Biglietti già esauriti sul sito del rivenditore ufficiale allo scoccare della vendita online, ma allo stesso tempo disponibili a prezzi molto elevati sui siti di “secondary ticketing”. Un problema che, in Italia e non solo, sembra non trovare una soluzione come testimoniano le continue segnalazioni dei consumatori ai nostri sportelli. Un mercato parallelo che in assenza di precise legislazioni in materia non fa altro che crescere generando guadagni spropositati a danno degli utenti. Un biglietto di un concerto può, infatti, raggiungere il doppio del prezzo sul mercato “secondario” a danno dei fan più sfegatati disposti a tutto pur di vedere dal vivo il proprio idolo.
Biglietti al doppio del prezzo
Il 7 ottobre doveva essere il grande giorno della messa in vendita dei biglietti per il concerto dei Coldplay a San Siro, in programma il 3 luglio, ma dopo la cosiddetta “pre-sale” riservata ai possessori di American Express e agli iscritti al portale di Live Nation Italia, organizzatore dello show, la vendita libera sul sito di TicketOne si è dimostrata ancora una volta una beffa per i tantissimi fan della band inglese che si sono visti sparire davanti agli occhi tutti i biglietti in pochissimi minuti.
Qualche mese fa fu il clamoroso caso del concerto Bruce Springsteen, con oltre 40 mila tagliandi venduti nel giro di 1 minuto e poi stessa storia per il concerto dei Red Hot Chili Peppers che ha visto migliaia di persone rimanere a mani vuote nonostante fossero da ore online per acquistare il prezioso tagliando.
I fari si riaccendono sul bagarinaggio 2.0 che nell’era digitale è reso possibile da software sofisticati in grado di acquistare velocemente migliaia di biglietti, lasciando i fan a bocca asciutta. L’Unione Nazionale Consumatori è in prima linea da tempo su questo tema e più volte ha chiesto all’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato di verificare eventuali pratiche scorrette a danno del consumatore, tanto che lo scorso maggio ha denunciato Ticketone alla stessa Autorità.
Leggi il comunicato stampa ANTITRUST: Unc chiede verifiche su TicketOne S.p.A. per l’acquisto di biglietti online
Mancanza di controlli informatici
Nel concreto, sembrerebbe che per acquistare online sulla piattaforma TicketOne non sia richiesta alcuna procedura di sicurezza (ad esempio la compilazione del codice di sicurezza Captcha, tipicamente utilizzato per verificare la natura del soggetto che sta operando dall’altra parte dello schermo). Questa mancanza di un software identificativo dell’utente da parte della società TicketOne S.p.A. potrebbe tradursi in una grave disparità di trattamento a danno del consumatore, permettendo a coloro che usano robot informatici di acquistare in brevissimo tempo grandi quantità di biglietti che poi vengono rivenduti a prezzi molto più alti.
Secondo le stime, questo mercato secondario aumenterà nei prossimi quattro anni del 20% e non riguarderà più solo il mondo dei concerti, ma investirà anche lo sport, in particolare il calcio.
Una battaglia impari
Purtroppo la questione è ancor più complicata da quando una sentenza della Corte di Cassazione del 2008 ha spiegato che “chi acquista e poi rivende a proprio rischio non compie alcuna attività di intermediazione, neppure atipica”, almeno finché non viene dimostrata la provenienza illecita del bene. Tuttavia a nostro avviso usare robot sofisticati per acquistare i biglietti è una pratica scorretta: basti pensare che ci vogliono tre minuti e cinquanta secondi per un utente non registrato per comprare un biglietto sul sito TicketOne (meno di due minuti se ha già un account) mentre bastano pochi secondi a chi utilizza software di ticket robot.
Un mercato in espansione
Un mercato che non si arresta proprio in mancanza di procedure certificate e che in Italia esiste dai tempi dei Beatles. Era il 1965 quando i prezzi dei tagliandi arrivarono a costare dalle 5.000 alle 7.000 lire -una cifra elevata per l’epoca- e ancora negli anni Settanta quando la “questione biglietti” divenne un fatto politico con slogan come “riprendiamoci la musica”.
Ma da allora nulla è cambiato, anzi la tecnologia ha reso questa pratica più facile e veloce. E’ giusto pretendere che gli operatori online facciano la loro parte per evitare questi abusi?
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