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Coronavirus, perché così pochi casi in Russia, Africa e India?

Da quando la pandemia di Coronavirus è iniziata a Wuhan, in Cina, nel dicembre 2019, il virus si è diffuso in oltre 160 paesi. In alcuni di essi si sono verificate gravi epidemie, tra cui Cina, Corea del Sud, Italia, Iran, Spagna e Francia, in altri, come Stati Uniti e Regno Unito, si registrano un numero di contagi in rapido aumento.

Eppure la maggior parte dei paesi del mondo ha segnalato pochissimi o nessun caso di COVID-19, nonostante le forti relazioni di viaggio, migrazione o commercio con la Cina. Ciò solleva la domanda: questi numeri bassi sono dovuti al fatto che il virus non si è ancora manifestato come in altri Paesi, a efficaci controlli alle frontiere o riflettono una mancanza di screening e segnalazione?

Coronavirus in Russia

La diffusione di una malattia infettiva dal suo Paese di origine è un processo complicato che coinvolge molti fattori, ma in sostanza è legato al movimento delle persone.

Esistono diversi parametri che possono essere utilizzati per stimare grossolanamente i movimenti: viaggi (in entrata e in uscita), migrazione, commercio e prossimità. Osservando il panorama, è sorprendente che in tutta la Russia siano stati segnalati solo 469 casi al 24 marzo. Dato che la Russia ha rapporti forti con la Cina, i suoi numeri molto bassi sollevano interrogativi, soprattutto perché altri paesi con relazioni relativamente strette come Giappone, Corea del Sud e Stati Uniti stanno vivendo una significativa trasmissione del virus a livello locale.

Pochi casi anche in India e in Africa

Nei 15 paesi che condividono i confini terrestri o marittimi con la Cina, sono stati segnalati poche centinaia di casi. Solo l’India ha segnalato 400 casi. Dato che molti di questi Paesi intrattengono importanti relazioni commerciali e di viaggio con la Cina, il basso livello di casi è sorprendente.

In particolare, stupiscono i dati africani in cui la diffusione del virus sembra essere molto blanda. Secondo i dati della WHO, i contagi in tutta l’Africa sarebbero 1016 e il paese con più casi – 297 – sarebbe l’Egitto. 

Comprendere il motivo per cui questi Paesi hanno pochi casi segnalati è importante per lo sforzo globale di contenere la diffusione della pandemia.

Quando si considerano i flussi, molti Paesi in questione hanno livelli bassi di scambio con la Cina, soprattutto dopo le restrizioni applicate durante l’epidemia che potrebbero aver ritardato l’arrivo di COVID-19 in molti paesi dell’Africa.

In questo scenario, il numero di casi probabilmente aumenterà in modo significativo nelle prossime settimane a causa dell’ampia trasmissione in corso in molti paesi europei che hanno scambi intensi con l’Africa.

È interessante vedere che la maggior parte dei contagi si trova a nord del tropico del cancro. Ciò potrebbe riflettere le intense relazioni con la Cina o potrebbe riflettere l’impatto climatico sulla trasmissione del COVID-19.

Approcci differenti

I bassi livelli di casi segnalati in molti Paesi possono essere dovuti anche ad altri fattori. Alcuni Paesi potrebbero non avere le risorse economiche per effettuare controlli su larga scala.

In altri casi, i bassi numeri potrebbero derivare da scelte strategiche. Si registrano infatti diversi approcci alla gestione dell’epidemia che influiscono in modo significativo sui numeri complessivi del contagio.

Alcuni Paesi hanno deciso di effettuare test a largo raggio, altri invece stanno attivamente perseguendo politiche in cui sono testati solo coloro con malattie gravi o che hanno visitato luoghi con una forte trasmissione locale. Ciò porterà a una drammatica sottostima del fenomeno, compromettendo la capacità di contenere la pandemia.

Infine, la ragione di un numero basso di contagi potrebbe dipendere anche da una mancata segnalazione, ad esempio per prevenire il blocco dell’economia derivante dall’adozione di misure di contenimento.

Questa considerazione potrebbe pesare molto su alcuni Paesi. In particolare, ci si riferisce alla Russia. Per Mosca, infatti, il mix tra gli effetti di misure restrittive, la guerra di prezzi con l’Arabia Saudita e il crollo del prezzo del petrolio potrebbe portare, sul piano interno, a conseguenze economiche devastanti.

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