Regno Unito: previsioni ufficiali, con la Brexit il paese sara’ piu’ povero
29 nov 10:59 – (Agenzia Nova) – Stanno suscitando un putiferio di polemiche politiche le valutazioni ufficiali secondo cui la Brexit impoverira’ la Gran Bretagna: tutti i principali quotidiani del paese aprono le loro prime pagine di oggi giovedi’ 29 novembre con i dettagli delle due distinte previsioni economiche publicate ieri mercoledi’ 28 sulle conseguenze del divorzio della Gran Bretagna dall’Unione Europea, e con i commenti e le reazioni del mondo politico. Sul quotidiano economico “Financial Times” si legge che lo studio elaborato dagli economisti di diversi ministeri, coordinati dal Tesoro, afferma che in qualsiasi scenario di Brexit il paese soffrira’ una decisa riduzione della sua ricchezza: il calo potrebbe essere piu’ moderato se il Parlamento l’11 dicembre prossimo ratificasse l’accordo raggiunto dal primo ministro Theresa May con i leader dell’Unione Europea; ma anche in questo caso la Gran Bretagna perdera’ tra il 2020 ed il 2035 il 3,9 per cento del Pil che avrebbe invece prodotto se fosse rimasta nell’Ue. Nel 2020, ricorda il giornale, dovrebbe finire il cosiddetto “periodo di transizione” dopo il quale la Brexit dispieghera’ tutti i suoi effetti. Nel caso peggiore contemplato dai tecnici governativi, cioe’ che il 29 marzo 2019 la Gran Bretagna esca dall’Ue senza alcun accordo sui rapporti commerciali e doganali (la cosiddetta “no-deal Brexit”), e quindi senza neppure un “periodo di transizione”, il danno economico del quindicennio preso in considerazione ammonterebbe addirittura ad oltre il 10 per cento del Pil. Ancora piu’ agghiaccianti sono le previsioni elaborate dalla Banca d’Inghilterra: il quotidiano filo-governativo “The Times” riporta che, in base allo studio presentato ieri dal governatore Mark Carney, se il 29 marzo 2019 la Gran Bretagna uscisse dall’Unione Europea senza nessun accordo (la “no-deal Brexit”), l’economia britannica soffrirebbe un crollo ancora piu’ marcato della Grande depressione post-1929, registrando la peggiore recessione dalla fine della Seconda Guerra Mondiale: i tassi di interesse dei prestiti e dei mutui salirebbero in poco tempo al 5,5 per cento, i valori delle case crollerebbero del 30 per cento ed il Prodotto interno lordo (Pil) precipiterebbe dell’8 per cento. Lo stesso cancelliere allo Scacchiere, Philip Hammond, ha dovuto ammettere che “in senso puramente economico”, la Gran Bretagna stara’ peggio; secondo invece la premier May, le due analisi economiche “non significano affatto che il paese sara’ piu’ povero di adesso”. Certo e’ che, scrive il quotidiano d’opposizione “The Guardian”, i due studi sono un durissimo colpo alla campagna mediatica che Theresa May sta conducendo per convincere l’opinione pubblica, e soprattutto i parlamentari, della bonta’ dell’accordo con l’Ue sulla Brexit: entrambi infatti ammettono che le cose potrebbero andare meno peggio se il Parlamento ratificasse l’accordo; ma i minori danni, avvertono gli esperti, si avranno soltanto se andassero per il verso giusto tutti i negoziati che il governo di Londra dovra’ condurre con l’Ue su ogni singola materia dei futuri rapporti economici, commerciali, doganali e giuridici, nel cosiddetto “periodo di transizione” a partire dalla fatidica data del 29 marzo 2019, quando scattera’ la Brexit. Queste fosche previsioni ufficiali, commenta il “Guardian”, non sono certo fatte per convincere i cosiddetti “Remainers”, i deputati favorevoli alla permanenza della Gran Bretagna nell’Unione Europea, che sono ancora numerosi nel Partito conservatore e nel Partito laburista e che sono propensi a votare “no” al piano della May. I due studi poi hanno hanno fatto letteralmente infuriare gli esponenti piu’ anti-Ue del Partito conservatore, i cosiddetti “Brexiters”: se ne fa ampiamente portavoce il quotidiano conservatore euroscettico “The Telegraph”. Le critiche piu’ feroci dei Brexiters sono dirette contro il governatore Mark Carney, accusato di indebolire l’indipendenza e la credibilita’ della Banca d’Inghilterra: Carney ai loro occhi ha dato il via ad un “progetto isteria” inteso a seminare il panico nell’opinione pubblica per spingere i deputati a ratificare il piano della May che invece i Brexiters considerano debolissimo e deludente.
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Argentina, magistratura dispone richiesta “accertamenti internazionali” su principe ereditario saudita dopo denuncia Hrw
29 nov 10:59 – (Agenzia Nova) – La magistratura argentina ha inviato richieste di “accertamenti internazionali” sui fatti riguardanti una denuncia contro il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman presentata dall’organizzazione non governativa Human rights watch (Hrw). Lo hanno confermato fonti della magistratura di Buenos Aires al quotidiano “La Nacion”. Il principe ereditario e’ giunto oggi a Buenos Aires per partecipare al vertice dei capi di Stato e di governo del G20. L’inchiesta e’ in mano al giudice per le indagini preliminari Ramiro Gonzalez che, secondo quanto riporta “La Nacion” in base a fonti interne al palazzo di Giustizia, ha inviato le richieste “per determinare lo status del denunciato e l’eventuale esistenza di processi gia’ in corso”. Gli accertamenti, sottolineano dalla magistratura argentina, sono necessari soprattutto a “determinare la competenza sul caso”. Lo scorso 26 novembre l’Ong Hrw ha presentato alle autorita’ giudiziarie argentine un documento chiedendo di aprire un’inchiesta su possibili crimini di guerra commessi dalla coalizione guidata dall’Arabia Saudita in Yemen. Secondo l’Ong, ricoprendo la carica di ministro della Difesa l’erede al trono saudita sarebbe personalmente responsabile delle azioni compiute dalla coalizione. Nella denuncia presentata da Hrw si cita inoltre il presunto coinvolgimento del principe saudita in casi di tortura e altri crimini ai danni di cittadini dell’Arabia Saudita, tra cui il giornalista Jamal Khashoggi, assassinato nel consolato saudita in Turchia lo scorso 2 ottobre.
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Usa, esperti criticano la strategia di contrasto a Russia e Cina
29 nov 10:59 – (Agenzia Nova) – Senza un finanziamenti certi e realistiche pianificazioni operative, la strategia di difesa nazionale Usa non soddisfa le sfide dell’espansione della Cina nell’Indo-Pacifico e di una Russia aggressiva nell’Europa orientale: sono le conclusioni dei co-presidenti del gruppo di esperti incaricato di revisionare il documento di difesa del governo Usa, comunicate alla Commissione per i servizi armati del Senato. Dall’inizio dell’udienza, il diplomatico di lunga data Eric Edelman e l’ammiraglio in pensione Gary Roughead hanno detto che un budget di difesa di 733 miliardi di dollari e’ “una base”, ma non l’obiettivo ideale per mantenere la prontezza di risposta e ammodernare le forze convenzionali e nucleari. Con la nuova guida dell’Ufficio di gestione e bilancio che fissa la spesa per la difesa a 700 miliardi di dollari per l’anno fiscale 2020, “la prospettiva e’ muoversi nella direzione sbagliata”, ha detto Edelman. La commissione ha raccomandato livelli di spesa per la difesa che salgono dal 3 al 5 per cento all’anno al di sopra dell’inflazione per ripristinare la prontezza di risposta e la modernizzazione. “Ci troviamo in una situazione che non si e’ verificata dall’oggi al domani”, con problemi di prontezza che vanno dalla manutenzione di navi e aeromobili a cancellazioni di reparti a ritardi nella modernizzazione delle armi per sostituire infrastrutture datate, ha aggiunto Roughead. L’ultima volta che la nazione si e’ impegnata a modernizzare le sue forze militari – convenzionali e nucleari – era negli anni ’80, ha sottolineato. Oltre che sul budget, Edelman ha detto di essere preoccupato anche per il contenuto della strategia. Ha notato che il documento strategico non ha esaminato una possibilita’ molto reale: che Russia e Cina “si uniscano” contro le forze statunitensi, o che agiscano in modo indipendente per creare crisi in diverse parti del globo allo stesso tempo. “Francamente, non abbiamo ricevuto risposte convincenti” alla domanda su cosa avrebbero fatto gli Stati Uniti in casi del genere.
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Usa, il segretario di Stato Pompeo difende il partenariato con l’Arabia Saudita
29 nov 10:59 – (Agenzia Nova) – Il segretario di Stato Usa, Mike Pompeo, ha difeso con forza il partenariato tra gli Stati Uniti e l’Arabia Saudita, che i media e parte della politica Usa chiedono di rivedere dopo l’omicidio del giornalista Jamal Khashoggi. In un editoriale pubblicato dal “Wall Street Journal”, Pompeo scrive che “gli sforzi dell’amministrazione Trump di ricostruire il partenariato tra Usa e Arabia Saudita non sono popolari nei salotti di Washington, dove politici di entrambi gli schieramenti hanno usato a lungo la reputazione del Regno sul fronte dei diritti umani per chiedere un declassamento dell’alleanza”. Tuttavia, sostiene il segretario di Stato, indebolire i legami tra i due paesi “costituirebbe un grave errore per gli interessi di sicurezza nazionale degli Stati Uniti e dei loro alleati”. L’Arabia Saudita, sostiene Pompeo, “e’ una poderosa forza per la stabilita’ nel Medio Oriente”: Riad “sta lavorando per sostenere la fragile democrazia irachena e mantenere Baghdad legata agli interessi dell’Occidente, anziche’ a quelli di Tehran”. L’Arabia Saudita “sta aiutando a gestire il flusso di rifugiati in fuga dalla guerra civile in Siria collaborando con i paesi ospitanti, sta cooperando con l’Egitto e stabilendo legami piu’ stretti con Israele”. Inoltre, afferma Pompeo, “pa produzione petrolifera saudita e la sua stabilita’ economica sono chiavi di volta della prosperita’ regionale e della sicurezza energetica globale”. Il segretario di Stato si chiede se “sia davvero una coincidenza che le stesse persone che usano l’omicidio Khashoggi come randello contro la politica saudita del presidente Trump, sono quelle che sostenevano invece il riappacificamento di Barack Obama con l’Iran, un regime che ha ucciso migliaia di persone in tutto il mondo, incluse centinaia di cittadini statunitensi, e che brutalizza il suo stesso popolo”. “Dov’era questa camera dell’eco ideologica – chiede polemicamente Pompeo – dov’erano questi avatar dei diritti umani, quando Obama consegnava ai mullah pile di denaro per proseguire il loro lavoro di maggior sponsor statale del terrorismo?”.
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Russia-Ucraina, gli occidentali si presentano al G20 divisi sulla risposta all’aggressione russa
29 nov 10:59 – (Agenzia Nova) – Gli alleati occidentali si presenteranno divisi al vertice del G0 sulla risposta da dare all’aggressione navale della Russia contro l’Ucraina avvenuta nei giorni scorsi nel Mare di Azov: lo scrive oggi giovedi’ 29 novembre il quotidiano britannico “The Telegraph”; il quale riferisce che ieri mercoledi’ 28 i diplomatici di alcuni paesi europei alleati della Gran Bretagna hanno respinto l’appello di Londra ad adottare un atteggiamento piu’ fermo contro il Cremlino. La Gran Bretagna, la Polonia ed i tre paesi Baltici infatti hanno esortato l’Unione Europea ad adottare ulteriori misure punitive contro la Russia, in aggiunta alle sanzioni gia’ in essere che dovrebbero essere rinnovate nel prossimo mese di gennaio 2019; il loro appello e’ stato appoggiato dagli Stati Uniti, che anch’essi l’altroieri martedi’ 27 avevano invitato i paesi europei ad inasprire le sanzioni ed a ripensare il progetto Nord Stream-2, il raddoppio del gasdotto sottomarino dalla Russia alla Germania che dovrebbe aumentare l’esportazione di gas russo verso l’Europa. Invece diversi paesi Ue, tra cui l’Italia, la Grecia, la Bulgaria e Cipro si sono detti favorevoli ad un atteggiamento piu’ morbido nei confronti della Russia ed hanno messo in dubbio l’efficacia stessa del regime delle sanzioni; mentre Francia e Germania, che nel 2015 hanno mediato il cessate-il-fuoco nella guerra civile ucraina e che hanno presentato un piano di pace tra il presidente russo Vladimir Putin ed il suo pari grado dell’Ucraina, il presidente Petro Poroshenko, temono i pericoli connessi ad ulteriori sanzioni: a loro parere, infatti, una simile decisione potrebbe allargare la frattura tra gli alleati occidentali ed inoltre rischierebbe di infiammare ulteriormente le tensioni sul campo. the leader of Ukraine, in 2015, are understood to fear such a move could split the bloc and further inflame tensions. Al vertice G20 che si aprira’ nel fine settimana a Buenos Aires, in Argentina, parteciperanno i leader degli Stati Uniti, dei paesi piu’ industrializzati dell’Occidente e dei paesi europei, ma anche il presidente russo Putin oltre ai leader degli altri quattro paesi del cosiddetto gruppo dei “Brics” (Brasile, India, Cina e Sudafrica).
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Spagna e Cina si accordano per “combattere contro il protezionismo e l’unilateralismo”
29 nov 10:59 – (Agenzia Nova) – Spagna e Cina “sostengono un’economia mondiale globale aperta, equilibrata e inclusiva in base alle regole dell’Organizzazione mondiale del commercio e riaffermano il loro impegno a combattere il protezionismo e l’unilateralismo e a promuovere un mercato aperto, eliminando tutte le barriere commerciali”. E’ quanto si legge nella dichiarazione congiunta sul rafforzamento della relazione strategica globale che i due paesi hanno firmato durante la visita di stato a Madrid del presidente cinese Xi Jinping. Lo riferisce il quotidiano “El Pais”, sottolineando che, nel bel mezzo della guerra commerciale fra Pechino e Washington e alla vigilia del vertice cruciale del G20 in cui il leader comunista sara’ faccia a faccia con il presidente Donald Trump, la Dichiarazione di Madrid e’ un allineamento chiaro con cui la Spagna si posiziona al fianco del gigante asiatico. Da parte sua, Xi Jinping si e’ impegnato ad aprire le porte della Cina ai prodotti e agli investimenti stranieri e a rafforzare la protezione della proprieta’ intellettuale. “La Cina fara’ sforzi per aprire ulteriormente le sue porte al mondo esterno e per facilitare l’accesso ai mercati in aree come gli investimenti e la protezione della proprieta’ intellettuale”, ha assicurato Xi, aggiungendo che il suo paese importera’ merci per un valore di 70 miliardi di dollari nel corso dei prossimi cinque anni per soddisfare la domanda della classe media in crescita.
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Incontro tra i dirigenti Renault e Nissan dopo l’arresto di Ghosn
29 nov 10:59 – (Agenzia Nova) – Oggi i dirigenti di Renault e Nissan si incontrano ad Amsterdam per una riunione che avra’ l’obiettivo di testare la resistenza del partenariato dopo l’arresto per sospetta frode fiscale del presidente Carlos Ghosn, avvenuto la scorsa settimana in Giappone. All’incontro non parteciperanno Thierry Bollore’, direttore generale delegato di Renault, e Hiroto Saikawa, direttore generale di Nissan. La riunione avverra’ nella sede della Renault-Nissan BV, azienda creata nel 2002 per coordinare le attivita’ comuni dei membri dell’alleanza, che include anche Mitsubishi Motors. Nonostante i tentativi di intesa, restano forti disaccordi tra i partner. Parigi e il gruppo francese non hanno ancora ricevuto dalla Nissan i risultati dell’inchiesta interna che ha portato all’arresto di Ghosn per frode fiscale. Il presidente francese, Emmanuel Macron, ha previsto di evocare l’argomento con il premier nipponico Shinzo Abe nel corso del G20 a Buenos Aires. “In caso di rapporto di forza, siamo pronti a utilizzare l’artiglieria pesante” afferma un consigliere del governo citato anonimamente. La Renault, infatti, detiene il 43,4 per cento della Nissan, che ha sua volta ha solamente il 15 per cento del partner transalpino. Tuttavia la Nissan, grazie a Mitsubishi, vende 5,8 milioni di veicoli all’anno, contro i 3,8 milioni della Renault. “Non voglio che ci siano modifiche degli equilibri di potere tra Renault e Nissan” ha affermato il ministro francese dell’Economia, Bruno Le Maire, secondo il quale l’equilibrio tra le due aziende e’ “buono”.
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Francia, i gilet gialli provocano una crisi interna al governo
29 nov 10:59 – (Agenzia Nova) – Cominciata due settimane fa, la protesta dei gilet gialli contro il caro-carburante in Francia ha fatto cadere il governo in una “tempesta senza precedenti”. Lo scrive “Le Figaro”, spiegando che il primo ministro, Edouard Philippe, e’ al centro di forti critiche per l’atteggiamento mostrato. Il quotidiano ripercorre i momenti cruciali della protesta e le azioni dei membri del governo. Il ministro dell’Interno Christophe Castaner, recentemente nominato in seguito all’ultimo rimpasto, e’ stato il primo membro dell’esecutivo ad esprimersi dopo la mobilitazione iniziale del 17 novembre scorso. Il premier Philippe e’ intervenuto poco dopo in diretta televisiva affermando che il governo avrebbe mantenuto le misure previste. Molti all’interno della maggioranza rimproverano al presidente Emmanuel Macron e al suo primo ministro di aver commesso “un errore di timing”. Secondo molti la scelta di annunciare degli aiuti prima della manifestazione ha lasciato il governo senza “nulla da dire” nei giorni seguenti. Nel corso di una riunione del gruppo parlamentare alcuni deputati hanno manifestato il loro dissenso. La protesta sociale si trasforma quindi in una crisi interna all’esecutivo. Dal canto suo, il presidente Macron ha capito che sara’ necessario smussare gli angoli dinnanzi a una protesta di una simile portata.
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Germania, ministro Interno Seehofer, “i musulmani appartengono al paese”
29 nov 10:59 – (Agenzia Nova) – I “musulmani appartengono alla Germania”: e’ quanto dichiarato dal ministro dell’Interno tedesco, Horst Seehofer, durante il discorso con cui nella giornata di ieri, 28 novembre, ha inaugurato a Berlino la riunione annuale della Conferenza tedesca dell’Islam(Dik). Istituita nel 2006, la Dik costituisce una iniziativa per il dialogo tra lo Stato tedesco e i musulmani che vivono in Germania. La riunione della Dik di quest’anno si concludera’ nella giornata di oggi. “I musulmani appartengono alla Germania e hanno ovviamente gli stessi diritti e gli stessi doveri di tutti i cittadini di questo paese”, ha dichiarato Seehofer. In un comunicato dedicato alla riunione della Dik, il governo tedesco afferma che “l’integrazione ha successo con il rispetto dei valori della Costituzione, con l’utilizzo della lingua tedesca e con il radicamento nella nostra societa’”. Cio’ considerato, l’esecutivo di Berlino “appoggia una migliore autorganizzazione dei musulmani tedeschi” e “intensifica il programma di sostegno Moschee per l’integrazione – Apertura, collegamento, cooperazione”. Inoltre, il governo tedesco e’ “a favore di un insegnamento trasparente dell’Islam e della promozione della formazione degli imam in Germania”.
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Italia, la “rivoluzione” del decreto sicurezza in materia di immigrazione
29 nov 10:59 – (Agenzia Nova) – Con le radicali modifiche che introduce, il decreto sulla sicurezza, approvato in via definitiva dalla Camera dei deputati nella serata di ieri 28 novembre, costituisce una “rivoluzione” della normativa italiana in materia di immigrazione. Lo scrive il quotidiano austriaco “Der Standard”, evidenziando i profondi cambiamenti apportati dal decreto sulla sicurezza al permesso di soggiorno per motivi umanitari, “praticamente abolito”, e al diritto di asilo che viene “spazzato via”. Il provvedimento “abolisce i centri istituiti dal Sistema di protezione per i richiedenti asilo e i rifugiati (Sprar), affidati agli enti locali”. Per “Der Standard”, questi sono “le uniche istituzioni dove, in alloggi di piccole dimensioni e in strutture di assistenza, a rifugiati e richiedenti asilo sono state impartite lezioni di italiano ed e’ stato fornito sostegno nella ricerca di un’occupazione”. La rete dello Sprar verra’ sostituita da “centri piu’ grandi” di competenza non piu’ locale, ma centrale, “che potrebbero essere permeabili all’infiltrazione della criminalita’ organizzata”. Il decreto sulla sicurezza prevede poi la semplificazione delle procedure di espulsione per quei migranti che hanno visto respinta la richiesta di asilo. Infine, tra le varie misure in materia di immigrazione, il decreto sulla sicurezza dispone che il periodo massimo di permanenza nei centri di identificazione ed espulsione (Cie) aumenti da 90 a 180 giorni.
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