Oggi, anche in concomitanza con il Forum PA dove spesso è stato protagonista, vi proponiamo un articolo che ci ha lasciato in eredità il nostro caro Fausto De Felici.
Fausto era una fucina di idee; l’innovazione, la gestione delle risorse umane, il management uniti all’etica, alla cultura e alle passioni emergono dai suoi scritti, ma soprattutto emergevano dal suo quotidiano.
Tutto ciò lo ritroverete continuamente in questa rubrica anche in articoli non scritti direttamente da lui.
In diverse occasioni trattando di temi legati alla gestione delle risorse umane mi sono confrontato con seri e preparati interlocutori che alla mia proposta di definire un percorso di incentivazione per il personale prontamente mi facevano notare innanzitutto che nell’ambito della Pubblica Amministrazione tutto è vincolato e definito da norme e, quindi, non è possibile applicare approcci premiali normalmente utilizzati nel settore privato.
Certamente la dirigenza pubblica si trova a dover gestire il personale assegnato costretta da molti e stringenti vincoli normativi, ma in realtà, nonostante ciò, vi è ampio spazio di azione. Proviamo a vedere come.
L’importante per un dirigente pubblico è avere a disposizione, nel proprio bagaglio culturale manageriale, gli strumenti corretti sia da un punto di vista metodologico che operativo. Purtroppo ad oggi la presenza di questi strumenti è difficilmente valutabile in quanto nelle materie oggetto delle prove di selezione dei concorsi per i nostri dirigenti pubblici accanto al diritto e un po’ di economia solo raramente vengono inserite materie assonanti al management.
Nonostante ciò, grazie a qualche attento dirigente pubblico, si iniziano timidamente ad analizzare le politiche di gestione del personale e, in tale ambito, la ripartizione dei compensi incentivanti e le altre strategie premiali avvalendosi di metodologie, ormai consolidate proprie delle discipline legate all’organizzazione aziendale. Cito ad esempio la piramide dei bisogni di Abraham Harold Maslow.
Un aspetto importante sottolineato da Maslow, nel lontano 1954, è che il soddisfacimento di un bisogno, rende poco sensibile una persona ad ulteriori stimoli di quel tipo e lo porta, anzi, a cercare di soddisfare bisogni di livello più alto. Ciò indica un ineludibile passaggio nella scala premiale dalla base della piramide dove sono rappresentati i bisogni primari fino al suo vertice dove vengono evidenziati gli elementi di massimo soddisfacimento dell’individuo, definiti di autorealizzazione.
Da qui la necessità, da parte del dirigente, di modulare lo stile di management e la definizione degli obiettivi e degli incentivi, in base al livello di soddisfacimento dei bisogni della persona considerata in un determinato e ben definito contesto socio-economico non disgiunto da una conoscenza delle aspirazioni perseguite dal personale.
Nel nostro caso, con specifico riferimento alla Pubblica Amministrazione, un dirigente “attento alle persone” dovrebbe, quindi, preliminarmente predisporsi all’ascolto delle stesse per comprendere e intercettare quali possano essere le nascoste aspirazioni insoddisfatte del suo personale e questa attività è essenziale soprattutto quando si vanno ad analizzare i bisogni posti al vertice della piramide.
In tale ambito non si tratta certo di utilizzare incentivi e premialità di tipo economico, peraltro fortemente condizionate e normate da leggi e regolamenti nonchè dalla contrattazione collettiva, bensì di attuare strategie organizzative e manageriali che siano in grado di dare concretezza all’aspirazione dei singoli dipendenti.
Può sembrare assurdo e fantasioso, ma a volte l’assegnazione di una ulteriore attività, può corrispondere esattamente ad un bisogno inespresso e fortemente motivante di un collaboratore; soprattutto se questa attività richiede competenze specifiche acquisite e sviluppate dal dipendente e attinte nell’ambito della sua sfera privata.
Non di rado, nella mia personale esperienza professionale è capitato di condividere situazioni nelle quali il personale è stato coinvolto nell’ambito di un progetto chiedendo allo stesso, oltre il proprio apporto professionale specifico, delle competenze del tutto estranee alla sua specifica preparazione professionale. Tanto per esemplificare, un funzionario tecnico del settore ICT, appassionato di fotografia, a cui è stata demandata la realizzazione di un book fotografico per illustrare visivamente i contenuti di una soluzione applicativa. Potete facilmente immaginare il grado di realizzazione raggiunto dal collega che ha avuto l’opportunità di mettere a disposizione dell’Amministrazione una propria competenza professionale associata ad un hobby. Il livello di soddisfazione raggiunto in tal modo non è paragonabile all’unica alternativa costituita da un piccolo assegno premiale.
Di fatto tutto ruota intorno a due paradigmi di riferimento: la conoscenza ed il coinvolgimento delle persone. Perché è bene ricordare che oltre che lavoratori siamo parte di un popolo di poeti, scrittori, artisti…proviamo allora in modo intelligente per “utilizzare” queste competenze nascoste facendole emergere a supporto delle attività istituzionali, l’unico limite è la fantasia.
Si tratta di un investimento quasi a costo zero, ma che può riservare notevoli sorprese dal punto di vista del knowledge management. Relativamente al coinvolgimento delle persone si tratta preliminarmente di lavorare sullo sviluppo delle motivazioni che può essere favorito dalla consapevolezza della rilevanza del proprio lavoro e di quella della propria organizzazione.
In conclusione auspico che ci sia un reale cambio di verso principalmente da un punto di vista culturale nell’ambito della dirigenza pubblica ricordandoci sempre che “si può fare, se si vuole fare!”.