La riforma Ue sul diritto d’autore, presentata il 14 settembre, continua a far discutere. In attesa che il Parlamento e il Consiglio diano il loro via libera, il confronto si fa sempre più acceso.
Due sono le misure portanti di questa riforma: la prima riguarda l’intenzione di Bruxelles di semplificare la gestione dei diritti di distribuzione per consentire ai produttori di programmi televisivi di trasmettere i loro contenuti in altri paesi europei su internet. L’obiettivo è di facilitare le concessioni delle licenze tra titolari dei diritti audiovisivi e piattaforme di video on-demand; la seconda è l’introduzione di un nuovo diritto connesso per gli editori, simile a quello che già esiste per i produttori cinematografici o discografici.
Si tratterebbe, in altre parole, di accordare agli editori il diritto di autorizzare la riproduzione dei loro contenuti, ma anche di farsi remunerare per questa concessione.
Nel mirino gli Over-The-Top – Google, Apple, Facebook, Amazon – che fagocitano l’informazione.
Gli autori, dalla loro, sono sulla difensiva. L’obiettivo della Ue di facilitare la distribuzione online dei contenuti audiovisivi protetti da diritto d’autore, abbandonando il principio di territorialità, non entusiasma i professionisti.
La loro posizione: ’28 film al prezzo di uno solo? Fuori questione!’.
Succederebbe, infatti, che un network, il quale ha ottenuto i diritti per il proprio paese, potrebbe esportare i propri programmi in tutta la Ue.
Sarebbe la fine dell’alert: “Questo contenuto non è disponibile nella vostra zona geografica”.
Oggi i diritti sono, infatti, negoziati paese per paese, titolare per titolare.
Creativity Works!, portavoce dell’industria culturale in Europa, ha prontamente replicato: “Riteniamo che certe misure possano danneggiare i consumatori, abbattendo i livelli di produzione e la diversità culturale”.
L’organizzazione riunisce, tra gli altri, la Federazione Internazionale dei Produttori Cinematografici, che ricorda l’importanza del principio di territorialità: “Questo scherzo costerà caro all’industria cinematografica europea e al suo pubblico”, ha dichiarato il numero uno Benoît Ginisty.
Da Bruxelles, il vicepresidente della Commissione Ue, Andrus Ansip, replica che è possibile abolire il geoblocking, continuando a tutelare il copyright.
Sottolinea che vuole poter seguire ovunque in Europa le partite della sua nazionale di calcio.
E insiste: “La mia prima promessa da vicepresidente era quella di permettere un accesso transfrontaliero ai contenuti online. L’Europa è ben posizionata sul mercato della creatività ma spesso rinchiusa all’interno dei confini nazionali”.
Per evitare di penalizzare gli autori e permettere loro di riscuotere i compensi in tutti i paesi in cui le loro opere sono disponibili, la Commissione permetterebbe anche di rivendicare i diritti sui contenuti messi online, in particolare gli articoli utilizzati da aggregatori di informazione come Google News o Facebook, che oltretutto riescono anche a ricavarci grossi introiti pubblicitari.
Jean-Claude Juncker ha dichiarato: “Voglio che giornalisti, editori e autori siano compensati in modo equo per il loro lavoro, poco importa se è stato realizzato in uno studio o in salotto, distribuito offline oppure online, pubblicato grazie a una fotocopiatrice o disponibile a un link”.
Il Presidente dell’associazione europea degli editori di quotidiani (ENPA), Carlo Perrone, ha definito la nuova misura come “necessaria e storica“.
Tuttavia, i vari tentativi di introdurre una Google Tax (Francia, Spagna e Germania) non hanno funzionato, ricorda l’associazione Quadrature du Net, che difende internet e le sue libertà: “Tutto questo si rivelerà un fallimento per la Commissione Ue con il rafforzamento dell’egemonia dei principali web player e l’indebolimento di siti di informazione”.