Uscire dalla crisi e dall’emergenza Covid-19 attraverso l’impiego delle tecnologie digitali e di rete è stato uno dei primi passi intrapresi da Istituzioni, industrie ed imprese di gran parte dei Paesi ad economia avanzata.
Tra le priorità che le aziende si sono date c’è stata infatti la transizione digitale e il ricorso alle soluzioni cloud computing per il rilancio del lavoro sfruttando internet e le sue piattaforme, grazie a cui è stato possibile svolgere il proprio lavoro da casa, ma anche studiare, fare formazione, acquistare beni e servizi (dall’alimentari all’intrattenimento audiovisivo).
Il cloud come risposta all’emergenza sanitaria
Questa strada è riconosciuta come maestra dalla maggior parte delle organizzazioni economiche, ma anche pubbliche, tanto che la spesa mondiale in servizi cloud raggiungerà i 312 miliardi di euro entro la fine dell’anno in corso, in crescita del +24% rispetto all’anno passato, secondo nuovo Report di IDC.
A tirare di più nell’ultimo anno sono stati i segmenti IaaS (Infrastructure as a Service), con una crescita del +33% dei ricavi su base annua nel 2020, SiSaaS (System Infrastructure Software as a Service), con un +22,4%, PaaS (Platform as a Service), con un +32% quasi, e SaaS (Software as a Service), con un +18%.
“L’accesso a infrastrutture, dati e risorse applicative condivise su rete cloud ha svolto un ruolo fondamentale nell’aiutare le organizzazioni e gli individui a superare i blocchi delle attività economiche, industriali, culturali e sociali legati al Covid-19“, ha affermato Rick Villars , vicepresidente del Worldwide Research group di IDC.
“Nei prossimi anni, la capacità delle imprese di governare un portafoglio in crescita di servizi cloud costituirà la base per introdurre una maggiore automazione nei processi aziendali e IT, con la possibilità di diventare anche più resilienti dal punto di vista digitale”, ha precisato VIllars.
Lo strapotere delle Big Tech, anche nel cloud
Il mercato delle applicazioni cloud più maturo è sicuramento quello SaaS, con un fatturato di 148 miliardi di euro a fine 2020.
Un settore tecnologico in rapida crescita, che al momento vede riproporsi lo strapotere delle big Tech, a partire da Amazon, Microsoft e Google, fino a IBM e Alibaba. Queste prime cinque società rappresentano tutte assieme il 51% del fatturato globale per i servizi cloud.
Amazon Web Service detiene il 24% del mercato, seguito da Microsoft con il 16,6%, quindi Google con il 4,2%, Alibaba con il 3,7% e IBM con il 2,8%.
L’Europa che cede autonomia
Uno strapotere che mette in crisi la libera concorrenza sul mercato, soprattutto a livello locale, che limita la crescita di nuova occupazione, che pone dubbi seri sulla sicurezza dei nostri dati, che mette in una situazione di subordinazione le industrie più rilevanti di un Paese, fino ad aver influenza sulle politiche industriali di una nazione.
Ben venga il progetto Gaia-X dell’Unione europea, perché si deve rimediare ad un controllo del mercato che è tutto sbilanciato verso l’altra sponda dell’Atlantico e in prospettiva verso l’altra parte del mondo.
La nascita della piattaforma europea del cloud, promossa da Francia e Germania, però, se in un primo momento aveva fatto ben sperare nella ricerca di una crescente autonomia dell’Europa da Stati Uniti e Cina, aprendo le porte a società europee, ha poi accettato anche l’ingresso di Microsoft e Amazon al suo interno.
Questo, secondo un articolo di politico.eu, potrebbe influenzare se non condizionare lo sviluppo di Gaia X e del cloud in Europa, magari favorendo alcuni operatori al posto di altri, o alcuni segmenti invece che altri, fino ad influenzare anche il mercato degli investimenti, di cui hanno bisogno gli operatori locali per crescere.
L’Europa sarà capace di tenere fuori dai propri progetti giganti di questo calibro? Le Big Tech dal canto loro saranno capaci di stare dentro ad un piano così grande ed ambizioso, di accettarne principi e obiettivi, senza fare i propri interessi?