentazione europee, sebbene sia stato suggerito che le imminenti modifiche al Connectivity Infrastructure Act potrebbero fornire la possibilità di introdurre la nuova tassa.