La rubrica CONSUMER FIRST ospita interventi di rappresentanti del mondo del consumerismo afferenti ad Euroconsumers, principale gruppo internazionale di Organizzazioni di consumatori che unisce Test-Aankoop/Test-Achats (Belgio), DECOProteste (Portogallo), OCU (Spagna), Proteste (Brasile) e Altroconsumo (Italia). La rubrica è curata da un Comitato Editoriale di Euroconsumers composto da Marco Pierani (Director Public Affairs and Media Relations), Els Bruggeman (Head of Policy and Enforcement), Luisa Crisigiovanni (Head of Fundraising Program & EU Projects Development) e Marco Scialdone (Head of Litigation & Academic Outreach). L’obiettivo è la presentazione di contenuti originali sui principali temi del mondo del consumerismo in ambito europeo e mondiale. Per leggere tutti gli articoli clicca qui.
Pubblichiamo oggi la prima uscita della nuova rubrica Consumer First, a cura di Marco Scialdone, avvocato e docente di diritto e gestione dei contenuti e dei servizi digitali presso l’Università Europea di Roma, dove è vicecoordinatore del Master di I livello in “Intelligenza Artificiale: diritto ed etica delle tecnologie emergenti”. Attualmente è head of litigation & academic outreach presso Euroconsumers, principale Gruppo internazionale di Organizzazioni di consumatori che unisce Test-Aankoop/Test-Achats (Belgio), Altroconsumo (Italia), DECOProteste (Portogallo), OCU (Spagna), Proteste (Brasile).
Qualche settimana fa, la Commissione Europea ha adottato una proposta di regolamento nota come Data Act. Si tratta di un pilastro fondamentale della strategia europea dei dati che si inserisce in quel pacchetto di misure che mirano a liberare il potenziale della data economy, garantendo al contempo un mercato equo e concorrenziale.
Sotto un profilo prettamente consumeristico, vorrei sottolineare l’importanza degli articoli che vanno dal 3 al 7: si tratta delle disposizioni che permetteranno all’utente finale di avere il pieno controllo dei dati generati dal dispositivo o dal prodotto che utilizza.
My data is Mine
È un punto chiave che, in qualche modo, rievoca l’iniziativa “My data is Mine” lanciata nel 2017 da Euroconsumers: in quell’occasione era stato sottolineato come il nuovo scenario offerto dalle tecnologie emergenti richiedesse un approccio totalmente diverso rispetto al passato.
C’era la convinzione che, per cogliere appieno le potenzialità offerte da Internet, fosse necessario superare la tradizionale lotta tra libertà d’impresa e diritti fondamentali del cittadino/consumatore.
Non c’è bisogno di dilungarsi sul fatto che i dati sono diventati oggi una risorsa essenziale per la crescita economica, la creazione di posti di lavoro e il progresso della società: tuttavia, lo sfruttamento di tali dati non deve prescindere dalla corretta tutela dei consumatori. Solo riportando consumatori e cittadini al centro della scena, la data economy può davvero prosperare ed evitare pericolose degenerazioni.
Economia dei dati responsabile
È necessario, allora, gettare le basi per lo sviluppo di un’economia dei dati più responsabile, sostenibile e rispettosa dei diritti dei consumatori attraverso un dialogo aperto che coinvolga le istituzioni e le imprese.
Il mercato dei dati non può essere visto come un mercato esclusivamente business to business (B2B), poiché i consumatori finali rappresentano quasi interamente una fonte di valore aggiunto.
My device is mine
Guardando al Data Act, si può dire che è giunto il momento di passare dall’approccio “my data is mine” a quello “my device is mine”.
È significativo, infatti, che l’art. 3, par. 1, della proposta di regolamento stabilisca una sorta di principio “my device is mine by design”, allorquando afferma che “i prodotti devono essere progettati e realizzati… in modo tale che i dati generati dal loro utilizzo, siano per impostazione predefinita, facilmente, in modo sicuro e, ove pertinente e opportuno, direttamente accessibili all’utente”
Inoltre, ai sensi dell’articolo 4, par. 1, ove i dati non siano direttamente accessibili all’utente del prodotto, il data holder deve mettere a disposizione dell’utente i dati così generati senza alcun ritardo ingiustificato, gratuitamente e, ove applicabile, in modo continuo e in tempo reale.
Eco del GDPR nel diritto di accesso come fondamentale
Ad avviso di chi scrive, è possibile sentire una chiara eco delle disposizioni del GDPR sul diritto di accesso come diritto fondamentale dell’interessato.
Lo stesso può dirsi circa l’articolo 5 sul “diritto alla condivisione dei dati con terzi” nel quale è possibile intravedere una correlazione con il diritto alla portabilità ex art. 20 del GDPR, almeno per quanto concerne la sua natura pro-competitiva.
Infatti, così come l’articolo 20 ha, tra le sue finalità, quella di facilitare il passaggio da un servizio all’altro, allo stesso modo la corrispondente disposizione del Data Act ha la finalità di rendere l’utente libero di utilizzare i dati per un qualsiasi scopo lecito, ivi compresa la possibilità di istruire il data holder circa la fornitura di tali dati a una terza parte che offra, per ipotesi, un servizio secondario in concorrenza con lo stesso data holder.
Stimolo alla concorrenza
Si tratta evidentemente di un modo per stimolare la concorrenza e sfruttare appieno il potenziale dei dati generati dagli utenti.
Per molto tempo (forse, troppo), ci siamo concentrati solo sui dati personali. È tempo di riconoscere che c’è un’enorme quantità di dati non personali e che c’è vita oltre il GDPR: quei dati sono generati dagli utenti, rappresentano un enorme valore economico ed è tempo che gli utenti lo reclamino.
Il Data Act va in quella direzione: i dati devono tornare ad essere un elemento di concorrenza, non di monopolio ed è bene creare un solido quadro giuridico che lo permetta, il prima possibile.