Oggigiorno, sentiamo sempre più spesso citare l’espressione: «digital divide», ma siamo davvero certi di aver compreso pienamente cosa si intenda con questa locuzione? Secondo quanto riportato da «Enciclopedia della Scienza e della Tecnica» della Treccani online, «digital divide» si definisce come:
«Espressione nata in seno all’amministrazione statunitense della presidenza Clinton (1993-2001) per indicare la disparità nelle possibilità di accesso ai servizi telematici tra la popolazione americana. L’uso dell’espressione è oggi diffuso a livello mondiale, a indicare la consapevolezza globale di una problematica di accesso ai mezzi di informazione e comunicazione da parte di determinate aree geografiche o fasce di popolazione. Il digital divide si manifesta a livello locale, nazionale e globale e le sue cause possono essere molteplici; è una problematica sfaccettata e complessa, derivante a vario titolo da ragioni tecnologiche, educativo-didattiche ed economiche. A livello globale sono soprattutto divari economici a determinare disparità nelle possibilità di accesso alle tecnologie: fatta eccezione per alcune nazioni asiatiche, produttrici di tecnologie a basso costo per i mercati occidentali, i paesi più poveri da un lato non dispongono dei fondi necessarie all’acquisto di infrastrutture informatiche e alla loro interconnessione, dall’altro mancano di strutture e programmi didattici in grado di formare le popolazioni all’uso o alla produzione di nuove tecnologie. È innegabile, peraltro, la minore priorità di tale problematica rispetto alle precarie condizioni di vita delle popolazioni di quei paesi. A livello nazionale le disparità sono causate sia da diversità nelle condizioni socioeconomiche di regioni diverse di una stessa nazione, sia dall’esistenza di zone troppo remote, isolate o difficili da raggiungere per rappresentare un investimento sostenibile per le compagnie addette alle telecomunicazioni. A livello locale le summenzionate cause geografiche possono generare vere e proprie zone d’ombra nella copertura di area talvolta difficilmente raggiunte dai segnali radiotelevisivi e dalle reti cellulari. Le soluzioni proposte al digital divide vertono in parte sulla ricerca di interventi tecnologici idonei: nelle zone più povere la scommessa è sulla diffusione di tecnologie a bassissimo costo e di connettività condivisa, al fine di innescare un circolo virtuoso educazione-crescita in grado di migliorare le prospettive di vita delle nuove generazioni. La possibilità di interconnettere zone distanti diversi chilometri attraverso radiofrequenze e a costi contenuti offerta da tecnologie in via di diffusione (Wi-Max) rappresenta una possibilità concreta di colmare il divario digitale in paesi disomogeneamente informatizzati».
Sono partita dalla definizione di «digital divide» per enfatizzare il valore del progetto di cui, oggi, intendo parlarvi: «L’angolo del computer». Questo mio articolo intende essere una testimonianza del fatto che, anche in una città caotica e disaggregante, qual è Roma, possono sorgere splendide iniziative. Voglio raccontarvi questa bella storia attraverso il dialogo intercorso con Emanuele Mattei, la vera anima del suddetto progetto.
Grande appassionato di nuove tecnologie, Emanuele lavora come sviluppatore software da circa vent’anni ed è da sempre impegnato nello sviluppo, a tutti i livelli, di una diffusa «cultura della società dell’informazione». Emanuele, molto impegnato anche in progetti sociali e di tutela dell’ambiente, come già accennato, è il promotore dell’iniziativa «L’angolo del computer», con la quale si mira ad informatizzare tutti i Centri anziani della città di Roma, e non mi pare una cosa di poco conto. Negli ultimi anni, la passione e l’impegno di Emanuele, lo hanno portato a contatto con le attività core dei «cittadini attivi» della Corte dei conti, divenendo in tal modo anche un acceso sostenitore della lotta al malcostume e al malaffare.
Emanuele, allora, cominciamo questa nostra chiacchierata raccontando ai nostri lettori la genesi del tuo progetto.
Il progetto è molto giovane, nasce nel 2011, e la sua partenogenesi può essere individuata in tre sole parole: umiltà, semplicità, solidarietà. Il connubio di questi tre elementi ha rappresentato la molla iniziale. Preliminarmente non vi era nulla che facesse pensare ad un vero e proprio progetto, almeno non nei tradizionali canoni; non c’era alcuna strategia, né obiettivi da perseguire, ma solo il desiderio di essere d’aiuto a chi volesse essere aiutato. La mia iniziativa è sempre stata aperta a tutti, ovvero, non appannaggio delle sole persone del nostro quartiere, ma a beneficio di tutti i cittadini che gradissero prenderne parte, senza discriminazione alcuna. Unico requisito: aver voglia di imparare. Tale progetto prende vita nella struttura edilizia del Centro anziani, che è stata realizzata nel 2009 e, ad oggi, ospita oltre 500 membri. La costruzione, caratterizzata dai più moderni razionali, ci consente di ottimizzare la gestione di ampi spazi, fornendoci pertanto l’opportunità di condurre molte attività eterogenee; dal cineforum alle cene sociali, dalla sala da ballo al gioco delle bocce, dalla sala TV alle sale d’intrattenimento.
Scendiamo un po’ più nel dettaglio; illustraci in cosa consiste il progetto.
«L’angolo del computer» vuole essere un luogo di aggregazione e condivisione, aperto, accessibile ed inclusivo, dove è possibile imparare ad utilizzare il computer, ricevere assistenza software e navigare in Internet, imparando in tal modo ad usufruire di tutti i servizi che l’universo web mette a disposizione. Sottolineo che tutto ciò è offerto gratuitamente dallo stesso Centro anziani. Si tratta, insomma, del primo ed unico luogo della Capitale dove le tecnologie sono accessibili e di facile utilizzo per tutti. In particolare, mi preme evidenziare che la formazione si svolge in una sala realizzata a costo zero, grazie alla donazione di materiale usato: PC desktop, PC portatili, stampanti, connettività WiFi e suppellettili delle più varie, da parte di Aziende, Fondazioni, Associazioni ed Enti pubblici. A titolo puramente indicativo, gradisco ricordarne alcuni tra i più conosciuti: Corte dei conti, Corte Costituzionale, Microsoft, Netgear, Cisis, Ehiweb e Kaspersky. Insomma, piano piano, il Centro anziani è divenuto un significativo riferimento sociale e culturale per l’intero quartiere. In questi termini, «L’angolo del computer» si sta rivelando un progetto davvero innovativo. Come puoi ben immaginare, Loredana, constatare quanta solidarietà ci sia in giro è ciò che ha colmato il mio cuore di gioia. Una solidarietà diffusa, ma latente, che necessita solo di essere stimolata per poi essere in grado di fiorire autonomamente, anche nel disagio di una grande città come Roma. Ecco, aver toccato con mano tutto questo è il nostro più grande appagamento.
Mi sembra dunque di capire che le ragioni di questa tua scelta sono state premianti.
Si, decisamente. La digitalizzazione è un fattore primario ed abilitante per lo sviluppo civile, sociale ed economico di tutto il nostro Paese, ma anche nei piccoli problemi del quotidiano l’informatica gioca un ruolo fondamentale e costituisce un ausilio indispensabile, nonché un canale comunicativo privilegiato per la diffusione puntuale, veloce e corretta dell’informazione. Cerchiamo di essere realistici, oggigiorno è impossibile trascurare la tecnologia, in ciascun settore della nostra società. Come dicevo, l’informazione viaggia prevalentemente in rete, chi rimanesse escluso dall’informazione, rimarrebbe ai margini della collettività e non riuscirebbe più ad usufruire delle enormi potenzialità offerte da una vita democratica. Purtroppo, come spesso ribadito anche dall’Ing. Luca Attias, il vero problema è che il nostro «Bel Paese» si trova fortemente in ritardo con il processo di digitalizzazione e, anche per tale motivo, sempre in fondo a tutte le classifiche redatte dalle maggiori organizzazioni internazionali. In questo ambito, dobbiamo fare degli sforzi e risalire la china molto velocemente. Abbiamo tanto lavoro da fare e dobbiamo trovare il coraggio e la forza di rimboccarci le maniche, non possiamo permetterci di sprecare altro tempo, altrimenti corriamo il rischio di veder aumentare il divario con gli altri Paesi, che, oltre ad essere già più avanti di noi, progrediscono anche più speditamente.
Ti pongo una domanda, forse ingenua: la tecnologia può essere veramente utile ad una persona anziana?
Molto più che utile, direi indispensabile. I membri più anziani de «L’angolo del computer» utilizzano prevalentemente Skype, Facebook o WhatsApp, perché tali servizi permettono loro di mantenere contatti con parenti ed amici, soprattutto se lontani. Inoltre, alcuni vivono una condizione sociale disagiata sotto il profilo economico e la tecnologia, se utilizzata in modo corretto, può contribuire a piallare, almeno in parte, le disparità. L’informatica è di loro ausilio anche, ad esempio, nell’ambito della sanità, per le prenotazioni di visite e la consultazione dei referti on-line. Oltretutto, se davvero siamo convinti che la digitalizzazione sia un fattore primario ed abilitante e riteniamo, conseguentemente, che sia fondamentale agire sulla scuola a beneficio delle future generazioni, come possiamo pensare di escludere da questo processo gli anziani? Ciò che intendo dire è che non possiamo pensare ad un progresso disomogeneo della nostra comunità, creando, anche solo involontariamente, una cittadinanza di seria «A» ed una di serie «B». I meno giovani hanno il sacrosanto diritto di avere delle opportunità e nel nostro Centro anziani il «digital divide» è un concetto che non ha possibilità d’accesso.
I vostri allievi «non più giovani» come rispondono alle sollecitazioni?
Rispondono con un entusiasmo e una passione encomiabili, da far invidia anche ai più giovani, davvero. Hanno tanta voglia di imparare, partecipano attivamente alle lezioni solleticati da una genuina curiosità e voglia di fare. Figurarsi che mi chiedono anche di poter fare i «compiti a casa», per potersi esercitare nei giorni in cui non si tengono i corsi. Per altro, il calendario è fitto e scandito in modo molto attento, come fossimo a scuola: lunedì «Corso Skype», mercoledì «Informatica di base», venerdì «Navigazione Internet». Per riassumere cito un solo dato, che vuole essere indicativo della bontà qualitativa del lavoro che noi tutti, congiuntamente, stiamo svolgendo: dal 2011 ad oggi, hanno frequentato i nostri corsi di informatica oltre 1600 persone, che in tal modo si sono rese totalmente autonome nell’utilizzo delle nuove tecnologie. Questi numeri si commentano da sé e sono il nostro maggior vanto, perché indicano che stiamo operando nella giusta direzione.
Sono curiosa di sapere come riuscite a gestire il Centro anziani con tutti gli impegni, sia lavorativi, che familiari.
Riusciamo grazie al forte entusiasmo del Presidente, Amedeo, e all’abnegazione di alcuni volontari, i quali garantiscono la regolare e costante erogazione di tutti i servizi, corsi inclusi. Tra l’altro ti faccio presente che, nell’ambito del nostro quartiere, il Centro anziani costituisce un nucleo stabile di aggregazione e comunione, tanto per gli anziani, quanto per i giovani; si organizzano manifestazioni, incontri e dibattiti, per di più, le porte del centro sono sempre aperte alle tante necessità della casa-famiglia del carcere di Rebibbia, in un clima di totale ed indiscussa familiarità. Tali incontri sono supportati da personale altamente qualificato sui temi oggetto dei vari incontri. Insomma, per farla breve, una bella mole di lavoro per tutti, ma che viene ampiamente ripagata dall’approvazione e dalla partecipazione della comunità stessa.
Quali sono i vostri obiettivi futuri?
La vita è un bene prezioso ed inestimabile e deve essere valorizzata, anche attraverso l’istruzione. A tal proposito, voglio riportare una significativa frase pronunciata da Albert Einstein: «Once you stop learning, you start dying». Detto in altri termini, nella vita non possiamo mai smettere di imparare, pena l’esclusione e l’emarginazione; adattarsi ai tempi deve essere un «must». Mi auguro dal profondo del cuore che ulteriori Aziende, Fondazioni, Associazioni ed Enti pubblici ci facciano sentire la loro vicinanza. Credimi, la solidarietà non è mai abbastanza. Ad oggi, questo nostro progetto vede coinvolti, oltre al primo, altri 20 Centri anziani della Capitale, ma il nostro obiettivo è di offrire un servizio a tutti. Considera che, nella città di Roma, i Centri anziani sono 156. Va da sé che per la buona riuscita del progetto abbiamo bisogno della solidarietà di tutti, nessuno escluso.
Caspita, un obiettivo importante e di spessore morale notevole. Bè, vogliamo fare un po’ di «pubblicità» al progetto?
Si, mi sembra una buona idea. Venite a visitarci numerosi in via Canterano n. 12, presso la via Tiburtina, poco fuori dal Grande Raccordo Anulare, in zona Settecamini, sarete i benvenuti.
Se gradite, visitate anche il nostro sito: http://settecamini.blogspot.it
Vorrei chiudere questa nostra bella chiacchierata con una favola, in perfetta sintonia con quanto abbiamo detto finora e che dimostra come nella vita bisogna sempre essere disposti ad aiutarsi, sostituendo, ogniqualvolta se ne ha la possibilità, la parola «parcellizzazione» con «unificazione» ed il termine «individualismo» con «solidarietà».
«Il cavallo e l’asino»:
«C’era una volta un uomo che aveva un asino e un cavallo. Un giorno stavano viaggiando per la strada quando l’asino disse al cavallo: “Prendi un po’ del mio carico se non vuoi vedermi morto”. Ma l’altro non volle saperne. L’asino, sfinito dalla fatica e dagli stenti, stramazzò a terra e morì. Allora il padrone trasferì sul dorso del cavallo tutto il carico che portava l’asino e in più la pelle dell’asino. Il cavallo allora piangendo esclamò: “Ahimè disgraziato! Che cosa mi è mai successo, povero infelice! Per aver rifiutato parte di quel peso, ora sono costretto a portarlo tutto, e in più anche la pelle» (Esopo).
La foto è presa dal blog settecamini.blogspot.it