Il decreto-legge per il potenziamento del Servizio sanitario nazionale in relazione all’emergenza COVID-19, del 9 marzo firmato dal Presidente della Repubblica, prevede nell’articolo 14 la deroga al GDPR per il trattamento e la comunicazione dei dati sanitari dei cittadini interessati dal Coronavirus da parte della Protezione civile, del Ministero della salute e dell’Istituto Superiore di Sanità, le strutture pubbliche e private che operano nell’ambito del Servizio sanitario nazionale e i soggetti deputati a monitorare e garantire l’esecuzione delle misure disposte per contenere il COVID-19.
L’interscambio dei dati sanitari in deroga al Regolamento Ue potrà avvenire fino alla fine dell’emergenza, non può andare oltre.
Non è possibile tracciare i cellulari di chi è in quarantena o isolamento
Il decreto-legge, inoltre, non dà il via libera della tracciabilità degli smartphone né della geolocalizzazione di alcune persone per monitorare eventualmente i cittadini in quarantena o risultati positivi al virus per i quali è imposto “il divieto assoluto” di uscire da casa, come previsto dal decreto del 9 marzo del presidente del Consiglio dei ministri. Eppure sul Fatto Quotidiano in edicola oggi, Luca Bolognini, presidente dell’Istituto Italiano per la privacy, dichiara: “Un ospedale o un sindaco di un Comune potrebbe decidere di far attivare ai cittadini un’app sul modello di quelle utilizzate in Cina per assicurarsi il rispetto della quarantena e dell’isolamento. E per tracciare così anche spostamenti ed attività”.
Poi Bolognini ha precisato: “L’installazione dell’app potrebbe avvenire se fosse prevista, in base all’art. 14 DL 14/2020 e all’art. 25 del Codice della Protezione Civile (D.Lgs. 1/2018), con ordinanza della protezione civile, per esempio. La norma emergenziale, derivante dai Decreti Legge per il contrasto al coronavirus, prevarrebbe a mio avviso sulla norma speciale di cui all’art. 132 del Codice Privacy.”
Stefano Aterno: “Obbligare ad istallare un’app è eccessivo ed inutile”
Sul tema abbiamo chiesto il giudizio di Stefano Aterno, avvocato, esperto di protezione dei dati personali e professore a contratto all’Università di Foggia.
Key4biz. Un soggetto indicato dal decreto-legge del premier può far installare app per geolocalizzare e tracciare cittadini in quarantena ed in isolamento?
Stefano Aterno. Obbligare ad istallare un’app è eccessivo ed inutile. È una misura attualmente sproporzionata perché le finalità emergenziali possono essere raggiunte in altri modi, come le liste dei passeggeri dei treni, aerei e navi, evitando rischi di controlli invasivi, non necessari ed eccedenti.
Key4biz. Quali altri vantaggi a prova di privacy delle liste dei viaggiatori?
Stefano Aterno. La lista viaggiatori dei trasporti consente il controllo della persona che ha preso il mezzo di trasporto mentre il tracciamento del cellulare, anche con l’app, permette solo l’individuazione dell’intestatario o del nome/email fornito con l’app. Ma non tutti i possessori di cellulari sono reali intestatari e gli enti locali o la Protezione civile non avrebbe possibilità di verificare con esattezza da remoto se io che scarico l’app sono realmente Stefano Aterno o Mario Rossi o l’utente reale dello smartphone.
Key4biz. Cosa non consente il decreto-legge del 9 marzo?
Stefano Aterno. Il decreto-legge del 9 marzo non consente il trattamento dei dati di traffico (celle telefoniche o georeferenziazione) dai privati ai soggetti del comma 1 perché per i tabulati c’è la norma speciale dell’art. 132 codice privacy che non può essere derogata dal comma 2 del decreto del 9 marzo in quanto essa è speciale e non derogabile da una norma generale che non richiama affatto l’art. 132, pertanto non può derogarvi.