Il 50% della popolazione mondiale vive oggi in centri urbani di varie dimensioni. Entro il 2050 tale dato potrebbe salire al 70%. Le Nazioni Unite hanno tentato di calcolare il numero esatto: entro il 2050 gli abitanti delle città di tutto il mondo dovrebbero arrivare a 6,4 miliardi.
Si tratta di un balzo in avanti dell’84% rispetto al 2009 (quanto gli abitanti dei centri urbani erano circa 2,5 miliardi).
Ne consegue che lo sviluppo urbano sarà rapido, irregolare e molto probabilmente fuori controllo. Nelle città infatti non si concentrano solo gli esseri umani, ma anche le attività economiche principali e un gran livello di traffico.
I centri urbani saranno sempre più i motori delle economie locali e nazionali e, secondo il nuovo studio “Città sostenibili: buone pratiche nel mondo” pubblicato nei giorni scorsi dal Gestore servizi energetici (Gse), è proprio nei conglomerati urbani che si concentra oltre l’80% delle attività economiche globali.
Le ricadute di tale fenomeno demografico, economico ed industriale, in termini sociali ed ambientali sono enormi: “le città occupano solo il 3% della superficie mondiale, ma sono responsabili del 75% del consumo di risorse e delle emissioni globali”.
Prendendo come punto di riferimento i 17 obiettivi strategici contenuti nell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile, adottata dalle Nazioni Unite nel 2015, concentrando risorse, soluzioni ed esperienze al punto 11 (“Città e comunità sostenibili”) è possibile secondo il Gse ridurre gli effetti negativi dell’impatto ambientale delle città, in particolare in termini di qualità dell’aria e gestione dei rifiuti, nonché fornire l’accesso ai sistemi di trasporto sostenibili, sicuri e convenienti.
Ulteriori azioni da realizzare sono la promozione di forme inclusive e sostenibili di urbanizzazione, basate su un approccio partecipativo e integrato alla pianificazione urbana, e la garanzia di un accesso universale a spazi verdi e pubblici sicuri e inclusivi.
Tra le diverse best practice riportate nel documento, sono la mobilità sostenibile, la smart mobility e l’efficienza energetica (con il ricorso alle fonti rinnovabili) quelle più diffuse, accompagnate da schede di approfondimento dedicate a diverse città, tra cui Anversa, Bristol, Francoforte, Londra, Parigi, Stoccolma, Seoul.
Per l’Italia c’è Milano, che nel 2015 si aggiudicò nel 2015 uno degli Eurocities Awards per le smart cities nella sezione mobilità intelligente, inserita in lista per i suoi progetti dedicati alla mobilità pulita e alternativa.
Auto e bici condivise (sharing mobility), veicoli elettrici (eMobility), una rete dei trasporti pubblici efficiente e di qualità, le piste ciclabili e nuovi percorsi pedonali, sono solo alcuni dei principali fattori di crescita della sostenibilità urbana a Milano.
Il progetto “Meno automobili, più spazi comuni, una migliore qualità della vita per tutti”, ha ricordato il Report, è stato valutato positivamente in quanto è riuscito a ridurre del 30% il traffico urbano (questo dato si traduce in 40.000 vetture in meno ogni giorno in città), a liberare 150.000 m2 di suolo urbano dalle auto e a inserire nell’ecosistema urbano 6.700 mezzi in condivisione.
Ottime anche le performance fatte registrare in tema di Low Emission Zone, nel livello di utilizzo del sistema di trasporto pubblico, misurato dal numero medio di viaggi pro-capite e nella quota di viaggi totali effettuati con mezzi pubblici, che hanno permesso a Milano di conquistare il 18° posto nel Sustainable Cities Mobility Index 2017 di Arcadis (11° posto in Europa e 1° in Italia).