Questa sera, lunedì 28 ottobre 2024, la comunità professionale del cinema e dell’audiovisivo italiano attende con curiosità la seconda puntata dell’inchiesta avviata da Rete 4 ovvero dal talk “Quarta Repubblica” condotto da Nicola Porro: come è noto, la prima puntata, lunedì scorso, è stata oggetto di controverse interpretazioni… ovvero: se, da un lato, è apprezzabile che anche media “mainstream” si interessino di una così delicata questione di politica culturale, dall’altro lato è evidente che i processi di semplificazione “linguistica” del medium televisivo corrono il rischio di provocare confusione, soprattutto se l’approccio scandalistico prevale sull’analisi oggettiva dei dati… Il rischio sempre latente è quello di offrire un’immagine limitata e fuorviante (per esempio, puntando il dito su compensi milionari di registi, dimenticando che molti giovani sceneggiatori fanno la fame…).
Si rimanda alle nostre considerazioni critiche su queste colonne, martedì della scorsa settimana: vedi “Key4biz” del 22 ottobre 2024, “Tax credit cineaudiovisivo, ‘Quarta Repubblica’ di Porro spara a zero. Ed è solo la prima puntata”.
Senza mai dimenticare che – sullo scenario – sono in ballo gli interessi di “poteri forti”, come quelli delle due maggiori associazioni di produttori, la lobby cinematografica Anica e la lobby televisiva Apa, che hanno evidentemente anche interazioni con “broadcaster” come Mediaset (che – si ricordi – controlla anche uno dei “player” più importanti del settore “theatrical”, qual è Medusa)… E senza dimenticare il ruolo centrale che ha nel sistema anche la controllata del servizio pubblico radio-televisivo, qual è Rai Cinema…
Sarà quindi interessante osservare se la “seconda puntata” di Porro focalizzerà l’attenzione sui “big player”, che sono stati i maggiori beneficiari della “Legge Franceschini”, senza demonizzare i piccoli imprenditori ed i produttori indipendenti, che sono i principali danneggiati a causa dei potenziali effetti della “riforma Borgonzoni”…
“Riforma” di cui poco ancora si parla – pure sulla stampa specializzata – anche perché la tortuosità del testo del “decreto interministeriale” del 10 luglio 2024 (il cosiddetto testo di riforma del “Tax Credit Produzione Cinema”, co-firmato dall’allora ancora Ministro Gennaro Sangiuliano e dal suo collega Giancarlo Giorgetti del Mef, pubblicato il 14 agosto 2024) e dei successivi “decreti direttoriali” (firmati dal Dg Nicola Borrelli, anche oggi 28 ottobre ne è stato pubblicato un altro, per l’apertura della “sessione” per la “presentazione delle richieste preventive e definitive” del tax credit) è tale da richiedere approfondite e faticose… “interpretazioni” (si tratta di testi veramente confusi e talvolta criptici).
Fatto è che – come abbiamo già segnalato – stanno per essere presentati al Tar del Lazio variegati ricorsi da parte di una serie di produttori indipendenti, e quindi latente è il rischio che la “macchina burocratica” del Ministero finisca per essere nuovamente bloccata: sarebbe una conseguenza paradossale di iniziative comunque comprensibili.
Come abbiamo ben illustrato nell’ultimo intervento di IsICult Istituto italiano per l’Industria Culturale sulle colonne di questo quotidiano online, la vera verità è stata finalmente svelata: si veda “Key4biz” del 25 ottobre 2024, “Tax Credit, ecco i veri dati: buco di oltre 600 milioni”.
A causa dell’accresciuto deficit nella (mala) gestione delle risorse del “Tax Credit”, nella primavera del 2023, a pochi mesi dall’insediamento del Governo Meloni (fine ottobre 2022), si è deciso di sospendere i flussi economici, di congelare la macchina ministeriale, onde evitare che il “buco” nella gestione delle risorse pubbliche crescesse oltre…
È stata quindi messa in scena “l’idea della riforma”, che si è “inspiegabilmente” trascinata per oltre un anno, paralizzando il settore, mettendo in difficoltà migliaia di lavoratori, determinando il rischio della morte di centinaia di piccole imprese…
La vera ragione del ritardo nella gestazione della riforma è questa: il Governo (il Mef prima, il Mic poi) si è reso conto che lo “splafonamento” del Tax Credit stava raggiungendo proporzioni ingestibili, oltre che impressionanti.
La tabella che abbiamo pubblicato venerdì scorso su queste colonne parla chiaro: oltre 600 milioni di “buco”, nel periodo che va dal 2017 al 2022, secondo dati ufficiali dello stesso Ministero della Cultura (Dgca)…
I dati relativi al 2023 sono purtroppo ignoti, perché – ancora una volta – quella stessa previsione di legge, ovvero l’obbligo da parte della Direzione Cinema e Audiovisivo del Mic di trasmettere al Parlamento, entro il 30 settembre di ogni anno, una relazione sull’uso del Fondo Cinema e Audiovisivo, ovvero la “valutazione di impatto” (obbligo peraltro previsto dalla stessa Legge Franceschini), è stato disattesa.
L’ultima relazione pubblica è quella relativa all’anno 2022, ed è stata trasmessa – ancora una volta in sordina – al Parlamento nell’aprile scorso, e “pubblicizzata” dalla Sottosegretaria Borgonzoni soltanto a metà luglio 2024.
Ed era la relazione sull’anno 2022… Chissà quando vedrà la luce quella del 2023!
Ritardi non soltanto nella gestazione della riforma della Franceschini, quindi, ma anche nella pubblicazione di un pur minimo set di dati che possa consentire di comprendere lo stato di salute del settore.
Si rinnova una bassa pratica di scarsa trasparenza.
E, in queste perduranti e fitte nebbie, è possibile giocare con le numerologie (manovrarle e manipolarle, finanche), dato che non esistono soggetti terzi indipendenti che possano validare dati ed analisi: “ad usum Delphini”, insomma.
AgCult rilancia IsICult-Key4biz: “Tax Credit Cinema, Zaccone Teodosi (IsICult): In 2017-22 spesi 2,6mld contro 2 previsti”
L’agenzia stampa AgCult, diretta da Ottorino De Sossi, venerdì sera ha rilanciato l’intervento IsICult su “Key4biz”, titolando “Tax Credit Cinema, Zaccone Teodosi (IsICult): In 2017-22 spesi 2,6mld contro 2 previsti”:
« AgCult –25 ottobre 2024 19:38. L’Istituto italiano per l’Industria Culturale – IsICult pubblica oggi sul quotidiano online “Key4biz” (specializzato sull’economia digitale e le culture del futuro, diretto da Luigi Garofalo) un inedito set di dati che evidenzia “il deficit di informazioni, di valutazioni e di controlli nella gestione del Tax Credit a favore del settore cine-audiovisivo”. Il Presidente di IsICult Angelo Zaccone Teodosi sostiene che “dalle elaborazioni emergono profonde perplessità su come è stata gestita la spesa pubblica. Nell’arco di 8 anni, il Fondo per il Cinema e lo Spettacolo è costato ben 5 miliardi di euro allo Stato ovvero ai contribuenti italiani. Ciò si traduce in una media annua di 562 milioni di euro (si ricordi che in origine l’allora Ministro della Cultura nonché ‘padre’ della legge che porta il suo nome aveva voluto stabilizzarlo a 400 milioni; si noti bene che nel 2016 il cinema aveva assorbito soltanto 77 milioni sul totale di 406 milioni complessivi del Fus). Il totale del Fondo, però, nel corso dei primi 6 anni di applicazione della legge (i dati degli anni 2023 e 2024 non sono ad oggi disponibili) ha determinato una spesa pubblica di 3.782 milioni di euro, a fronte di una previsione di 3.057 milioni di euro (totale di quanto previsto dai “piani di riparto” per gli anni del periodo 2017-2022). Ne deriva che s’è ‘sforato’, tra il 2017 ed il 2022, di ben 730 milioni, ovvero 122 milioni di euro l’anno ‘in media’. Focalizzando l’attenzione sullo strumento del Tax Credit soltanto, considerando i dati di consuntivo e quindi i 6 anni che vanno dal 2017 al 2022, la spesa è stata di 2.620 milioni, a fronte dei 1.998,8 milioni previsti (dai “piani di riparto”), con un ‘buco’ nell’ordine di 631 milioni, corrispondenti ad una media annua di 105 milioni di euro. Nei 6 anni dal 2017 al 2022, il Tax Credit ha assorbito il 69 % del totale del Fondo Cinema e Audiovisivo, a fronte del previsto 65 %”. Il Presidente di IsICult sostiene che “la vera verità della riforma della Legge Franceschini è che essa è stata dettata dalla preoccupazione per il sedimentatosi ‘buco’ di bilancio”.»
Per spirito scientifico e finanche civile, l’IsICult (centro di ricerca indipendente, non sostenuto da nessuno – è opportuno precisare – per queste ardite intraprese) ha cercato e cerca di fare un po’ di chiarezza, ma prevalgono ancora… nebbie.
Un esempio, tra i tanti, delle prevalenti nebbie numerologiche?!
La campagna “Cinema Revolution”, per la promozione del cinema in sala. La Sottosegretaria Lucia Borgonzoni (che ha visto confermate le sue deleghe su cinema e audiovisivo: il decreto a firma del Ministro Alessandro Giuli reca la data del 30 settembre, ma è stato pubblicato soltanto venerdì scorso 25 ottobre), anche in quel del “Festival di Venezia”, l’ha decantata – per l’ennesima volta – come un gran successo… Senza dubbio, un qualche miglioramento nella fruizione estiva del cinema c’è stato, ma è stato simpaticamente omesso di segnalare che la quota di mercato dei film italiani, nell’arco dell’ultima campagna, è stata del 7 %. Dicesi: sette per cento, anzi per la precisione 7,2 %(nota bene: lo scrivono non i sovversivi di IsICult, ma una testata specializzata qualificata come “Box Office” del gruppo eduesse, nell’edizione di ottobre 2024, in un articolo della sempre accurata Valentina Torlaschi).
Si ricorda che l’iniziativa è del Mic ed è stata affidata a Cinecittà: nel bilancio 2023 di Via Tuscolana risulta un “progetto speciale Cinema Revolution” per 11 milioni di euro (danari assegnati dal Mic), ma nulla è dato sapere su “chi” ha ideato la creatività della campagna e su “chi” ha gestito la pianificazione mediale, ovvero su come siano stati spesi questi pubblici. È possibile fornire a Key4biz questi dati?
In attesa di “Piazza Pulita” su La7: Corrado Formigli saprà focalizzare l’attenzione sui maggiori beneficiari della Legge Franceschini?! I “big player”, i grossi produttori e le multinazionali straniere
Se l’attesa per la trasmissione di Nicola Porro di questa sera è notevole, non è certamente inferiore l’aspettativa per il programma “Piazza Pulita”, condotto da Corrado Formigli, prevista per giovedì prossimo 31 ottobre su La7.
Anche “Piazza Pulita” affronterà il tema – scabroso e scivoloso – del sostegno pubblico al cinema… Riuscirà a fare chiarezza e finanche “piazza pulita” di molte distorsioni interpretative e manipolazioni numeriche?!
Si ha ragione di prevedere un approccio ben differente: se “a destra” (vedi alla voce Porro) si punta l’attenzione sugli “sprechi”, verosimilmente “a sinistra” (vedi alla voce Formigli) ci si interesserà di comprendere chi sono stati i maggiori beneficiari di questi sprechi, ovvero della mala gestione del Fondo Cinema e Audiovisivo…
Ed oggettivamente i privilegiati sono stati i “big player”, non certamente i produttori indipendenti.
I dati, da questo punto di vista, ci sono, e ben evidenti, se è stata già la stessa Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (Agcom), nel luglio del 2023, a trasmettere al Ministero della Cultura un parere critico che evidenziava come i maggiori beneficiari della Legge Franceschini sono stati gruppi multimediali in mano a capitali stranieri: il caso più eclatante resta quello della Fremantle, del gruppo tedesco-lussemburghese Rtl alias Bertelsmann…
Perché lo Stato italiano deve foraggiare le casse di queste società non italiche?!
La verosimile risposta che potrebbe venire dalla Sottosegretaria Lucia Borgonzoni, dal Presidente dell’Anica Francesco Rutelli, dalla Presidente dell’Apa Chiara Sbarigia (che è anche Presidente della pubblica Cinecittà): “se lo Stato italico non inietta risorse nel sistema grazie al Tax Credit, le grandi produzioni americane e straniere vanno a girare in nazioni più appetibili…”. Crediamo che questa “risposta” non sia adeguata, per giustificare la quantità di danaro del contribuente generosamente assegnato a queste multinazionali.
Il sostegno dello Stato nel settore cine-audiovisivo deve essere finalizzato alla estensione del pluralismo espressivo e della pluralità di imprese, al rafforzamento del tessuto industriale e del policentrismo della produzione indipendente, alla ricerca ed alla sperimentazione creativa: non deve andare a vantaggio di produzioni “prendi i soldi e scappa” (per citare un classico di Woody Allen).
Di fatto in questi ultimi anni, si è riprodotto un fenomeno tipico della “Hollywood sul Tevere” (tra gli anni Cinquanta e Settanta del secolo scorso): le cosiddette “runaway productions”, ovvero il caso di film americani che venivano girati in Italia per risparmiare sui costi delle maestranze… In questo caso, nella versione “aggiornata”, l’attrattività è giustappunto il credito d’imposta. Ovvero il sostegno dello Stato.
Un esempio?!
Quando le multinazionali hanno compreso, fin dall’estate del 2023, che la generosa “manna” dello Stato italiano stava per essere interrotta – per ardita decisione dell’ex Ministro Gennaro Sangiuliano – molti di questi “player” hanno portato via le tende: eclatante quanto sintomatico la fuga da parte della Fremantle (vedi supra) dagli “studios” di Cinecittà.
Il gruppo Fremantle non ha infatti rinnovato il contratto triennale con il quale le era stata affidata una parte significativa degli spazi di Via Tuscolana. Risultato?! Da qualche mese, la “occupancy” di Cinecittà è bassa, anzi bassissima, e c’è qualcuno che si domanda quanto sarà il crollo di fatturato per l’anno 2024… Non basterà – verosimilmente – la rinnovata disponibilità della Eagle Pictures di Tarak Ben Ammar a risollevare le sorti di Cinecittà, sempre se l’intraprendente imprenditore franco-italo-tunisino riuscirà a convincere qualche mega-produzione americana a venire a girare in Italia… E si segnala – en passant – che gli studi de “Il Grande Fratello”, prodotto da Banijay, sin dagli esordi a Cinecittà, ad inizio nuovo millennio, da quest’anno si sono spostati dall’altra parte della Capitale, a Settecamini, nelle strutture di Lumina (ovvero il Centro Titanus Elios, una joint-venture tra Titanus spa e Rti spa Mediaset)…
L’effetto-domino del blocco del “Tax Credit” dalla primavera del 2023
In sostanza: il blocco del “Tax Credit” per quasi due anni (per cercare di arginare le dimensioni del “buco” di bilancio del Ministero della Cultura) ha determinato un “effetto-domino”, e finalmente oggi molti si rendono conto che la tanto decantata “grandezza” del cinema italico (attribuita ai meriti della Legge Franceschini) è una rappresentazione distorta e falsata…
Se lo Stato chiude i rubinetti, “il sistema” crolla come un castello di carte.
Tutto questo è stato (co)determinato dalla sostanziale assenza di una volontà di monitoraggio, analisi, valutazione, controllo.
Per anni ed anni – da istituzioni e “lobby” – è stata alimentata una “ubriacatura” collettiva, alla quale si sono prestati – in nome di una effimera “piena occupazione” – anche i sindacati dei lavoratori. Senza dimenticare la quasi totalità dei giornalisti, anche loro cantori entusiasti delle sorti magnifiche e progressive dell’italico cinema.
In verità… in questi ultimi anni…
Il consumo di cinema in sala non è cresciuto…
La quota di mercato dei film italiani nei cinematografi non è cresciuta…
L’export del nostro cinema non è cresciuto…
I risultati di audience dei prodotti cine-audiovisivi italiani su Netflix non sono migliorati…
Qualcuno si è preso la briga di trarre le conclusioni da questi allarmanti “indicatori”? No. Purtroppo no.
Nell’ottobre 2024, in Italia si sono persi 5 spettatori cinematografici su 10, rispetto allo stesso periodo dell’anno pre-Covid (il 2019)
Alcuni numeri, però, non possono essere manipolati: secondo la fonte Cinetel (la società di rilevazione del “box office”, co-gestita da Anica ed Anec), dal 1° ottobre al 27 ottobre 2024, i cinematografi italiani hanno incassato 32,5 milioni di euro, con un incremento del 17 % rispetto allo stesso periodo dell’anno 2023, ma siamo ad un livello corrispondente al -41 % rispetto all’anno 2019 (pre-Covid).
Gli spettatori sono stati 4,5 milioni: +15 % rispetto al 2023, ma -46 % rispetto al 2019 (dicesi “meno quarantasei per cento”!).
Di fatto, nel 2024 sono stati persi quasi 5 spettatori su 10 rispetto a quelli del 2019.
Se estendiamo l’analisi all’intero anno (dal 1° gennaio al 27 ottobre), i dati sono non meno sconfortanti: tra il 2024 ed il 2019, un -25 % a livello di incassi ed un -31 % di spettatori.
Numeri allarmanti, che dovrebbero provocare sia al Collegio Romano (sede centrale del Mic) sia a Santa Croce in Gerusalemme (sede della Dgca) un profondo processo di autocritica (tecnica e politica) a partire dalla comprensione che la “riforma Borgonzoni” non ha messo mano in modo radicale alla profonda crisi sistemica.
Il caso “Festa del Cinema” di Roma versus “Alice nella Città”: ennesima conferma del “governo nasometrico” della cultura e della prevalenza del “capitale relazionale”. Una politica a-tecnocratica
Ed il “sistema” continua ad essere governato nasometricamente: come comprendere altrimenti una delle ultime polemiche, ovvero lo scontro tra Salvatore Nastasi (Presidente della Siae e nominato qualche mese fa alla guida della Fondazione Cinema per Roma) e Fabia Bettini e Gianluca Giannelli, i promotori del festival parallelo alla “Festa del Cinema” di Roma, ovvero “Alice nella Città”? In occasione della conferenza stampa di chiusura dell’edizione n° 19 della “Festa”, sabato scorso Salvo Nastasi ha annunciato che pensa sia bene che le due iniziative non si sviluppino più in contemporanea…
Immediata l’interpretazione politica della dinamica (del suo “dietro le quinte” di Palazzo): ha scritto ieri (domenica 27) “il Fatto Quotidiano”, in un articolo intitolato “E Nastasi ‘caccia’ Bettini”, proponendo questa “lettura” dei fatti: “Fabia Bettini, infatti, è la sorella di Goffredo, uomo forte del Pd romano, che da qualche tempo ha lasciato Nicola Zingaretti e si è avvicinato all’area vicina al sindaco Roberto Gualtieri e a Claudio Mancini. Una frattura nel Pd romano, che si è aggravata con il recente mini-rimpasto di Gualtieri dopo le dimissioni di Miguel Gotor da assessore (la componente di Franceschini è rimasta fuori). E a Roma nessuno dimentica lo stretto filo che lega Nastasi all’ex Ministro della Cultura. Che forse ha voluto mandare un messaggio, via Festival, ai compagni di partito”. Non sappiamo se la ricostruzione del “dietro le quinte” proposta dal quotidiano sia corretta, ma è certamente verosimile. E conferma come una politica a-tecnocratica governi anche il sistema culturale nazionale…
Dura quanto emblematica la reazione dei curatori di “Alice nella Città”: “il Presidente Salvo Nastasi a titolo ‘personale’ ha annunciato una separazione di Alice nella Città dalla Festa del Cinema di Roma. Solitamente le separazioni consensuali si discutono assieme, non si apprendono per caso. Siamo sinceramente stupiti dalle modalità scelte per esprimere quella che è stata definita una sua personale riflessione. Riflessione che anche noi abbiamo avvertito necessaria in questi ultimi anni e in questa edizione in particolare, ma che ci saremmo aspettati di affrontare nelle sedi opportune, discutendone con i soci fondatori e le istituzioni coinvolte, non soltanto con chi è stato nominato e parla a titolo personale. È vero che siamo cresciuti molto, potendo contare su un budget di 500 mila euro a fronte dei 6 milioni e mezzo su cui può contare la Festa. Pensiamo questo sia un altro tema da mettere sul tavolo. Abbiamo già intrapreso un cammino assieme a Fondazione Musica per Roma, valuteremo nelle sedi preposte i passi opportuni da compiere”.
Questa sortita di Bettini e Giannelli è particolarmente interessante perché (ri)stimola una domanda essenziale: “chi” e “come” e “perché” ha deciso che il sostegno pubblico alla “Festa del Cinema” debba essere di 6,5 milioni di euro, a fronte di 500.000 euro per “Alice nella Città”?
E perché… non viceversa (verrebbe da aggiungere ironicamente)?!
Qualcuno, al Ministero della Cultura, alla Regione Lazio, al Comune di Roma, si è preso la briga di misurare l’efficienza, l’efficacia, l’impatto socio-culturale-economico delle due iniziative? Sicuramente no.
E quindi, ancora una volta, governo nasometrico della cultura e prevalenza del capitale relazionale (eufemismo) su una auspicabile sana politica culturale, trasparente e meritocratica, anzi – ci si consenta – democratica.
“Democrazia culturale” sarebbe infatti anche una sana gestione delle risorse pubbliche: senza clientele, lobby e “amichettismi” (di sinistra o di destra che siano)…
E magari con sistemi tecnici trasparenti di misurazione, monitoraggio, valutazione, controllo…
Ancora una volta, invece, nebbie e misteri ed oscuri giochi di potere dietro le quinte.
[ Note: questo articolo è stato redatto senza avvalersi di strumenti di “intelligenza artificiale”. ]
(*) Angelo Zaccone Teodosi è Presidente dell’Istituto italiano per l’Industria Culturale – IsICult (www.isicult.it) e curatore della rubrica IsICult “ilprincipenudo” per “Key4biz” (ragionamenti eterodossi di politica culturale e economia mediale).