Il trend

Città e disuguaglianze: in Europa si afferma il classismo immobiliare, nel resto del mondo le baraccopoli

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Oggi un essere umano su quattro vive in città, ma in strutture abitative inadeguate e con accesso inadeguato all’acqua potabile e l’energia. In Europa, invece, cresce un mercato immobiliare sempre più classista e il pericolo “bolla” è dietro l’angolo. L’opportunità delle smart cities.

Lo sappiamo tutti, entro il 2050 quasi il 70% della popolazione mondiale vivrà in città, in grande metropoli. Sono dati delle Nazioni Unite confermati da altre istituzioni sovranazionali e da ulteriori ricerche universitarie a livello globale.

Se nel 1990 c’erano non più di 10 città con oltre 10 milioni di abitanti, entro il 2030 se ne aspettano 43, molte delle quali in Paesi economicamente deboli e socialmente instabili. In questo scenario globale sempre più incerto, minaccioso e allo stesso tempo ricco di opportunità (per chi è in grado di coglierle), si deve fare i conti con due tendenze dominanti opposte in forte affermazione: il classismo immobiliare europeo e la crescita irregolare, violenta e selvaggia delle periferie delle città nel resto mondo.

In Europa, ad esempio, secondo stime dello European systemic risk board (Esrb), l’agenzia per il rischio sistemico della Banca centrale europea (Bce), 19 Paesi su 31 evidenziano diverse vulnerabilità del mercato immobiliare, con inevitabili ripercussioni sulla stabilità del sistema finanziario.

Tra i Paesi “più a rischio” l’Esrb mette Olanda, Lussemburgo, Danimarca, Svezia e Norvegia, mentre tra i vulnerabili ci sono anche Austria, Belgio, Repubblica Ceca, Germania, Estonia, Finlandia, Francia, Irlanda, Islanda, Malta, Portogallo, Slovacchia, Slovenia e Regno Unito.

La bolla europea

A preoccupare sono i livelli di indebitamento, i prezzi sopravvalutati e la crescita economica debole o l’eventuale stagnazione. Secondo un recente studio UBS, la possibilità di una bolla immobiliare in Europa è forte. Tra il 2014 ed il 2018 i prezzi sono aumentati del 35% in media.

A livello globale, le città più esposte ad una prossima bolla sono Monaco, Toronto, Hong Kong, Amsterdam, Francoforte, Vancouver e Parigi: “Nel capoluogo bavarese, ad esempio, la crescita economica e demografica e la carenza di nuove costruzioni avrebbero favorito un boom dei prezzi, più che raddoppiati nell’ultimo decennio. Nello stesso periodo di tempo gli affitti al netto dell’inflazione sono cresciuti del 40%”, si legge in un articolo pubblicato su valori.it.

In Italia il mercato immobiliare ha perso quasi il 25% del valore negli ultimi anni, ma la città di Milano, ad esempio, è in netta controtendenza (primo trimestre 2019), con un aumento dei prezzi su base annua del +11% e del +4,6% su base trimestrale.

Secondo il New York Times, a livello mondiale si sta prendendo una strada molto pericolosa, con l’affermarsi dei mercati immobiliari classisti in un contesto economico fragile. Tra il 2014 ed il 2019, gli interessi medi sui mutui si sono dimezzati in Europa, il reddito disponibile dei cittadini è cresciuto di oltre il 10%, mentre i prezzi delle abitazioni sono schizzati alle stelle, aumentando del +20%.

Ricordando i dati dell’associazione Housing Europe, per mutui ed affitti viene speso all’incirca il 25% del reddito degli inquilini (era del 17% vent’anni fa.) Per un europeo su dieci, infine, il peso della rata o del canone mensile supera il 40% delle entrate.

Le baraccopoli globali

E poi c’è il fenomeno baraccopoli a livello mondiale, che affligge e investirà sempre più le città di Africa, Asia e America Latina. Secondo dati dell’agenzia Habit delle Nazioni Unite, riportati da Álvaro Puertas Robina, architetto e segretario generale della rete globale per i diritti relativi all’abitazione, Habitat International Coalition (Hic) su osservatoriodiritti.it, dopo una lieve riduzione tra il 2000 ed il 2014 (si è passati dal 28% al 23% della popolazione urbana globale), a partire dal 2019 si è assistito ad un netto aumento, che ha portato le persone che abitano nelle baraccopoli alla cifra di 1,9 miliardi (nel 2018 superavano di poco 1,3 miliardi).

Complessivamente, si stima che un essere umano su quattro vive già in insediamenti urbani definiti “informali”, cioè sotto il limite di quello che consideriamo un livello dignitoso di abitazione, in totale mancanza di sicurezza, di accesso inadeguato all’acqua potabile, all’energia e ai servizi igienico-sanitari di base, in condizioni di scarsa qualità abitativa anche per i materiali utilizzati e soprattutto in una condizione generale di allarmante sovraffollamento (che i cambiamenti climatici potrebbero rendere un fattore molto critico per la qualità della vita in città e la sostenibilità ambientale).

Dalle città alle smart cities

Fondamentale, a questo punto, provare ad immaginare una nuova idea di vita in città, più inclusiva, più centrata sulle necessità degli individui come delle comunità, più sostenibile a livello ambientale e orientata all’innovazione. Le smart cities rappresentano in questi termini un’opportunità, che non va sprecata.

La governance condivisa, la possibilità di interazione continua con i centri amministrativi decisionali che le nuove tecnologie oggi rendono possibile, è un’opportunità che tutti dobbiamo cogliere, affinchè possiamo essere protagonisti e artefici della costruzione e dello sviluppo della nostra città.

Una città non inquinata, efficiente, con trasporti pubblici adeguati e accessibili a tutti, ma anche una città inclusiva dove chiunque possa esprimersi e vivere appieno la propria vita, è la scommessa del futuro, sulla quale stanno puntando le Nazioni Unite, ma anche l’Unione Europea e le stesse amministrazioni locali, con l’obiettivo di garantire a tutti “l’accesso ad alloggi adeguati, sicuri e convenienti e ai servizi di base” e di “riqualificare i quartieri poveri e degradati”.

Non sarà una cosa semplice, perché il paradigma smart city ha fin da subito attirato le attenzioni non solo di Governi e organismi internazionali come le Nazioni Unite, ma anche di fondi di investimento e di immancabili speculatori, ma è ancora possibile intervenire evitando manovre rischiose e storture finanziarie.

Il rischio più grande è che la qualità della vita diventi una merce su cui speculare sui mercati globali. Centinaia di milioni di persone già oggi sperimentano disuguaglianze crescenti nelle megalopoli globali e troppo spesso si da più spazio alle tecnologie che alle persone nelle priorità di governo di un territorio vasto, sovraffollato e complesso come quello della modernità urbana.

Alla fine del 2018, il mercato delle tecnologie e dei servizi smart city ha raggiunto un valore globale pari a 528,16 miliardi di dollari, secondo dati diffusi dalla società Mordor Intelligence, ma il vero e proprio boom è ormai alle porte, con un trend di crescita annuo (Carg 2019-2024) calcolato attorno al 18,30%. Il Report stima infatti che il mercato mondiale delle tecnologie e dei servizi smart city possa raggiungere un valore approssimativo di 1.448 miliardi di dollari entro il 2024.

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