Il gestore di un negozio, di un bar o di un albergo che offre gratuitamente al pubblico una connessione Wi-Fi è responsabile delle violazioni dei diritti d’autore commesse da un utente di tale rete?
La Corte di Giustizia Ue è chiamata a dirimere una controversia che riguarda questo spinoso argomento. Nelle sue odierne conclusioni, l’avvocato generale Maciej Szpunar, ritiene che non ci sia responsabilità da parte dell’operatore che offre questo servizio Wi-Fi.
Ma vediamo più in dettaglio gli aspetti di questa querelle.
Tobias Mc Fadden gestisce un negozio di attrezzature tecniche, luci e audio, vicino a Monaco di Baviera, in cui offre una rete Wi-Fi aperta al pubblico. Nel 2010 un’opera musicale di cui la Sony detiene i diritti è stata illecitamente offerta e scaricata mediante tale rete.
La controversia tra Mc Fadden e Sony è stata portata dinnanzi al tribunale regionale di Monaco I (Landgericht München) secondo il quale il gestore del negozio non ha violato direttamente i diritti d’autore ma potrebbe essere ritenuto indirettamente responsabile di questa violazione per via della mancata protezione della sua rete Wi-Fi.
Il Landgericht, avendo però dubbi sulla questione se la direttiva sul commercio elettronico osti a una responsabilità indiretta di tal genere, ha proposto una serie di questioni alla Corte.
La direttiva limita, infatti, la responsabilità dei prestatori intermediari per un’attività illecita iniziata da un terzo, allorché la loro prestazione consista nel “semplice trasporto” di informazioni.
Tale limitazione di responsabilità sussiste purché siano soddisfatte tre condizioni cumulative, vale a dire:
1) il prestatore non deve dare origine alla trasmissione,
2) non deve selezionare il destinatario della trasmissione,
3) non deve selezionare né modificare le informazioni trasmesse.
Il Landgericht München I ritiene che tali condizioni esaustive siano soddisfatte nel caso di specie, ma dubita che Mc Fadden sia effettivamente un prestatore ai sensi della direttiva.
Le conclusioni dell’avvocato generale
Nelle sue odierne conclusioni, l’avvocato generale Maciej Szpunar ritiene che tale limitazione di responsabilità si applichi anche a un soggetto, come il sig. Mc Fadden, che gestisce, in via accessoria rispetto alla sua attività economica principale, una rete Wi-Fi aperta gratuitamente al pubblico. A suo avviso, non è necessario che tale soggetto si presenti al pubblico in qualità di prestatore o, ancora, che promuova esplicitamente la propria attività nei confronti di potenziali clienti.
Sempre secondo l’avvocato generale, tale limitazione osta a che il prestatore intermediario sia condannato a pagare non solo il risarcimento danni, ma anche le spese di diffida e le spese sostenute in relazione alla violazione dei diritti d’autore commessa da un terzo.
L’avvocato generale precisa, cionondimeno, che, pur limitando in tal modo la responsabilità del prestatore di servizio di semplice trasporto, la direttiva non lo tutela contro un’ingiunzione giudiziale, il cui mancato rispetto è passibile del pagamento di una pena pecuniaria.
Adottando siffatta ingiunzione, il giudice nazionale è tuttavia tenuto ad assicurare 1) che le misure siano, in particolare, effettive, proporzionate e dissuasive, 2) che esse siano destinate a porre fine a una violazione specifica o a prevenirla e non implichino alcun obbligo generale in materia di sorveglianza e 3) che sia rispettato un giusto equilibrio tra i diritti fondamentali applicabili, vale a dire, da un lato, la libertà di espressione, d’informazione e d’impresa e, dall’altro, il diritto di proprietà intellettuale.
L’avvocato generale ritiene, peraltro, che la direttiva non osti, di regola, all’adozione di un’ingiunzione che lasci al destinatario la scelta delle misure concrete da adottare. Spetta, tuttavia, al giudice nazionale adito di una domanda d’ingiunzione verificare l’esistenza di misure adeguate conformi alle limitazioni derivanti dal diritto dell’Unione.
L’avvocato generale precisa, per contro, che la direttiva osta a qualsiasi ingiunzione nei confronti di un soggetto che gestisce, in via accessoria rispetto alla propria attività economica principale, una rete Wi-Fi aperta al pubblico, allorché, per conformarsi a essa, il destinatario dell’ingiunzione dovrebbe 1) disattivare la connessione Internet o 2) proteggerla con una password o 3) esaminare tutte le comunicazioni trasmesse mediante tale connessione al fine di verificare se l’opera di cui trattasi protetta dal diritto d’autore non sia di nuovo trasmessa illegalmente.
L’avvocato generale considera a tal riguardo che imporre l’obbligo di proteggere l’accesso alla rete Wi-Fi, in quanto metodo di tutela del diritto d’autore su Internet, non rispetterebbe il requisito di un giusto equilibrio tra, da un lato, la tutela del diritto di proprietà intellettuale, di cui beneficiano i titolari di diritti d’autore, e, dall’altro, quella della libertà d’impresa di cui beneficiano i prestatori dei servizi di cui trattasi.
Limitando l’accesso a comunicazioni lecite, tale misura implicherebbe, altresì, una limitazione della libertà di espressione e d’informazione. In modo più globale, l’eventuale generalizzazione dell’obbligo di proteggere le reti Wi-Fi, in quanto metodo di tutela del diritto d’autore su Internet, sarebbe tale da comportare uno svantaggio per la società nel suo insieme, che rischierebbe di superare il suo potenziale vantaggio per i titolari di tali diritti.