Al momento sono 154.610 le organizzazioni che hanno inviato a Google, per conto dei legittimi proprietari, la richiesta di rimuovere risultati di ricerca per rivendicazioni relative al copyright. Si tratta della cancellazione dai risultati del motore di ricerca di link diretti a siti pirata che offrono gratuitamente ed in maniera illecita contenuti multimediali protetti da diritto d’autore.
Il dato è emerso dall’ultimo Rapporto sulla trasparenza prodotto periodicamente da Google, in cui sono raccolte tutte le notifiche di presunte violazioni delle norme sul copyright e le relative richieste di rimozione dei link ai siti e le piattaforme sospettati di pirateria.
Al momento sono più di 4 miliardi le richieste di rimozione di link sospetti di pirateria, relative alle rivendicazioni di 168.587 detentori di diritti.
I domini unici di primo livello dai quali è chiesta la rimozione dell’URL sono 2.287.549. Molti di questi sono praticamente domini falsi, anche clamorosi, come quelli relativi alla Casa Bianca, all’FBI, alla Disney, a Netflix, al New York Times e altri ancora.
Google ha più volte dichiarato che il Rapporto è la prova del suo impegno contro la pirateria audiovisiva e digitale accessibile online e il 90% dei link di cui è richiesta la rimozione immediata finisce in una lista nera preventiva, pronti per la successiva eliminazione.
Numerose associazioni ed organizzazioni per la tutela e la difesa del copyright, però, segnalano che, nonostante gli sforzi di Mountain View, proprio l’enorme numero di richieste arrivato e notificato sta ad evidenziare l’inutilità e l’inefficacia delle misure prese: indipendentemente dal numero di link pirata che vengono rimossi, ce ne saranno il doppio online il giorno seguente.
“Ogni giorno dobbiamo inviare nuove comunicazioni per rimuovere gli stessi link ai contenuti illegali che abbiamo richiesto il giorno prima. È come ricominciare da capo ogni volta”, ha dichiarato il CEO di RIAA, Cary Sherman.
Ovviamente, da una parte ci sono i detentori dei diritti di proprietà intellettuale, che vorrebbero veder sparire tutti assieme i link ai siti pirata, una volta per tutte, ma dall’altra c’è il problema delle contro denunce per censura e repressione delle libertà di internet.
Come ha spiegato il motore di ricerca, in una recente nota sulle policy anti pirateria: “In caso di richiesta di rimozione di un link pirata proveniente da più parti, procediamo subito ad un riposizionamento basso dei link in questione nella pagina dei risultati, ma senza cancellazione totale. Questo perché la rimozione preventiva degli stessi potrebbe facilmente portare all’accusa di censura di materiale che potrebbe risultare legale caricare in rete”.
Inoltre, spiega sempre Google nel Report: “È nostra prassi rispondere a chiare e specifiche notifiche di presunta violazione del copyright. Dopo una verifica possiamo scoprire che uno o più URL specificati in una richiesta di rimozione per copyright non violano evidentemente nessun copyright. In questi casi, ci rifiutiamo di rimuovere l’URL dalla Ricerca. I motivi per i quali possiamo rifiutarci di rimuovere gli URL includono l’assenza di informazioni sufficienti sui motivi della presunta violazione, la mancata individuazione dei contenuti in presunta violazione segnalati nella richiesta e il riscontro del fair use”.
Uno strumento, il ridimensionamento della visibilità complessiva di un link pirata sulla pagina dei risultati di una ricerca, che quindi l’azienda considera molto più utile ed efficace per la tutela dei diritti d’autore, ma che in effetti non risolve il problema crescente della violazione del copyright, effettuata di continuo ed impunemente dai siti web pirata e non solo (le IPTV ultimamente rappresentano un altro grave danno all’industria audiovisiva e creativa nel suo insieme).