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Cosa dice la sentenza del TAR di Napoli sull’impiego dell’Algoritmo informatico nell’attività della P.A

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Nella recente sentenza il TAR Napoli sez. VII, 14 novembre 2022, n. 7003 – declina ulteriormente in quale maniera l’impiego dell’Algoritmo possa ritenersi legittimo in rapporto al potere autoritativo della Pubblica Amministrazione.

Nella motivazione del provvedimento segnalato si dà atto che “l’ammissibilità ed i limiti del ricorso alla cd. decisione algoritmica costituisce una tematica che già da alcuni anni viene affrontata dalla giurisprudenza amministrativa, in ragione del sempre più frequente ricorso allo strumento algoritmico all’interno dei procedimenti amministrativi, soprattutto se caratterizzati da procedure seriali o standardizzate dove occorre gestire un numero notevole di istanze , per la cui elaborazione l’impiego dello strumento algoritmico consente una maggiore velocità, efficienza ed in astratto di maggiore imparzialità.

Applicato alla scelta amministrativa, invero, l’algoritmo porta sempre ad un risultato imparziale, senza che alcun elemento soggettivo possa intervenire a alterare o mutare il risultato. Un pregio è dunque costituito dall’invariabilità dell’esito: i “termini” dell’algoritmo, combinati nel modo assunto dallo stesso, portano sempre e invariabilmente allo stesso risultato.

In questo senso la decisione “imposta” dall’algoritmo appare essere una decisione spogliata da ogni margine di soggettività.

L’algoritmo, sin dalla nozione desunta dai papiri di Ahmes del XVII secolo a.c., consiste in una sequenza finita e ordinata di operazioni elementari e chiare di calcolo che permettono di risolvere, in maniera determinata, un problema. Si tratta di una procedura di calcolo ben definita che consente, attraverso un insieme di operazioni effettuate in un determinato ordine, partendo da un insieme di dati (input), di ottenere un risultato atteso (output): lo stesso, applicato ad una decisione amministrativa, in via informatica è in grado di valutare e graduare una moltitudine di domande (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, sent. 2270/2019). La prospettiva, dunque, non è solo quella della semplificazione, ma anche quella della buona amministrazione; alle tecnologie si guarda non solo in vista del miglioramento del processo decisionale, ma anche della qualità della decisione.

E’ emersa tuttavia una opposta esigenza che controbilancia le spinte semplificatorie ed acceleratorie, ovvero quella di assicurare un controllo umano del procedimento, in funzione di garanzia ( cd. human in the loop) , in modo che il funzionario possa in qualsiasi momento intervenire per compiere interlocuzioni con il privato, per verificare a monte l’esattezza dei dati da elaborare , mantenendo il costante controllo del procedimento.

Come ha avuto modo di precisare il Consiglio di Stato nelle pronunce dedicate alla questione (cfr. CdS sez. VI, n. 2270 /2019 e le sentt. 8472, 8473, 8474 del 2019), il ricorso alla funzione algoritmica all’interno del procedimento amministrativo non è vietato di per sé, neppure in relazione ai procedimenti caratterizzati da discrezionalità ,anche tecnica, a condizione che si rispettino determinati requisiti, derivanti sia dai principi di diritto interno che dalle norme del diritto europeo (cfr. Cons. Stato, sez.VI, sentt. 881/2020 e 1206/2021).

Il ricorso all’algoritmo, in funzione integrativa e servente della decisione umana, ovvero anche in funzione parzialmente decisionale nei procedimenti a basso tasso di discrezionalità, non può mai comportare un abbassamento del livello delle tutele garantite dalla legge sul procedimento amministrativo, ed in particolare di quelle sulla individuazione del responsabile del procedimento, sull’obbligo di motivazione, sulle garanzie partecipative, e sulla cd. non esclusività della decisione algoritmica.

Tra le indicate garanzie assume primaria importanza il rispetto del principio di trasparenza, che, com’è noto, trova un immediato corollario nell’obbligo di motivazione degli atti amministrativi ex art. 3 l. 241/90 e che non può essere soppresso né ridotto sol per la presenza di un algoritmo all’interno dell’iter procedimentale.

Invero, il fatto che il provvedimento venga emanato sulla scorta di una complessa operazione di calcolo produce l’opposto effetto di rafforzare, per certi versi, l’obbligo motivazionale in capo all’Amministrazione, la quale dovrà rendere la propria decisione finale non solo conoscibile, ma anche comprensibile.

Occorre spostare l’attenzione a monte , sulla costruzione dell’algoritmo; su come i parametri dell’algoritmo vengono scelti (operazione di per sé soggettiva), e come si combinano tra loro; e ancor prima su come i termini assunti quale parametro siano stati realizzati.

La questione dell’individuazione dei termini da assumersi per la costruzione dell’algoritmo indica il momento in cui si opera la scelta caratterizzata da discrezionalità, sì che a queste fasi preliminari alla nascita dell’algoritmo devono essere anticipate le garanzie che devono accompagnare ogni scelta dell’amministrazione.

Fondamentale è a tal fine la garanzia di trasparenza, volte ad assicurare la conoscibilità della costruzione dell’algoritmo, anche, eventualmente, in funzione del sindacato sull’atto adottato sulla base dello stesso: “la decisione amministrativa automatizzata impone al giudice di valutare in primo luogo la correttezza del processo informatico in tutte le sue componenti: dalla sua costruzione, all’inserimento dei dati, alla loro validità, alla loro gestione” (cfr. Cons. St., sez. VI, n. 2270/2019).

In caso di decisione fondata su algoritmo, si richiede pertanto che sia assicurata una “declinazione rafforzata del principio di trasparenza”, intesa come “piena conoscibilità della regola espressa in un linguaggio differente da quello giuridico” (Cons. St., sez. VI, n. 2270/2019).

Più in particolare, si è osservato come il principio di conoscibilità comporta che ognuno ha diritto, sia a conoscere l’esistenza di processi decisionali automatizzati che lo riguardino, sia a ricevere informazioni significative sulla logica utilizzata, così come previsto dagli artt. 13 e 14 del GDPR (Regolamento 2016/679) che risultano formulati in maniera generale e, perciò, applicabili sia a decisioni prese da soggetti privati che da soggetti pubblici (cfr. Cons. St. s. 8472/2019).

Inoltre, trattandosi di una decisione presa da una Pubblica Amministrazione, viene in rilievo anche l’art. 41 della Carta di Nizza, ed il diritto ad una “good administration”, laddove afferma che quando la Pubblica Amministrazione intende adottare una decisione che può avere effetti avversi su di una persona, essa ha l’obbligo di sentirla prima di agire, di consentirle l’accesso ai suoi archivi e documenti, nonché di “motivare le proprie decisioni”.

Tale conoscibilità dell’algoritmo deve essere garantita in tutti gli aspetti: dai suoi autori al procedimento usato per la sua elaborazione, al meccanismo di decisione, comprensivo delle priorità assegnate nella procedura valutativa e decisionale e dei dati selezionati come rilevanti.

E tuttavia, la “caratterizzazione multidisciplinare” dell’algoritmo comporta che la sua comprensione non richieda solo competenze giuridiche, ma anche tecniche, informatiche, statistiche, amministrative, sicché non esime dalla necessità che la “formula tecnica”, che di fatto rappresenta l’algoritmo, sia corredata da spiegazioni che la traducano nella “regola giuridica” ad essa sottesa e che la rendano leggibile e, quindi non solo “conoscibile”, ma anche “comprensibile” (cfr. Cons. St. s. 2270/2019).

Dalle coordinate ermeneutiche poste dalle prime pronunce del Consiglio di Stato, emerge come il rispetto del principio di trasparenza imponga un indefettibile obbligo motivazione a carico della pubblica amministrazione, che si declina nella conoscibilità e nella comprensibilità del meccanismo algoritmico utilizzato. E ciò al fine di consentire, da un lato, il pieno esercizio del diritto di difesa da parte del soggetto inciso dal provvedimento, ai sensi degli artt. 24 e 113 Cost., dall’altro, il pieno sindacato di legittimità da parte del giudice amministrativo.

Altro principio affermato in sede europea è quello di non esclusività della decisione algoritmica (art. 22 GDPR), il quale attribuisce al destinatario degli effetti giuridici di una decisione automatizzata il diritto a che tale decisione non sia basata unicamente sul processo automatizzato, affidando al funzionario responsabile il compito di controllare, e quindi validare o, al contrario, smentire la decisione automatica.

Ne deriva che, come sopra rilevato, la decisione adottata con ricorso all’algoritmo vede sempre la necessità che sia l’amministrazione a compiere un ruolo ex ante di selezione e verifica, anche per mezzo di costanti test, aggiornamenti e modalità di perfezionamento dell’algoritmo. Ma soprattutto, in tali casi si deve contemplare la possibilità che sia il giudice a “dover svolgere, per la prima volta sul piano ‘umano’, valutazioni e accertamenti fatti direttamente in via automatica”, con la conseguenza che la decisione robotizzata “impone al giudice di valutare la correttezza del processo automatizzato in tutte le sue componenti”. (Cons. Stato, Sez. VI, sent. 2270/2019).”

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