La proposta di decreto legislativo di recepimento della Direttiva europea sul copyright (Eu 2019/790) presentata dal Ministero della cultura, contiene aspetti di grande criticità che appaiono in contrasto ai principi della Direttiva stessa, disattendendo le linee guida pubblicate dalla Commissione europea, che mirano ad armonizzare a livello europeo le normative nazionali sul diritto d’autore, nell’ottica di realizzare il mercato unico digitale.
Né è condivisibile l’approccio a cui sembra ispirarsi il testo ministeriale, che non vede nell’adozione di soluzioni contrattuali equilibrate, frutto di liberi accordi fra le parti, la strada maestra per il rafforzamento del diritto d’autore senza pregiudicare l’innovazione. E’ questa in sintesi la posizione di Confindustria Digitale, Anitec-Assinform e Asstel espressa in occasione del ciclo di audizioni promosso dal Mic insieme al Dipartimento per l’editoria della Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Nel merito, con l’art.5 del decreto che recepisce l’art.15 della Direttiva riguardante la “Protezione delle pubblicazioni di carattere giornalistico in caso di utilizzo online” la proposta ministeriale introduce un obbligo a concludere un’intesa contrattuale fra service provider ed editori (anche in forma collettiva) per gli usi online delle pubblicazioni e in caso di mancato accordo, prevede l’intervento di AGCOM per stabilire quale delle offerte formulate sia la più equa oppure, se non reputa idonea alcuna offerta, determinare d’ufficio l’equo compenso.
Si rinnegano così non solo il testo della Direttiva che non impone nessun obbligo a contrarre come forma di tutela del nuovo diritto connesso, né introduce forme di equo compenso, ma soprattutto si disattende il principio costituzionale della libertà di iniziativa economica, da cui discende la libertà negoziale delle parti, alla base dell’economia di mercato.
Quanto al recepimento dell’art. 17, l’art. 2 del decreto conferma i problemi più volte espressi in merito, da un lato, alla traduzione italiana del concetto giuridico di best efforts contenuto nella Direttiva, dall’altro al mantenimento di un equilibrio tra prestatori di servizi e titolari di diritti. La traduzione di best effort ripresa dal decreto è quella di “massimi sforzi”. Ma su questo punto, tanto la Commissione quanto i ricorsi interpretativi svolti da altri stati membri hanno evidenziato come tale traduzione massimalista non sia coerente con quella originale e “innovativa” della Commissione. La traduzione corretta di best effort è “massimi sforzi possibili”, che significa chiedere alle piattaforme l’impegno a tutelare il diritto di autore attraverso un comportamento proporzionato, ragionevole e diligente.
Confindustria Digitale, Anitec-Assinform e Asstel sono ben consapevoli degli sforzi fatti dal Governo e ritengono che qualsiasi soluzione di compromesso non possa che ispirarsi al diritto europeo, ai principi costituzionali e alla tutela della libertà di impresa. Un intervento regolatorio che vada in altra direzione avrebbe l’effetto di disincentivare gli investimenti delle imprese, compromettere l’integrazione del mercato unico europeo e la costruzione di un’industria digitale europea che ora più che mai ha bisogno di certezze per affrontare le sfide che la transizione digitale pone.
L’auspicio è che a valle dell’audizione il testo venga riequilibrato anche attraverso l’applicazione delle indicazioni contenute nelle Linee Guida della Commissione Europea pubblicate lo scorso giugno.