Mia figlia sta leggendo in classe “Per questo mi chiamo Giovanni” di L. Garlando, la biografia di Giovanni Falcone raccontata da un padre ad un figlio. Un libro molto bello che avevo già letto qualche tempo fa.
Tanti gli episodi narrati nel testo che colpiscono e restano impressi.
Primo fra tutti la colomba entrata dalla finestra, nella stanza in cui veniva alla luce il piccolo Giovanni Falcone: segno profetico della nascita di un uomo destinato a portare la pace.
Eppure, andando avanti nella lettura, sembrerebbe che, in realtà, il lavoro instancabile del noto magistrato, pace tra la sua gente non l’abbia portata.
Mi sconvolge leggere quelle che furono le reazioni della sua gente di fronte ai successi delle prime sue indagini, in conseguenza delle quali furono chiuse molte imprese colluse con la mafia, specie nel campo dell’edilizia.
Famiglie di operai si riversarono nelle strade di Palermo per protestare CONTRO colui che aveva tolto loro lavoro, e turbato il “quieto vivere” quotidiano della Sicilia di quei tempi.
Sono passati 25 anni dalla morte di Falcone e fenomeni di malaffare e cattiva gestione della cosa pubblica sono ancora all’ordine del giorno; hanno solo cambiato veste.
La mia esperienza personale degli ultimi due anni di lavoro mi porta invece ad affermare che, con tanto impegno ed energia, qualcosa si riesce a fare, si può arrivare a risultati concreti di riduzione degli sprechi e razionalizzazione della spesa, si possono creare le giuste sinergie tra strutture ed istituzioni, e tutto ciò non può che giovare al buon governo del nostro Paese.
Tuttavia, nonostante la rilevanza dei risultati raggiunti, resta la consapevolezza di aver in qualche modo sottratto lavoro per le commesse e i progetti che, seppur giustamente, non sono stati attivati. Resta in qualche modo l’eco di quel “Fateci lavorare” che riempiva le strade di Palermo.
E’ vero, esistono gli scandali e gli sprechi della politica, ma, oggi come ieri, non si può pensare di ridurre sprechi e inefficienze, senza procedere a razionalizzare l’intricata rete di indotto che lavora sulle commesse della Pubblica Amministrazione.
E’ un paradosso, ma esiste quindi una forma di “spreco” che, dentro e fuori la Pubblica Amministrazione, genera lavoro, in larga parte magari inutile, superfluo o dannoso sotto il profilo della sana gestione, ma in ogni caso garantito e retribuito (in maniera diretta o indiretta) dai fondi pubblici.
Per parlare di progresso e sviluppo della nazione, si deve isolare e far crescere forme di lavoro sano e utile; ma per fare questo non si può trascurare l’urgenza di liberare risorse e razionalizzare richieste e fabbisogni della macchina Stato, correndo inevitabilmente il rischio di diventare in qualche modo impopolari nel momento in cui questo processo si scontra con l’esigenza di garantire equilibrio sociale.
L’insegnamento che traggo dalla vita di Falcone, però, è uno solo: per introdurre reali cambiamenti, migliorare la società in cui viviamo, bisogna avere in qualche modo il coraggio di turbare il “quieto vivere”, di andare avanti seguendo sempre e comunque la strada dell’etica e della legalità, dimostrarsi capaci di affrontare difficoltà, contrasto e malcontento.
E’ importante riuscire ad affrontare queste tematiche sui banchi di scuola, magari prendendo spunto dalla semplice lettura di un libro.
La scuola, oggi, è una realtà complessa e dalle dinamiche, molte volte, poco comprensibili. Dirigenti scolastici, insegnanti e genitori si trovano spesso ad affrontare situazioni critiche di vario genere, per affrontare le quali si è totalmente privi di risorse e strumenti.
Per “quieto vivere”, non aumentare contrasti e situazioni di malcontento, si tende sempre a non andare a fondo nell’affrontare i problemi e trovare soluzioni efficaci: ci si rassegna e ci si adatta come si può.
Ma mi domando se sia corretto trasmettere ai ragazzi l’idea che, per “quieto vivere”, è preferibile sempre aspettare “congiunture” migliori.
Sarebbe bene partire dal messaggio chiave del libro: l’unico modo per cercare di migliorare il mondo e risolvere grandi problemi è quello di fare del nostro meglio per migliorare il contesto in cui viviamo. Alla fine, infatti, il piccolo Giovanni (protagonista del libro) reagisce e denuncia la brutta situazione che sta vivendo a scuola.
La colomba apparsa alla nascita di Falcone assume, quindi, un altro e più profondo significato: solo chi ha dentro di sé la pace e la serenità interiore che viene dal compiere il proprio dovere, riesce ad andare avanti, fino in fondo, nella lotta per il bene comune. Persone così non si arrendono di fronte a nessun ostacolo.
Persone così si chiamano eroi. Sono coloro che nascono con la “mutazione genetica” dell’etica e dell’onestà. Sono coloro che da sempre danno fastidio e vanno tolti di mezzo. Solo allora la massa li riconosce come eroi nazionali e salvatori della patria: ma il nostro è un Paese che, da sempre, non merita i propri eroi.
Le nostre speranze sono i ragazzi e la loro voglia, ancora incontaminata, di verità e futuro. I loro pensieri e le loro idee mi stupiscono e mi entusiasmano sempre. Ecco alcune delle espressioni più significative che ho raccolto grazie alla preziosa collaborazione del prof. Stefano Castagna e della prof.ssa Donatella Leto, nell’ambito delle iniziative e dei progetti portati avanti con i ragazzi dell’ I.C. “G. Milanesi” di Roma.