La “Legge annuale per il mercato e la concorrenza” rappresenta l’unica possibilità di aiutare concretamente le famiglie senza oneri aggiuntivi da parte dello Stato, senza gravare sui conti pubblici, senza incidere sulla pressione fiscale: è sufficiente decidere “di stare dalla parte dei consumatori”, invece che dalla parte di chi approfitta di rendite di posizione sul mercato.
La mano invisibile di Adam Smith funziona in concorrenza perfetta, non in Italia dove ci sono imprese oligopoliste, gli ex monopolisti sono price makers, il mercato è poco trasparente, abbondano pubblicità ingannevoli, le attivazioni di servizi non richiesti, accordi collusivi, false offerte promozionali, pratiche commerciali scorrette ed aggressive, contratti con clausole vessatorie.
In Italia occorre che il legislatore tuteli la parte più debole, creando le condizioni di una effettiva concorrenza che, lo ricordiamo, si realizza con un numero elevato di imprese, perfetta informazione e perfetta mobilità dei fattori.
E il primo fattore a dover essere mobile, è il consumatore, che, informato di tutti i prezzi, deve poter abbandonare chi vende ad un prezzo maggiore e premiare l’impresa più efficiente, passando da un venditore all’altro senza alcun onere e costo.
In passato, solo in casi eccezionali e sporadici, come con i mutui (portabilità e cancellazione delle penali per l’estinzione anticipata) e con la fine del rinnovo tacito dell’Rc auto, il legislatore ha aumentato la mobilità del consumatore, creando reali vantaggi per le tasche delle famiglie.
Per il resto si è privatizzato senza liberalizzare, trasformando monopolisti pubblici in oligopolisti privati. Le presunte liberalizzazioni sono state un autentico fallimento e tutte le tariffe che dovevano ridursi di prezzo, grazie al processo di apertura alla concorrenza, invece di diminuire sono aumentate da 1,5 a 4 volte rispetto all’inflazione.
Oggi in Italia abbiamo il triste primato di avere le banche, le assicurazioni, l’energia, il gas e la benzina tra le più care d’Europa. Vuoi per le troppe tasse, vuoi per le mancate liberalizzazioni. Tutte “spese obbligate” che contribuiscono alla difficoltà economica delle famiglie e riducono la competitività delle nostre imprese rispetto alle altre (visto che non c’è azienda che non abbia un’assicurazione, un conto corrente, non debba ricorrere a un prestito).
Lo spread che andrebbe ridotto è quello che ha un’azienda italiana rispetto ad una tedesca quando accede ad un finanziamento, si assicura per i danni, paga una bolletta dell’energia o del telefono. In termini differenziale questo spread, specie per le piccole aziende con pochi addetti tipiche dell’Italia, incide maggiormente rispetto a quello del costo del lavoro.
E’ questo l’obiettivo che il ddl in esame dovrebbe perseguire: aumentare il numero delle imprese in campo, rafforzare la trasparenza e l’informazione, consentire al consumatore di cambiare operatore, sanzionare gli abusi con sanzioni superiori all’illecito guadagno, rafforzare i poteri delle Authority, modificare la normativa sulla class-action per renderla praticabile.
Ma di questo, spiace costatarlo, si trova scarsissima traccia nel “DDL concorrenza”. Secondo le nostre stime gli svantaggi per i consumatori conseguenti all’eventuale entrata in vigore del testo licenziato dalla Camera dei Deputati sono addirittura superiori ai vantaggi. L’effetto negativo dell’eliminazione del mercato di maggior tutela nell’energia è sufficiente, da solo, per compensare le flebili cose positive contenute nel provvedimento.
Che cosa si potrebbe fare per migliorare il DDL CONCORRENZA?
Scarica il pdf per leggere le proposte dell’UNC, suddivise in due parti: nella prima le modifiche che suggeriamo per rimuovere le criticità rilevate nel testo attuale, nella seconda i capi che proponiamo di aggiungere.