Nonostante lo scarso interesse che tanta parte dei rappresentati politici mostra al tema dell’innovazione tecnologica, governare lo sviluppo delle nuove tecnologie e del loro impatto sulla società in questi anni è una delle sfide più difficili da affrontare per i governi e i parlamenti. Questa sfida ne contiene un’altra che è cruciale per la classe politica e riguarda la sua capacità di mantenere il potere di indirizzo e di utilizzo delle continue innovazioni tecnologiche che sono sempre più sofisticate e rapide. Cioè di essere adeguata a governare in un’epoca storica nella quale la scienza e la tecnologia sembrano voler assumere il potere sul mondo relegando la politica a un ruolo secondario.
I padroni e i top manager delle grandi compagnie tecnologiche con le loro scelte e i loro prodotti condizionano ogni giorno sempre di più la vita quotidiana, il lavoro e le scelte di centinaia di milioni o di miliardi di persone e, a volte, svolgono un ruolo di indirizzo sociale e politico che surroga il ruolo dei ministri e dei parlamentari. Questi ultimi sono spesso costretti a rincorrere le accelerazioni delle tecnologie avanzate che trasformano sempre più profondamente il mondo.
Anche la politica è una tecnica, taluni credono sia addirittura una scienza. Ma in quanto tecnica di governo, la politica rischia di entrare in competizione con le tecnologie, quelle digitali, quelle genetiche o quelle energetiche, che di fatto influenzano e governano la vita quotidiana delle persone nel bene e nel male. I grandi innovatori con i loro strumenti e i loro servizi sembrano volersi affrancare dalla politica e mettersi in proprio per diventare soggetti di governo pervasivo delle vite dei cittadini che sempre più spesso chiedono aiuto alle tecnologie e dopo averlo avuto ne diventano in qualche misura dipendenti e comunque ne sono condizionati.
Su questi temi, in un recente brevissimo intervento (La tecnica e il governo) il filosofo Giorgio Agamben con acume ha messo in relazione i fini interni e quelli esterni della politica con i fini interni ed esterni della tecnica. Agamben spiega come la politica usi la tecnica per i propri fini, ma facendolo promuove il ruolo della tecnica e permette così ad essa di seguire i propri fini interni. In questo processo dialettico o conflittuale si gioca la partita tra tecnica e politica nella quale i fini interni della tecnica sono abilitati/favoriti dalla politica.
Scrive Agamben «lo strumento tecnico può servire a un fine altrui solo nella misura in cui realizza il proprio.» Questo accade per una forchetta e per un coltello che infilzano e tagliano grazie alle loro forme, vengono usate da noi per consumare il cibo e mentre lo facciamo permettiamo loro di realizzare il loro obiettivo intrinseco, le loro qualità connaturate. Allo stesso modo, questo accade con i calcolatori che eseguono calcoli e comunicano molto velocemente e tutte le volte che noi li usiamo per lavorare o per informarci li aiutiamo a realizzare il loro fine intrinseco.
Tutti i dispostivi digitali che noi usiamo continuamente realizzano i loro fini interni servendosi apparentemente di un fine altrui, di un fine esterno che è funzionale ad esaltare il loro ruolo, la loro importanza, in ultima istanza il loro potere. E poiché, ad esempio, i dispositivi digitali svolgono ormai ruoli di estrema importanza e hanno capacità che sfidano quelle degli umani, essi acquistano sempre più un potere molto grande nel nostro mondo.
Politica e tecnologia sono due strumenti di potere, due strumenti di governo che a volte si sostengono reciprocamente, altre volte si oppongono tra essi. La politica ha sempre cercato di servirsi delle innovazioni tecnologiche per governare le nazioni e i popoli. Tuttavia, lo sviluppo enorme delle tecnologie nell’ultimo secolo, e in particolare delle tecnologie digitali negli ultimi due decenni, ha permesso alla tecnica di tentare una fuga in avanti per sfuggire al controllo della politica e affrancarsi, in un tentativo estremo di realizzare in piena autonomia i suoi fini tramite il governo delle vite degli umani.
Mentre le tecnologie, nell’essere funzionali al governo delle persone, stanno acquistando sempre più potere, dal punto di vista culturale è necessario agire per il dialogo e l’integrazione di aree culturali e discipline differenti, allo scopo di costruire ipotesi e pratiche reali che partano delle necessità degli individui per condizionare la politica e spingere l’uso della tecnica a servizio dei cittadini e del loro benessere. Una grande sfida che il mondo, e soprattutto quello democratico, ha di fronte è quella di trovare forme sostenibili ed egualitarie di uso delle tecnologie innovative anche evitando che chi le produce e le vende diventi un attore politico autonomo. Un attore politico che, sostenuto dalla forza efficiente dei suoi prodotti, arrivi a governare le vite dei cittadini in funzione soltanto dei suoi interessi economici.