Come promuovere al meglio la diffusione della fibra FTTH e il Cloud made in Italy. Questi i temi portanti del convegno annuale dell’AIIP (Associazione italiana Internet Provider) che si è tenuto oggi a Roma nella prestigiosa cornice di Palazzo Wedekind, accanto a Palazzo Chigi. Una sede non casuale dalla quale far giungere idealmente un appello al Governo: “E’ necessario valorizzare al meglio le competenze e la tecnologia delle nostre aziende italiane, stimolando la domanda di fibra tramite Voucher che devono diventare strutturali”, ha detto il Presidente AIIP Giovanni Zorzoni, giunto ormai al suo secondo anno di mandato. Altre priorità dell’AIIP sono lo sviluppo di un mercato Cloud che non sia asimmetrico, troppo sbilanciato a favore di pochi player quali gli Hyperscalers che dominano anche da noi, e una non velata critica alle nuove norme in materia di copyright, alias “legge antipirateria meglio nota come anti pezzotto”, troppo penalizzanti per le pesanti responsabilità che vengono appioppate agli Isp in termini di controllo e rimozione di contenuti trasmessi illegalmente. Perché gli operatori Tlc devono pagare il conto?
Stimolare lo sviluppo e la domanda di FTTH
Il primo obiettivo del nostro paese deve essere quello di valorizzare le tante competenze sconosciute e nascoste, che si celano fra le pieghe di centri di eccellenza troppo spesso poco noti.
“Il fatturato dei soci AIIP è in costante crescita del 30% annuo da 20 anni, pari complessivamente a 1,21 miliardi di euro nel 2021 – dice Zorzoni nel suo intervento di apertura – le nostre aziende sono attive nella rete ma anche in ambito IoT, sicurezza ed energia elettrica per rispondere alle esigenze dei Comuni in relazione ai fondi del PNRR”. Zorzoni si esprime in modo critico sulla neutralità della rete in favore del 5G, che rischia di penalizzare lo sviluppo di nuove frequenze a favore della nuova generazione di WiFi a 1200 Mhz: “Credo che al 5G sia già stato dato molto spettro”, dice Zorzoni.
AIIP è da sempre contraria all’innalzamento dei limiti elettromagnetici e all’introduzione di una telco tax sugli OTT per la realizzazione delle nuove reti in fibra e 5G. AIIP contrario anche all’abbassamento dell’IVA e a interventi di fiscalità non organici. Sì, invece, a sgravi fiscali per i consumi elettrici del settore Tlc e Cloud.
Fortemente positivo invece il giudizio sui voucher per stimolare il passaggio dal rame alla fibra. “I costi di switch off per gli operatori ci sono, la migrazione va sostenuta e i voucher vanno stabilizzati”, ha detto Zorzoni, che anche in tema di parental control obbligatorio chiede di prevedere un dispositivo unico e standardizzato per proteggere la navigazione dei minori.
Fibra FTTH, Filangieri (Fibercop): ‘Copertura bene, a rilento il take up’
Per quanto riguarda la copertura FTTH in Italia, “sta andando bene – dice Carlo Filangieri, ad di Fibercop – quello che va a rilento è il take up della fibra. Ma sono fiducioso, presto la curva cambierà e ci sarà una crescita sostenuta”. Cosa rallenta il take up della fibra FTTH nel nostro paese? “Certamente la rete FTTC, che garantisce velocità a 100 Mbps che sono sufficienti per gran parte dei clienti – ha detto l’ad di Fibercop – anche l’FWA ha avuto il suo ruolo nel rallentare il take up dell’FTTH, che però alla fine si imporrà”. Quando esattamente non si sa, anche se la stessa Fibercop si è aggiudicata parte dei bandi Italia 1 Giga per la copertura FTTH delle aree girigie con i fondi del PNRR entro il 2026.
Nel frattempo, sono due i principali problemi del nostro paese: “Il 54% degli Italiani non ha competenze digitali di base – ha aggiunto Filangieri – e il mercato del mobile è molto aggressivo. Per questo abbiamo un numero di linee fisse inferiore alla media europea e ad altri paesi come Spagna, Francia e Germania. Inoltre, i prezzi del mobile sono bassissimi, anche 8 euro al mese”.
Realizzare la nuova rete FTTH costa e per questo “Noi sul mercato wholesale cerchiamo di fare sinergie con altri operatori – ha detto Fabrizio Casati, Chief Wholesale Officer di Fastweb – usando soluzioni di servizio per l’integrazione di diverse reti di accesso in rame e in fibra. Per quanto riguarda l’FWA, abbiamo due soluzioni una per i 26 Ghz e l’altra per i 3.5 Ghz – dice Casati – le soluzioni funzionano sul campo e i servizi diversi dal fisso crescono, in maniera complementare alla fibra. La nostra customer base sui 26 Ghz ha una velocità media di 600 Mbps, un valore superiore a quello dell’FTCC”.
Difficoltà di take up della fibra, ma i ritardi di Open Fiber sono oggettivi
“La difficoltà del take up dell’FTTH in Italia è oggettiva – ha detto Francesco Nonno, Direttore regolamentazione di Open Fiber – L’evoluzione della copertura cresce in media di quasi il 10% all’anno, mentre il take up è dell’1% o 2% all’anno. La forbice è quindi molto ampia. C’è una difficoltà nel decollare”.
Pesano inoltre i costi di migrazione, che per ogni linea sono di circa 200-300 euro per gli operatori, a fronte di abbonamenti FTTH che sono identici a quelli FTTC. Per questo non si può parlare di una vera e propria migrazione. “Noi stiamo passando in media 800mila clienti all’anno dal rame alla fibra – dice Nonno – a questi ritmi la migrazione completa si verificherebbe nel 2040”, mentrela fine della realizzazione delle reti è prevista nel 2026. In sintesi, per il dirigente di Open Fiber la domanda non è alta e non si disegna una rete in assenza di domanda o sulla prospettiva teorica di una domanda che stenta a decollare.
C’è da dire, però, che i ritardi di Open Fiber sono documentati e denunciati fra gli altri del segretario dell’Udc Lorenzo Cesa in una recente interrogazione: ““La situazione di Open Fiber è drammatica: a ormai quasi 6 anni dall’assegnazione delle prime due gare delle cd. “aree bianche”, su 6,4 milioni di unità immobiliari ne sono state realizzate solo 2,6 milioni di cui appena 150 mila con clienti effettivamente attivi; – si legge nel documento – Per quanto riguarda le cd. “aree grigie” finanziate con i fondi del Pnrr la situazione non è certo migliore: Open Fiber non ha fatto tesoro delle esperienze delle cd. “aree bianche” e la prima milestone è stata ampliamente mancata”.
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Criticità anche su aree grigie
“Anche per quanto riguarda le scadenze di giugno emergono già ora delle criticità, visto che Open Fiber ha già richiesto ad Infratel di rivedere tali impegni – si legge nel documento di Cesa – Questo denota ormai una conclamata incapacità di pianificazione del management di Open Fiber, la sua conseguente inaffidabilità ma soprattutto l’elevato rischio di perdere i fondi europei del Pnrr”, prosegue l’interrogazione”.
Disaggregazione
Una soluzione sarebbe puntare sulla disaggregazione delle reti, “il che vorrebbe dire costi più bassi per l’FTTH secondo uno studio approfondito di SPC Network – ha detto l’avvocato Andrea Valli, dello Studio Valli Mancuso & Associati – I clienti AIIP sono i soggetti migliori per portare la rete ai clienti finali, ma purtroppo l’Agcom non fa nulla per promuovere la disaggregazione”. Per quanto riguarda l’FTTC, “è vero che questa rete è molto forte – dice Valli – ma dentro le case si arriva comunque ad un collo di bottiglia, ed è per questo che bisogna sviluppare la domanda di WiFi”.
Un mercato WiFi forte “è importante in termini di connettività perché non si può pensare di spaccare le case per entrare con la fibra”, aggiunge Zorzoni.
Dal canto suo Luigi Cudia, Responsabile Operations di Infratel Italia, ricorda come in passato (intorno al 2012) sia stato fatto un grosso lavoro sulla disaggregazione, passando da 35mila a 201mila punti di accesso. “Per il take up sono fondamentali i voucher”, ha aggiunto Cutia.
Cloud: bilanciare il mercato sbilanciato sugli Hyperscalers
Per lo sviluppo del Cloud, è necessario capire che il contesto è ben chiaro e sbilanciato a favore di pochi grandi player. “Pochi soggetti generano il 70% del traffico – dice Antonio Baldassarra, ad di Seeweb e responsabile Gruppo di lavoro Cloud dell’AIIP – Non credo però che sia interessante fargli la guerra, perché sono loro che fanno crescere l’utenza. Bisogna però consentire che nuovi entranti arrivino sul mercato, ma la cultura europea purtroppo non è quella americana del garage di Apple. I garage ce li abbiamo anche in Europa, ma non abbiamo la cultura per far nascere la Apple. La commessa pubblica è importante”.
Detto questo, “è necessario valorizzare i player locali”, sostiene Roberto Loro, CTO di Dedagroup, mentre Alessandro Talotta, presidente del MIX, dice che “se il Governo mette 100 miliardi sul PNRR senza riflettere che c’è un’industria che non è in grado di assorbire somme così ingenti di denaro, è ovvio che poi i fondi finiscano ai 3 o 4 grandi player in grado di farlo. Il size dell’Italia non è capace di assorbire somme così ingenti, è per questo che alla fine i finanziamenti finiscono ai soliti noti, pochi Big player”.