Mamma, papà siete più bravi voi. Non avete bisogno della tecnologia per capirmi e monitorare se sto bene, se sto male, se ho sonno, fame, se ho fatto pipì, se ho le coliche, se sono triste, allegra, disperata o se voglio solo stare tra le vostre braccia. Basta guadarmi, ascoltarmi, mettervi nei miei panni, provare a capirmi e aiutarmi. Potete anche sbagliare, non c’è problema. Ripetete la sequenza: Osservazione- Ascolto- Empatia-Cura e sarò io stessa ad aiutarvi a. fare meglio. Si diventa genitori e figli insieme.
Anche se tra pochi giorni diventerò anche io mamma, ancora oggi per capire se ho la febbre, chiedo di mettermi le labbra sulla fronte, e metto le labbra sulla fronte, come facevi tu mamma quando ero piccola. E non sbaglio mai, non c’è termometro che tenga.
Osservazione, Ascolto, Empatia, Cura, sono processi chiave della relazionalità umana, leve cardine che animano la prevenzione della salute mentale e del benessere psicologico dei bambini, delle loro famiglie e della società nel suo complesso che possono essere acquisiti solo sul campo della relazione interattiva nel binario uomo-uomo e non uomo-macchina.
Partendo dalla considerazione generale che i dispositivi tecnologici sono stati creati dall’uomo per agevolare la vita dell’uomo in vari settori della vita quotidiana, vuoi che sia il lavoro, vuoi che sia l’essere facilmente in contatto con gli altri, o il divertirsi, dobbiamo prestare molta attenzione all’utilizzo che ne facciamo in termini soprattutto relazionali. Anche se l’intelligenza artificiale sta progredendo in temi rapidissimi e fulminei ancora non è riuscita a cogliere la complessità dell’espressione delle emozioni umane e una macchina, anche la più perfetta rimane sempre una macchina che soprattutto in alcuni settori, in cui è sono prioritarie capacità affettive-comunicative, rimane nella sua essenza di artificialità.
Dietro ogni nuovo dispositivo elettronico che viene messo sul mercato c’è sempre un attento e consapevole studio dei bisogni dell’uomo in una circolarità tra bisogni e risposte smart. Più i compiti da assolvere sono difficili e più la tecnologia ci tende la mano per aiutarci ad affrontarli.
I genitori e si parla appositamente di genitori in quanto tanti papà oggi sono protagonisti attivi dell’accudimento del bambino a tutti i livelli, non nascono genitori ma sviluppano la loro competenza genitoriale proprio nel terreno di accudimento del bambino. Nei primi scambi relazionali, come l’allattamento, il bagnetto, i rituali dell’addormentamento e nello specifico nel cambio del pannolino.
Tutti questi sono momenti di interazione in cui i genitori iniziano a conoscere il loro bambino nel passaggio chiave tra quello che era il bambino immaginato nel corso della gravidanza e il bambino reale. In questa scoperta, che risente in modo inevitabile del bambino che ogni genitore è stato e che proietta sul proprio bambino nei termini della trasmissione intergenerazionale dell’attaccamento, ogni genitore diventa genitore in quella che è la bellissima, e nel contempo impervia, transizione alla genitorialità.
Transizione fatta di vari step, di progressi e fallimenti, di prove ed errori, di scoperte e rinunce, di silenzi e parole, di stanchezza e vitalità. Step che si attraversano e conquistano giorno per giorno nella rassicurazione temporale di sequenze ben scandite dall’ordinarietà della cura del piccolo, che ha bisogno di noi, per essere soddisfatto nei suoi bisogni primari. Il bambino da solo non esiste, ci ammoniva Donald Winnicott, e oggi quel da solo non può essere colmato dall’internet of things che lo circonda sin dai primi vagiti. Braccia che cullano, che sorreggono, che calmano, curano, accudiscono hanno il compito primario di accogliere il bambino nella vividezza relazionale di un incontro tra menti. Scoperta e crescita insieme, vale oggi, come ieri, come domani.
Si diventa madri e padri in un percorso di acquisizione di competenze e scoperte giorno dopo giorno, momento dopo momento, in una sorta di conoscenza reciproca dei bisogni e delle necessità fisiologiche e affettive del bambino. Grande bisogno del bambino di essere accudito, capito, compreso grande bisogno dei genitori di avere fiducia nelle loro nuove competenze genitoriali, di essere sicuri di non sbagliare e allora ecco qui che la tecnologia tira fuori in una sorta di barbatrucco, un apparente facilitatore per acquisire competenza o per verificare in una sorta di detector delle capacità genitoriali se si sta facendo bene o male. Ed è qui il rischio vero.
Per il pannolino o qualsiasi altro dispositivo tecnologico ideato per agevolare competenze che prima di tutto devono essere apprese sul campo vale la regola principale per un uso corretto, consapevole e critico dei dispositivi digitali: mai delegare allo strumento compiti e capacità che si dovrebbero strutturare nel corso dell’interazione soprattutto se questa interazione è appena nata.
Una mamma o un papà che delegano “il controllo della pipì” o dello stato di salute del bambino al dispositivo tecnologico corrono il rischio di essere ostacolati nel processo di conoscenza reciproca del proprio bambino, nella sua scoperta, nel modellamento della loro sintonizzazione affettiva e ad acquisire una competenza genitoriale fondamentale ad ampio raggio non solo sul suo stato di benessere ma anche nella comprensione delle emozioni. Il modo che il bambino ha di comunicare è il pianto, e l’esperienza e gli studi ci mettono in evidenza che dopo pochi giorni dalla nascita la mamma impara a discriminare le varie forme di pianto del bambino, se ha fame, se ha dolore, se ha le coliche, se ha sonno, se vuole solo attenzioni o è stanco.
In questo terreno di acquisizione l’interferenza dei uno strumento digitale disturba la sinfonia musicale tra genitore e bambino, facendo correre il rischio di confondere, o alterare l’acquisizione delle nuove note che comporranno l’unicità comunicativa di quel determinato nuovo nucleo familiare. Nei casi di maternità fragile (Tambelli, Volpi, 2015), quando l’insicurezza del fare domina sulla capacità di agire intuitivamente, l’appannaggio della delega di competenza all’internet of things, può ancora di più alterare il delicato processo di acquisizione della sicurezza genitoriale correndo il rischio di sfociare in forme di ossessione e ipercontrollo. Non si delega se non si acquisisce competenza.
Non è un caso che le linee guida nazionali ed internazionali sull’uso corretto dei device ci indichino delle zone off-limit dalla tecnologia: mai per calmare i bambini, mai prima di addormentarsi e durante i pasti.
Pannolini smart stonano nell’acquisizione di note comunicative in cui nasce e si struttura la mente.
Di smart ovviamente c’è poco e quel che c’è va contro gli assunti cardine della moderna psicologia evolutiva.
Bibliografia
Tambelli R., Volpi B. (2015), Family Home Visiting. Promuovere la salute mentale dei bambini e delle loro famiglie, Il Mulino, Bologna.