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Cosa vuole fare Ursula von der Leyen con l’open science cloud europeo?

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“Ogni 18 mesi raddoppia la quantità di dati che produciamo, sono dati industriali e commerciali, e l’85% dei quali non viene mai utilizzato”. Ha messo sul piatto questo problema dell’Europa Ursula von der Leyen quando a Davos, una settimana fa al World Economic Forum, ha detto che l’Unione europea sta realizzando l’Open Science Cloud europeo. Una mossa strategica per indicare un forte cambio nella governance dei dati da parte dell’Europa, che ora, finalmente, vuole riappropriarsi dei suoi dati B2B, vuole estrarne valore e non stare più a guardare la sfida sui big data tra Usa e Cina.

L’open science cloud europeo

“l’Ue creerà una cornice per permettere l’uso di questi dati. l’Open Science Cloud europeo consisterà in un pool attendibile di dati non personali a cui governi, aziende e altre parti interessate possono contribuire. Questo pool sarà una risorsa per l’innovazione aperta e introdurrà nuove soluzioni sul mercato. E i nostri scienziati stanno già iniziando a farlo”, ha spiegato la presidente della Commissione europea.

Dunque siamo assistendo alla nascita di un primo cloud pubblico europeo, con dati anonimi, accessibili anche ad imprese e a soggetti internazionali, ma nel rispetto di regole precise e condivise.

L’Open Science Cloud europeo “è uno spazio attendibile per i ricercatori per lo storage dei loro dati e per l’accesso ai dati dei ricercatori di tutte le altre discipline”, ha spiegato von der Leyen, che ha aggiunto: “Creeremo un pool di informazioni interconnesse, una ‘rete di dati di ricerca’. Ogni ricercatore sarà in grado di utilizzare al meglio non solo i propri dati, ma anche quelli degli altri. Arriveranno così a nuove intuizioni, nuove scoperte e nuove soluzioni”.

Una volta terminato l’Europea sarà la prima al mondo a realizzare un cloud di questa natura. “È stato sviluppato in Europa per l’Europa e per i ricercatori europei. L’idea è che una volta che avremo pronto le regole del gioco, lo apriremo al più ampio settore pubblico e anche alle imprese. In modo che le aziende possano entrare, archiviare i dati e utilizzarli. E l’idea è che si aprirà anche a giocatori internazionali”, ha annunciato Ursula von der Leyen.

Il progetto dell’Open Science Cloud europeo è nato prima della Commissione von der Leyen, ma la neopresidente ne dà subito un’accelerazione dei lavori perché l’infrastruttura rientra nella sua strategia di affermare la sovranità digitale nei settori tecnologici critici.

“La messa in comune di dati non personali sarà un pilastro importante della nostra nuova strategia di dati. L’altro pilastro è la protezione dei dati personali. Per noi, la protezione dell’identità digitale di una persona è la priorità assoluta. L’individuo è innanzitutto un cittadino, con diritti e controllo sulla propria vita. Che si tratti del mondo fisico o del mondo digitale, i diritti di questi cittadini devono essere protetti”, ha concluso la presidente della Commissione Ue il suo intervento a Davos.

Il Cloud europeo dei big data

In questo contesto si inserisce il cloud europeo dei big data annunciato da Thierry Breton, il commissario francese al Mercato Interno, alla Difesa, alla nuova direzione Industria e Spazio e alla promozione del Mercato Unico Digitale.
“Nelle prossime settimane presenteremo una comunicazione che tratteggi regole e direttive chiare per permettere all’Europa di gestire e sfruttare i big data, norme che le aziende extra Ue dovranno rispettare per accedere al mercato dell’Unione europea”, ha dichiarato Breton ed anche lui ha spiegato l’esigenza del cloud europeo sui dati B2B partendo da questi numeri impressionanti: “Il volume globale di dati che elaboriamo”, ha sottolineato, “è di 35 zettabyte, vale a dire 35.000 miliardi di miliardi di dati. E che questo volume raddoppia ogni 18 mesi e raggiungerà i 175 zettabyte nei prossimi cinque anni”.

Una miriade di dati. E una buona parte dei dati anonimi dei ricercatori a breve saranno valorizzati nell’Open Science Cloud europeo per giungere a nuove intuizioni, nuove scoperte e nuove soluzioni tecnologiche. Da suscitare l’invidia, perché no, di Cina e Stati Uniti.

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