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Contraffazione e pirateria, ecco la ‘Watch List’ dell’UE

Sulla scia di quanto fatto negli Stati Uniti, anche l’Unione europea si è dotata di una lista di monitoraggio dei siti e degli strumenti pirata per reprimere l’operato online dei gruppi criminali. Grazie a questo primo Report operativo prodotto dalla Commissione europea, “Counterfeit and piracy watch list, istituzioni, forze dell’ordine e operatori di rete potranno contribuire, a loro modo, alla lotta contro la contraffazione e la pirateria.

Al suo interno sono descritti non solo gli strumenti criminali utilizzati, ma anche i mercati di riferimento, con una stima dei danni e del volume delle attività pirata più rilevanti.

Seguendo, come detto, l’esempio dell’Office of the US Trade Representative (USTR), la Commissione produrrà relazioni annuali utili alle Istituzioni e agli operatori di rete per predisporre azioni sia contro i gruppi criminali, sia contro quei Governi che li proteggono o li assecondano.

Una lista che racchiuderà i mercati più critici, con particolare attenzione a quanto accade online, al fine di incoraggiare le parti interessate e le autorità locali ad intraprendere azioni necessarie per contrastare le azioni condotte a danno dei diritti di proprietà intellettuale”, è riportato nel testo.

Ad esempio, per quanto riguarda il capitolo “Cyberlockers”, è stato inserito in lista Rapidgator, piattaforma ospitata in Svizzera (una soluzione perfetta per agire all’interno dell’Unione ma nello stesso tempo al di fuori delle sue regole), ma presumibilmente gestita da operatori russi, accusata di ospitare illegalmente una vasta gamma di contenuti protetti da copyright e di promuovere e “premiare” il caricamento di tali contenuti in violazione dei diritti di proprietà intellettuale.

I visitatori di rapidgator.net, tra il 2017 ed il 2018, sono stati più di 635 milioni e il 34% delle visite proveniva dai territori UE”, si legge nel documento.

Stesso discorso per uploaded.net, anch’esso accusato di pagare gli utenti che caricavano i contenuti piratati. Nello specifico, tribunali italiani, tedeschi e indiani hanno da tempo emesso un’ordinanza di blocco del sito in questione.

Sempre nella stessa categoria, va segnalato che Openload ha addirittura registrato più traffico, ovviamente illecito, che piattaforme legali e popolari come Hulu e HBO.

Altra categoria particolarmente dannosa per l’industria culturale nel suo complesso, dall’audiovisivo alla musica, è quella denominata “Linking and referrer websites”, in cui rientrano tutti quei siti che aggregano, classificano ed indicizzano collegamenti a contenuti multimediali spesso pirata a loro volta archiviati su siti di web hosting anch’essi criminali.

Un esempio è il sito turco fullhdfilmizlesene.org, che offre illegalmente film pirata con un volume di visitatori che supera i 450 milioni l’anno. Addirittura, il russo seasonvar.ru supera le 1,1 miliardi di visite annue.

Ci sono poi i “Torrent sites”, come il celebre The Pirate Bay, che tra aprile 2017 e marzo 2018 ancora registrava picchi di visite superiori ai 3 miliardi, oppure il bosniaco Rarbg, che nello stesso periodo ha messo insieme 1,3 miliardi di visite.

La cosa interessante e allo stesso tempo inquietante è che oltre all’offerta di contenuti pirata, tramite questi siti è facilissimo rimanere vittima di attacchi informatici, portati a segno dai cyber criminali con l’obiettivo di entrare in possesso di codici bancari o postali del malcapitato utente, che poi si trovava all’improvviso il conto svuotato (ma la lista dei danni dovuti a cyber attacchi è molto lunga).

Il documento della Commissione continua poi con ulteriori esempi ed analisi di mercato rivolte all’attività pirata e di contraffazione portata avanti da numerosi gruppi criminali europei ed extra europei, con ulteriori tipologie di violazioni dei diritti di proprietà intellettuale, tra cui il classico “Peer-to-Peer” (P2P), il “Bit torrent”, i nuovi modelli di pagamento illecito (“Unlicensed pay per download sites”, veri e propri abbonamenti a piattaforme pirata), le “Piracy apps”, gli “Hosting providers”, l’“Ad-networking” e l’ecommerce pirata.

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