Il nervosismo sale in vista del dibattito sul ‘fair share’ dei costi delle reti Tlc, altrimenti detta ‘telco tax’. L’idea di far contribuire le Big Tech ai costi di realizzazione delle nuove reti Tlc, fibra e 5G, è vecchia di 10 anni. I network delle telco sono soltanto l’ultimo miglio delle infrastrutture di rete, il restante 99% è nostro. E per questo l’ipotesi allo studio della Commissione Ue, che ha appena lanciato una consultazione pubblica per arrivare ad una proposta condivisa a breve, è vista come fumo negli occhi da Google, Facebook, Netflix, Amazon & Co che non ci stanno a passare per ingrati, sfruttatori a ufo dei network europei. Tanto più che la gran parte dei cavi sottomarini che veicolano il grosso del traffico li hanno realizzati loro. Tra l’altro, questa ipotesi dell”equo compenso’ per le reti in fibra e 5G andrebbe, a loro dire, contro il principio della net neutrality e peserebbe alla fine della fiera sui consumatori, creando un regime di Internet a due velocità. In sintesi, Big Tech e telco fanno due mestieri diversi: secondo le Big Tech, gli operatori Tlc costruiscono soltanto l’ultimo miglio delle reti e non hanno diritto di pretendere una tassa da chi già spende eccome per le infrastrutture e l’ecosistema di Internet.
La posizione delle Big Tech
La tesi delle Big Tech, che verrà rilanciata in occasione del Mobile World Congress di Barcellona, è chiara e sintetizzabile in pochi e chiari principi dal loro punto di vista.
In primo luogo, i content provider, che creano e gestiscono la gran parte delle applicazioni più popolari della rete, collaborano a stretto giro con le telco in diversi ambiti: dal 5G al cloud, passando per diversi accordi di scambio di contenuti di mutua utilità.
I servizi trainano la domanda di servizi di connettività e di rete, riempiendo così do contenuti le reti che altrimenti resterebbero vuote.
Sono poi gli utenti a trainare la domanda di traffico Internet.
I content providers investono ingenti somme nello sviluppo delle applicazioni, delle piattaforme e dei servizi senza i quali le reti sarebbero come autostrade vuote.
Le telco utilizzano queste applicazioni gratuitamente a loro vantaggio.
Secondo stime, i content and application provider hanno investito la cifra di 882 miliardi di dollari nel decennio 2011-2021 in nuove infrastrutture di rete.
Il costo delle reti Tlc non ha nulla a che vedere con il traffico Internet.
Diversi organismi che rappresentano le telco sono contrari all’introduzione di una ‘telco tax’, fra questi il BEREC, l’organismo che raccoglie tutti i regolatori Ue, e il BEUC.
Anche i piccoli provider, gli Mvno, sono contrari perché si rischierebbe di minare la concorrenza fra le telco.
Infine, le telco fanno un lavoro diverso dai content provider: le prima realizzano l’ultimo miglio delle reti, mentre i content provider realizzano in grandi cavi sottomarini, le piattaforme e le applicazioni più popolari del web. Senza le quali le reti resterebbero vuote.
Certo, è ancora presto per sapere quale sarà la proposta finale della Commissione Ue sul fair share. La consultazione è stata appena avviata. Però il dibattito è al clou e le Big Tech non restano con le mani in mano.
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