Nei giorni scorsi ho letto un interessante articolo relativo ad una ricerca effettuata dal centro studi “ImpresaLavoro” in 29 Paesi europei, per monitorare quanto l’incidenza del prelievo pubblico sul PIL evidenzi il diverso passo tra Vecchia Europa e blocchi di paesi più dinamici e competitivi: la modalità dell’analisi permette anche di sottolineare le differenze tra chi è parte dell’Unione Europea e chi no, chi partecipa all’unione monetaria e chi ha scelto di mantenere la propria autonomia monetaria.
Tra gli indicatori utilizzati si identificano: il Carico burocratico (numero di procedure e numero di ore necessarie a pagare le tasse), il Total Tax Rate (quota di profitti che una media azienda paga ogni anno allo stato sotto forma di tasse e contributi sociali), il Costo per pagare le tasse (quanto una media impresa spende, sia in termini di tempo che di utilizzo di personale, in procedure burocratiche), la Pressione Fiscale in percentuale del PIL e sulle famiglie per tracciare gli sforzi che un Paese compie per limitarne il peso.
Il grafico che segue evidenzia ciò che già sappiamo: l’Italia è in coda alla graduatoria, con il suo 29mo posto…. e ciò in una nazione, come evidenziato nel rapporto 2016 dell’Eurispes, che affianca al Pil ufficiale di circa 1.500 miliardi di euro, un Pil sommerso equivalente a circa un terzo, ovvero ad almeno 540 miliardi. Semplificando dunque, l’Italia è un Paese di evasori: economia sommersa ed evasione fiscale sono veri e propri fenomeni di massa, in cui trova terreno fertile il lavoro nero.
Tale situazione è peraltro confermata dalla recente pubblicazione dell’indice 2017 della libertà economica, curato dalla The Heritage Foundation: l’Italia, posizionandosi al 79° posto, si colloca tra i Paesi moderatamente liberi. L’indice individua, attraverso diversi tipi di misurazione, quale sia il grado di libertà economica di un Paese:
- Business Freedom (Libertà imprenditoriale)
- Trade Freedom (Libertà di mercato)
- Monetary Freedom (Libertà monetaria)
- Government Size/Spending (Livello delle spese governative in percentuale del PIL)
- Fiscal Freedom (Libertà fiscale)
- Property Rights (Diritti di proprietà)
- Investment Freedom (Libertà di investimento)
- Financial Freedom (Libertà finanziaria)
- Freedom from Corruption (Libertà dalla corruzione)
- Labor Freedom (Libertà del mercato del lavoro), dal 2005
Ma è troppo comodo pensare, come molti italiani fanno, che questo disastro (uno dei tanti) sia responsabilità unica e sola della politica e dei Governi che si sono succeduti … nel nostro piccolo, nel nostro quotidiano, come ci comportiamo? Chiediamo all’idraulico di pagare al nero per “risparmiare” l’IVA? Denunciamo all’INPS la collaboratrice familiare per la metà delle ore effettivamente lavorate per “risparmiare” sui contributi? Ma questa condotta, si rivela essere veramente un risparmio? I costi sociali pagati in termini di inefficienza e di tagli ai servizi pubblici pagati da TUTTA la collettività, valgono la miopia dettata dall’egoismo personale di pensare al proprio portafoglio? Non si può continuare con la logica del “fanno tutti così”, o del “perché proprio io devo essere diverso”? È ora di affermare con forza e orgoglio la propria diversità.
Noi siamo parte di un tutto, siamo l’ingrediente che dà sapore a quel “bene comune” che siamo in grado di apprezzare solo se sappiamo far prevalere la coscienza civica sugli interessi personali e privati… per essere, come diceva Gandhi, the change you wish to see in the world.