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Come cambia la comunicazione con emoticon, immagini e video

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Oggi, nel momento in cui si perdono parole, nell’esplicitazione comunicativa online, si ha un bisogno spasmodico di parole che permettano di dare senso e valore ai nuovi codici comunicativi figli della sperimentazione e della fruizione digitale.

La comunicazione del XXI secolo è una comunicazione nuova, fatta di emoticon, immagini, video, poche parole sempre più orientate allo sharing digitale in cui la forma predomina su un contenuto povero, di poco valore che, il più delle volte, non viene nemmeno captato dalla pletora mediatica che perde riflessività nella rincorsa all’ultimo segno di presenza comunicativa seguita online.

Il multitasking digitale non è soltanto il perdere concentrazione passando da un link all’altro, come poteva essere nei primi momenti della rivoluzione digitale, ma è anche l’andare oltre nel dare poca importanza ad un contenuto valoriale che si sta perdendo nella ridefinizione di una comunicazione in cui la parola perde significato, si restringe, si condensa molto spesso su dei segni iconici in cui l’interpretazione dell’altro si soggettivizza a seconda del vocabolario interno di ciascuno.

Leggo l’altro per quello che posta, per i video che pubblica, per testimoniare la sua presenza tangibile nel mondo on-life (Floridi, 2017) che segna un nuovo spazio di frequentazione, in cui il dentro marca il fuori ed il fuori è costantemente scannerizzato nei micro-momenti di relazionalità che si spogliano a loro volta, della vividezza del qui ed ora per passare ad un là e per sempre, che segna di riflesso il momento presente e ridefinisce un dopo sulla linea di nuovi modi di interpretare il canale comunicativo.

Un nuovo vocabolario che necessita di un continuo aggiornamento e di supporti di traduzione esterna se l’interno personale non è stato arricchito dell’acquisizione fondamentale degli scambi comunicativi tra genitori e figli, insegnanti ed alunni, nonni e nipoti, fratelli e sorelle. Oggi, nel momento in cui si perdono parole, nell’esplicitazione comunicativa online, si ha un bisogno spasmodico di parole che permettano di dare senso e valore ai nuovi codici comunicativi figli della sperimentazione e della fruizione digitale.

Sono con te e comunico a tutti il mio essere con te, per far arrivare il messaggio ad Arianna, che a sua volta ieri sera ha postato, a tua, e soprattutto anche mia insaputa la tua presenza alla sua festa di laurea. Sei con me e eviti di guardarmi preferendo seguire i tuoi amici online. Ridi, scherzi, posti e, a volte, è proprio nella presenza che mi sento invisibile. Oggi sono sempre più consapevole che è proprio questa mia invisibilità che mi costringe a rubare scatti per acquisire la concretezza del nostro rapporto nell’ambiente che, caricato dagli sguardi degli altri, mi rende finalmente visibile a te. Del resto, se tutti vedono che siamo felici insieme allora lo siamo davvero. E anche se molto spesso litighiamo perché tu non fai altrettanto come me, non pubblichi quasi mai quello che facciamo insieme, questo non significa che non vuoi stare con me perché tanto tutti i tuoi amici sono anche i miei e ci seguono.

Stravolgimento comunicativo, paradossi della comunicazione che segnano la strada ad un rimodellamento relazionale, che tuttavia conserva i segni e l’imprinting del nostro essere al mondo nell’essenza relazionale dell’acquisizione e della trasmissione del linguaggio, in cui io ho bisogno di te per apprendere l’alfabeto che costituirà il mio vocabolario, oggi rimodernato ma non ancora completamente assoggettato, ad un codice comunicativo confusivo e poco decifrabile se non ancorato alla coerenza interna di una lingua madre che traduce messaggi in forme trasmissive autentiche.    

Poche parole, tanti gesti, tanti sguardi, tante caricature ed amplificazioni che riportano inevitabilmente ad un pattern comunicativo acquisito tanto tempo prima nell’acquisizione del linguaggio, prima forma di comunicazione, tra genitori e figli. L’avvolgere il nastro comunicativo di oggi con quello di sempre, di un allora che ha inaugurato l’acquisizione delle nostre trasmissioni valoriali, ci permette di riprendere in mano la nostra capacità riflessiva e la nostra capacità decisionale, dandoci in modo esemplare l’esempio più concreto che l’utilizzo della tecnologia continua ad essere modellato e plasmato su codici comunicativi prettamente umani.

Nell’osservare i primi scambi comunicativi tra genitore e figlio riusciamo a cogliere la strada intrapresa nella comunicazione digitale solcata in modo impervio dalla traduzione adolescenziale, ma che conserva in nuce, elementi formativi essenziali per l’acquisizione del linguaggio e dei successivi nuovi linguaggi, come il moderno digitale.

Una mamma che accoglie il suo bambino tra le braccia, lo scruta, lo osserva, si sintonizza sulla sua stessa lunghezza d’onda, rispecchia tristezza se il bambino è triste, amplifica il sorriso e la gioia se il bambino mostra contentezza, parla teneramente al bambino che emette vocalizzi, lo tocca, lo culla, lo accarezza e da avvio alla danza coreografica in cui si plasma il motore interno decisionale del bambino, nella sicurezza di un presenza che giorno dopo giorno, assicura presenza e capacità di acquisizione delle informazioni. Anche qui ci sono poche parole, ma tanti sguardi, tanti incontri centrati sulla presenza reale di un genitore che guida, dirige, asseconda, comunica, e permette al bambino di comprendere i segni dell’autenticità vitale tanto necessaria nella liquidità del presente.

Dallo sguardo, si passa alla comunicazione, al dialogo, all’interpretazione dei gesti, alla lettura delle espressioni emotive della rabbia, della gioia, del disgusto, ma anche della noia, della confusione, della paura, che verranno rimodulate in base alla conoscenza del bambino, alle sue caratteristiche, al suo temperamento e lo scanner emotivo dell’individualità di ogni singolo bambino viene trasmesso nella circolarità della rete familiare di riferimento, che supporta l’interpretazione dei vari momenti vitali del nel riconoscimento affettivo del suo vero sé.

Il broncio di Matilde allora viene letto con la sua rivalità con la sorella, e il sorriso di Andrea con la felicità nel sentire il profumo dei biscotti di pan di zenzero che gli ricordano il Natale passato con i nonni. Non si ha bisogno di traduzioni, di interpretazioni, in quanto il canale comunicativo vero appare in tutta la sua naturalità nella conoscenza e nella comprensione autentica dell’altro.

Si legge, si traduce, si apprende nella flessibilità dell’autenticità relazionale, che oggi, ancora più di ieri, deve essere centrata su una presenza affettiva in cui viene rimarcato il valore dell’essere presenti nelle relazioni, per solcare la via dell’autenticità affettiva prima leva formativa di un’educazione digitale che permette di relegare lo strumento fuori dal riconoscimento del sé e dell’altro.

In questo campo di acquisizione la delega allo strumento risulta inevitabilmente fallace.

Bibliografia

Floridi L. (2017), La quarta rivoluzione. Come l’infosfera sta trasformando il mondo, Raffaello Cortina Editore.

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