Mettendo una tassa sulle emissioni di CO2 non solo si darebbe un incentivo per la decarbonizzazione del pianeta, ma si raccoglierebbero risorse ampiamente sufficienti a dare l’accesso all’acqua corrente agli oltre 700 milioni di persone che nel mondo ne sono ancora sprovvisti, e rimarrebbe abbastanza denaro per finanziare misure di adattamento e mitigazione del cambiamento climatico. A sostenerlo è uno studio condotto dall’Istituto internazionale per l’analisi dei sistemi applicati (Iiasa) e dal Mercator Research Institute on Global Commons and Climate Change (Mcc).
Soltanto in India, dicono gli esperti nella ricerca pubblicata sulla rivista World Development, una tassa sul carbonio genererebbe circa 115 miliardi di dollari all’anno. Il 12% di questa cifra basterebbe a creare le infrastrutture necessarie per dare alla popolazione acqua, elettricità e servizi igienico-sanitari.
In alcuni paesi, soprattutto nell’Africa subsahariana, le emissioni di CO2 sono così basse che una tassa sul carbonio non sarebbe sufficiente a finanziare le opere necessarie. ‘Tuttavia questa carenza di fondi potrebbe essere colmata considerando che i paesi in via di sviluppo non hanno ancora esaurito il proprio diritto a ‘usare’ l’atmosfera. La CO2 non emessa da questi paesi – spiegano i ricercatori – darebbe loro il diritto a pagamenti di compensazione da parte delle nazioni industrializzate’. Gli studiosi ipotizzano dal 2020 una tassa da 40 dollari per tonnellata di CO2 emessa, che salirebbe a 175 dollari nel 2030.
Le risorse servirebbero a finanziare infrastrutture idriche, elettriche, sanitarie e anche quelle stradali e informatiche. Le entrate in eccesso – sottolineano – potrebbero essere destinate a misure per la mitigazione del cambiamento climatico e per l’adattamento alle conseguenze del riscaldamento terrestre, tra cui l’innalzamento del livello del mare.