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Coding, un milione di persone alla settimana europea della programmazione

Siamo entrati nell’era degli oggetti interconnessi che comunicano tra loro e con noi, dell’Internet of Everything, con la necessità di apprendere le regole del pensiero e del linguaggio computazionale per riuscire a muoversi in sicurezza e in maniera disinvolta in questo panorama full digital.

Secondo i dati resi noti ieri mattina dal Commissario europeo per l’economia e la società digitali, Andrus Ansip, più di 970.000 cittadini di ogni età hanno preso parte alla European Code Week 2016, manifestazione per la promozione della cultura della programmazione che si è tenuta in 50 Paesi di tutto il mondo attraverso 23.000 eventi.

Un successo di grandi proporzioni, considerando che la partecipazione è cresciuta del 70% rispetto all’edizione 2015, e che fa ben sperare per l’organizzazione della quinta edizione del prossimo ottobre.

Sono felice che questo movimento dal basso di natura popolare sia cresciuto così tanto in poco tempo, soprattutto perché è relativo ad un tema di estrema rilevanza per il futuro dell’Europa”, ha dichiarato Ansip. “Per partecipare alla società digitale servono competenze di base nella programmazione, una buona dose di creatività e fiducia in sé stessi e nelle nuove tecnologie. Le competenze digitali saranno indispensabili per la crescita economica e dei posti di lavoro”.

Le Code Week europee sono state ideate per promuovere l’alfabetizzazione informatica e digitale in tutti i Paesi dell’Unione europea, soprattutto focalizzando l’attenzione di Istituzioni e insegnanti sugli studenti delle scuole medie e sugli over 60.

Fondamentale inoltre è che nessuno sia escluso dalla società digitale. L’Europa manca di personale dotato di competenze digitali sufficienti per poter occupare i posti di lavoro vacanti in tutti i settori, con la conseguenza che da qui al 2020 mancheranno fino a 750.000 professionisti qualificati nelle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (Tic).

Vivere al di fuori della società digitale significa rischiare di vivere ai margini del mondo del lavoro, dell’economia e della cultura. Saper programmare significa prima di tutto sapere leggere. Il digitale è un linguaggio, come lo può essere la musica, e programmare è un aspetto chiave nella crescita personale e professionale di ogni cittadino.

La disoccupazione fra i giovani di età compresa tra 15 e 24 anni è pari a circa il 20% nell’Ue. Più di un terzo della forza lavoro e, più in generale, circa il 45% dei cittadini europei, possiede solo competenze digitali di base. E questo è un campanello di allarme da non sottovalutare che risuona da troppi anni.

Uguale criticità emerge anche dal mondo delle imprese italiane, sia per scelte strategiche, sia per fattori strutturali legati soprattutto alle ridotte dimensioni. La maggioranza degli utenti ha dichiarato di avere competenze di base (36,6%) o basse (31,4%). Il 60,7% delle imprese con almeno 10 addetti ricorre a personale esterno per le funzioni ICT e solo il 12,5% sceglie di svolgerle per lo più con addetti interni all’impresa o al gruppo.

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