“Le legislazioni nazionali sono libere di equiparare gli apparati terminali delle comunicazioni alle stazioni radioelettriche, di prevedere un’autorizzazione generale o una licenza per l’utilizzo delle apparecchiature terminali di telefonia mobile terrestre, di equiparare l’autorizzazione o la licenza a un contratto di abbonamento e di prevedere il pagamento della correlativa tassa governativa in relazione a tutte queste ipotesi”.
Così la Corte di Giustizia Ue ha respinto il ricorso delle società italiane De Pra S.p.A. e SAIV S.p.A. finalizzato a ottenere il rimborso della tassa di concessione governativa versata per i contratti di abbonamento ai servizi di telefonia mobile.
Le 2 società, infatti, ritenevano che essendo l’abbonamento al servizio di telefonia un atto privatistico – a differenza della licenza e dell’autorizzazione, che sono atti amministrativi – non richiede alcun intervento, attività o controllo da parte dell’amministrazione pubblica.
Secondo le richiedenti, quindi, mentre una tassa di concessione governativa sarebbe giustificabile in relazione all’attività svolta dall’amministrazione per rilasciare la licenza o l’autorizzazione, la medesima tassa non sarebbe in alcun modo giustificabile in caso di abbonamento, allorché l’amministrazione è stata completamente “estromessa” dal rapporto tra l’utente e il gestore della rete di comunicazione.
Inoltre, sempre secondo le due società, il pagamento della tassa governativa discriminerebbe irragionevolmente l’utente della rete di telefonia mobile terrestre a seconda che egli vi acceda mediante abbonamento o mediante acquisto di tessera prepagata, poiché solo in quest’ultimo caso egli sarà esentato dalla tassa.
Gli argomenti testé delineati sono stati disattesi dall’Agenzia delle Entrate, che, in entrambe le procedure, ha negato il rimborso della tassa.
Le società De Pra e SAIV hanno quindi, separatamente, proposto ricorso davanti alla Commissione tributaria di Mestre-Venezia, da un lato invocando il principio di libera circolazione e messa in servizio delle apparecchiature di comunicazione sancito dalle fonti comunitarie (prima fra tutte la direttiva 1999/5), le quali non prevedono alcuna autorizzazione generale e/o licenza, dall’altro ribadendo che la tassa di concessione governativa per le apparecchiature telefoniche sarebbe priva di giustificazione nonché foriera di disparità di trattamento tra i sottoscrittori di un abbonamento – tenuti a pagare la tassa di concessione governativa – e gli acquirenti di una carta prepagata – esonerati dalla tassa.
Con sentenza odierna, la Corte ha stabilito inoltre che, alla luce della direttiva 1999/5 e delle altre direttive in materia di radiocomunicazioni, né la licenza, l’autorizzazione o il contratto di abbonamento né il pagamento di una tassa intralciano la libera circolazione delle apparecchiature terminali di telefonia mobile terrestre. La tassa di concessione governativa, poi, si giustifica con la stessa utilizzazione dei servizi di telefonia mobile. Inoltre, la direttiva 2002/22, che tende ad assicurare la disponibilità, in tutta l’Unione, di servizi di buona qualità accessibili al pubblico e quindi a un prezzo abbordabile, non vieta l’applicazione di misure di natura fiscale. Infine, quanto alla disparità di trattamento tra abbonati e acquirenti di carta prepagata, la Corte osserva che non vi è, nel diritto dell’Unione, un principio di parità di trattamento tra utilizzatori di apparati terminali di radiocomunicazione mobile terrestre a seconda che gli stessi accedano alla rete mediante contratto di abbonamento o mediante carta prepagata.