Prosegue davanti alla Corte di Giustizia Ue l’iter della causa (C-110/15) intentata da Nokia Italia contro il Ministero dei Beni Culturali, in materia di equo compenso per copia privata e diritto d’autore regolamentati dal decreto Bondi.
Oltre a Nokia Italia sono coinvolti Hewlett-Packard Italia, Telecom Italia, Samsung Electronics Italia, Dell, Fastweb, Sony Mobile Communications e Wind.
Secondo l’Avvocato Generale Nils Wahl, le cui conclusioni non sono vincolanti per la sentenza finale ma di solito vengono seguite, i produttori che hanno fatto ricorso contro il decreto Bondi in questione hanno ragione. Il dispositivo, adottato nel 2009, risulta incompatibile con la legislazione Ue.
La causa è arrivata davanti ai giudici Ue dopo i vari passaggi di rito. Tutto è cominciato nel 2012 dopo varie sentenze emesse dal Tar Lazio che ha respinto i ricorsi proposti da Nokia Italia e dalle altre società, contro MiBACT, Siae, Anica, Apt e altri soggetti, per l’annullamento del decreto Bondi e del connesso Allegato Tecnico, contenenti la determinazione dell’equo compenso per copia privata quale indennizzo forfettario in favore di un’opera intellettuale per il pregiudizio derivante dalla riproduzione a fini privati dell’opera stessa da parte di terzi. Infatti, poiché agli autori è riconosciuto un equo compenso per la riproduzione “su qualsiasi supporto” di opere e materiali protetti, è giocoforza che il diritto all’equo compenso per copia privata debba essere riconosciuto in relazione a qualsiasi apparecchio e supporto che consenta ai privati la registrazione di fonogrammi e di videogrammi.
Il Consiglio di Stato, davanti al quale è stata proposta impugnazione contro le menzionate sentenze, ha rigettato le censure mosse da produttori, importatori, distributori e utilizzatori di apparecchi con funzioni di registrazione in relazione agli apparecchi anche solo parzialmente destinati alla copia privata, sollevando tuttavia alcune questioni pregiudiziali allorché i dispositivi siano destinati ad uso non privato ma esclusivamente professionale.
Ecco quindi la necessità del passaggio in Corte di Giustizia Ue.
Per l’Avvocato Generale Nils Wahl, è “del tutto illogica” la sottoposizione al sistema dell’equo compenso anche in ambito di fornitura a professionisti o a persone giuridiche, il cui scopo di acquisto dei macchinari non è certamente la “copia privata“, a cui dovrebbe anzi “applicarsi un’esenzione automatica e a priori“. Risulta quindi “ancora più contraddittorio” che la scelta dell’applicazione delle esenzioni sia frutto di una “negoziazione sostanzialmente privatistica in mano alla Siae“, in quanto “condurrà verosimilmente a trattamenti diseguali” di produttori, importatori o distributori. Il rimborso ex post può costituire, in astratto, un’alternativa all’esenzione ex ante, e questo potrebbe essere previsto a favore delle imprese oppure dell’utente finale. Le regole per ottenere il rimborso, però, devono essere chiaramente indicate dalla legge, e non lasciate alla libera valutazione della Siae.
L’ultima parola spetta adesso alla Corte di Giustizia Ue che dovrà stabilire se le norme italiane sono realmente in contraddizione con quando disposto dall’Unione europea.