La rubrica “Digital & Law” è curata da D&L Net e offre una lettura delle materie dell’innovazione digitale da una prospettiva che sia in grado di offrire piena padronanza degli strumenti e dei diritti digitali, anche ai non addetti ai lavori. Per consultare tutti gli articoli clicca qui.
Il sindacato moderno dovrà avere il logo “PRIVACY”?
Nel corso degli anni abbiamo assistito ad un’evoluzione del concetto dei diritti: sempre più il contenuto ha dovuto prendere la forma del contenitore e questo contenitore “vita” è divenuto sempre più vario.
Il risultato – nel contesto giuslavoristico – è stato quello per cui i diritti contenuti nello statuto dei lavoratori, e nella specie l’art. 4 Stat. Lav. (L 300/1970) in materia di controlli a distanza, appaiono in parte oggi obsoleti e si sta cercando nel tempo di rimodernarli e adeguarli alle circostanze del presente.
Nel tema dei controlli a distanza, ad esempio, dopo differenti interventi normativi che hanno cambiato l’assetto della norma dello Statuto, nel 2015 e nel 2016 (d.lgs. 151/2015 e d.lgs. 185/2016), pare ci si stia attestando su una maggiore consapevolezza e rispetto della privacy nella raccolta e rilevazione dei dati sul lavoro derivanti dal controllo degli apparecchi informatici (che siano telecamere, dispositivi di posizione o smart phone).
Infatti, il controllo del lavoratore tramite strumenti digitali, anche involontariamente a volte a causa del massivo utilizzo di tecnologia, sta diventando da eccezione a regola, all’interno dei contesti lavorativi, anche più piccoli. La gestione dei dati e delle scelte tramite algoritmi e intelligenze artificiali trova strada e spazio per una ottimizzazione di tempo e di risorse, ma per essere veramente una risorsa i dati vanno ben gestiti e trattati.
In particolare, nel controllo a distanza è importante che il moderno sindacato si occupi di “contrattazione degli algoritmi” ovvero pretenda che tutti i dati dei lavoratori, e in particolar modo quelli più sensibili, vengano preventivamente sottoposti a consenso informato e che il lavoratore – nell’attuale background digitale – sia coscienteche quello che sta scrivendo con lo smart phone aziendale possa essere sottoposto a lettura anche del suo capo o che il titolare dell’azienda, con un semplice monitoraggio del software, sappia che giro abbia fatto il suo dipendente autista e se si sia fermato una o due ore in pausa pranzo o in altri luoghi o che durante l’orario di lavoro effettui degli acquisti tramite shopping on line con il pc aziendale, magari anche in smart working.
Ci vuole correttezza da parte del lavoratore? Certo! Prima di tutto questo ci si auspica essere presente in un rapporto di lavoro, ma vi sono dati – soprattutto quelli intimi e interni ad una corrispondenza privata tracciata in un terminale aziendale – che non è giustificato violare al solo fine dell’indagine a tappeto o verifica ex ante di una qualche violazione disciplinare!
La legittimità del controllo a distanza del lavoratore
Nelle recenti pronunce giurisprudenziali, e in particolare nelle ultime Cassazioni del 2021 e nella sentenza del Tribunale di Genova del 14.12.2021, in primo grado ma esplicativa di tutto un percorso giurisprudenziale degli ultimi 5 anni, si chiarisce proprio che perché un dato possa essere utilizzato, anche ai fini processuali, e perché quindi il controllo del lavoratore si possa dire legittimo, occorre che le informazioni raccolte in esito ad esso siano coperte da un pieno rispetto dei diritti della privacy, così come alla eventuale contrattazione sindacale per quel che attiene gli strumenti di cui all’art. 4 Stat. Lav. comma 1.
I controlli a distanza potranno essere disposti, allora, sia per ragioni di controllo ordinario e di tutela del patrimonio aziendale, o anche come strumento difensivo generale o in senso stretto (che si realizzano rispettivamente, a seconda che il dato venga raccolto ex ante il sospetto di illecito o ex post il sospetto del comportamento del lavoratore, e in quest’ultimo caso non si ricadrà nel campo della norma dello “strumento di controllo” ex art. 4 stat.lav.).
In conclusione, si ritiene che, indipendentemente che si rientri oppure no nell’ambito di applicazione dell’art. 4 Stat. Lav. occorrerà sempre rispettare la privacy: se non ce lo dice l’art. 4 c. 3 Stat. Lav. ce lo dice l’art. 8 CEDU nel momento in cui parla di “bilanciamento della dignità” dei diritti e di diritto alla privacy nella vita privata intesa anche come “vita lavorativa”.
Les jeux sont fait, quindi!
La più moderna contrattazione sul lavoro tende al rispetto della dignità umana e professionale del lavoratore!