L’Italia ha da poco scoperto di avere, dall’autunno scorso, un Ministero dell’agricoltura e della ‘sovranità alimentare’. L’adozione del nuovo nome arriva all’attenzione del pubblico allargato del Belpaese con il nascente dibattito sul tema della ‘carne coltivata’ che il Ministero italiano vorrebbe mettere al bando.
Il destino della carne sintetica in Italia non è il tema della Nota di oggi, ma richiama l’argomento più vasto dell’impatto sulla politica delle ideologie dietetiche, forse particolarmente evidente nella curiosa parabola del ‘veganismo’. Il movimento nacque formalmente nel 1944, in Inghilterra, con la fondazione della Vegan Society, ma le sue radici—filosofiche almeno—furono fortemente influenzate alle origini dal ‘salutismo’ tedesco degli anni Trenta, espresso al vertice politico di quel Paese dal vegetarianismo di Adolf Hitler e dalle tendenze naturiste del Nazismo. Il ‘Partito Nazionalsocialista Tedesco dei Lavoratori’tentò infatti di mettere al bando la caffeina—un ‘veleno’—e abbracciò con entusiasmo i ‘bagni solari’ e il nudismo, esprimendo uno strano eticismo della ‘purezza’, non solo relativa alla razza, ma anche dietetica.
Per dire, il veganismo è una disciplina che ha origini morali che ‘più a destra non si può’, ma che sono state ormai totalmente disconosciute. Il vegano di oggi si suppone sia ‘progressista’, per quanto tuttora rigorosamente opposto alla ‘decadenza’ del consumo moderno. Dati affidabili sull’orientamento politico dei vegani in pratica non esistono e i cenni indiretti al tema sono americani, non europei. Tuttavia, ricerche Usa di incerto valore asseriscono che: “…i Democratici hanno una probabilità di oltre tre volte maggiore dei Repubblicani di essere vegani o vegetariani…”
Il dato corrisponde comunque alla percezione comune, anche se mescolare senza criterio vegani e vegetariani può essere fuorviante. Gli attivisti delle due parti si guardano con parecchio sospetto: i vegani ‘praticanti convinti’ tendono a vedere i vegetariani come degli ‘ipocriti’ senza il coraggio di fare sul serio, mentre i vegetariani sono portati a considerare i primi come dei “fanatici estremisti”.
I vegetariani convenzionali si lamentano inoltre degli effetti ‘nefasti’ sulla ristorazione generati negli ultimi anni dall’insorgere dei vegani. I vegetariani possono mangiare tranquillamente il cibo ‘vegano’, ma non è detto che i vegani possano fare il contrario—potrebbe essere stato insaporito con del burro o del formaggio, o ‘avvelenato’ con un uovo. Pertanto, molti ristoranti hanno ‘semplificato’ i menu, sopprimendo i vecchi piatti vegetariani a favore della generalmente più blanda cucina vegana, lasciando i primi ‘orfani’ della loro tradizionale cuisine…
Secondo dati recenti, i vegetariani/vegani europei raggiungono insieme appena il cinque per cento della popolazione. Sono dunque lontani dal ‘prendere il potere’. Comunque sia, in molti paesi—specialmente in quelli di carattere ‘bi-partitico’, come la Gran Bretagna o gli Usa—non di rado le elezioni vengono decise con margini parecchio stretti. La politica non può non tenere conto degli ‘erbivori’.