La coreografia è stata, una volta ancora, quella di sempre (ovvero quella di queste occasioni di promozione autoreferenziale): lo sforzo estremo di vedere sempre ostinatamente il bicchiere “mezzo pieno”, senza uno sforzo a buttare il cuore oltre l’ostacolo, senza il coraggio di manifestare istanze chiare e forti al legislatore ed al Governo… In sostanza, suvvia, il cinema in sala, in Italia, sta morendo, ma facciamo finta che siano sufficienti assistenzialismo e palliativi variegati per mantenerlo in vita…
Come definire sinteticamente quel che è avvenuto questa mattina, nella sala (cinematografica) dell’Anica (la principale associazione del settore), con la presentazione del rapporto annuale prodotto da Cinetel, la società specializzata nella rilevazione degli spettatori e degli incassi, compartecipata dall’Anica appunto e dall’associazione degli esercenti Anec?!
Basti riportare la tesi del Presidente dell’Anica Francesco Rutelli, che si sintetizza nella formula “ottimismo prudente”. Come dire? Il paziente ha un tumore allo stadio 4 (quello che caratterizza i malati terminali, nello slang medico, per capirci), ma – suvvia! – è ancora in vita! Allegria!!!
Dice Rutelli: “salutiamo l’inizio del 2023 con uno spirito di ottimismo prudente, perché sappiamo bene che ci vorrà del tempo per tornare ai livelli pre-pandemia… Sento cresciuta l’attenzione verso la sala anche in mondi, come quello delle piattaforme, che sono sembrati a lungo antagonisti o concorrenti. Credo che questa forza da dare alla fruizione nelle sale dipenda dalla qualità dei prodotti e l’inizio positivo del 2023 ha dimostrato che l’attenzione verso la pluralità, la ricchezza e l’originalità dei prodotti può portare a una nuova grande stagione di cinema nelle sale”.
L’augurio, conclude Rutelli, “è quello di continuare a lavorare insieme sia per il bene di un’industria che è integrata e che è fondamentale per il Paese, sia per un rapporto popolare con il pubblico che non si spegnerà mai”. Che belle parole, Presidente. Incoraggianti proprio.
E come commentare il concetto secondo il quale le “piattaforme” non sarebbero né “antagonisti” né “concorrenti”?! Da non crederci: suvvia, siamo tutti amici, nel rutilante mondo della filiera audiovisiva.
D’altronde, è vero che Anica ha accolto nel proprio seno, da un paio di anni, anche le piattaforme, Netflix in primis… E l’acronimo Anica si scioglie oggi con l’assai evoluto: “Associazione Nazionale Industrie Cinematografiche Audiovisive Digitali” (non manca nulla, forse tra poco anche il Metaverso, anche se i produttori specificamente televisivi sono associati in altra “lobby”, l’Apa presieduta da Giancarlo Leone).
D’altronde, è vero che la gran parte delle sale cinematografiche si svendono scandalosamente, per due soldi, e proiettano prima dei film cinematografici pubblicità di Sky piuttosto che di Netflix o Prime Amazon: è masochismo allo stato puro, proiettare in una sala cinematografica pubblicità di canali televisivi e piattaforme che ti portano “il cinema a casa”.
Questi i dati, in estrema sintesi (rimandiamo il lettore appassionato alla lettura delle 22 pagine di elaborazioni di Cinetel): se è vero (ed è vero) che il mercato “theatrical” nel 2022 è cresciuto di un 80 % rispetto all’anno 2021, è altrettanto vero che la soglia dei 50 milioni di biglietti venduti non è stata raggiunta, e questo livello corrisponde grosso modo alla metà del livello dell’anno 2019, l’ultimo anno pre-pandemia Covid 2019.
Nel 2022, un mercato dimezzato rispetto al 2019
Questa è la vera verità: un mercato 2022 dimezzato rispetto a quello del 2019.
Come la vogliamo definire, se non “cronaca di una morte annunciata”?!
Se proprio ci sforza di vedere il bicchiere “mezzo pieno”, viene in aiuto il dato della stagione natalizia: in questo caso, il calo è “soltanto” di un 30 % rispetto al corrispondente periodo del 2019.
Se traduciamo in moneta questi dati, i risultati appaiono non meno deprimenti: poco meno di 307 milioni di euro di incassi, nell’arco di tutto il 2022.
A voler essere precisi, nell’anno 2022, il “box office” italiano ha incassato 306.622.567 euro, per un numero di presenze in sala pari a 44.535.891; rispetto alla media del periodo 2017-2019, si tratta più in generale di un calo del 48,2 % degli incassi e del 51,6 % delle presenze!
I relatori presenti questa mattina a Roma nella sala dell’Anica hanno definito – anche qui con iniezione di ottimismo – “significativa” la quota del “box office” della produzione italiana (incluse le co-produzioni), che nel 2022 ha registrato una percentuale pari al 19,7 % degli incassi e al 21,2 % delle presenze corrispondenti ad un incasso di 60.3 milioni di euro ovvero 9,4 milioni di presenze. Si tratta di una quota vicina a quella del 2021 (21,5 % degli incassi, 22,5 % delle presenze) ed in linea con la media del periodo 2017-2019 (20,6 % degli incassi e 21 % delle presenze).
Oh, che gran bella notizia…
In che senso “significativa”?! Si tratta pur sempre di soltanto 1/5 (un quinto) del totale degli spettatori e degli incassi.
Fatto 100 il totale degli spettatori, soltanto 20 sono andati a vedere un film “made in Italy”.
E l’Anec ripropone la sua litania sulle “istanze” da sottoporre al Ministero della Cultura: chiudere sul tema delle “window”… stabilizzare il tax credit sui costi di funzionamento e quello sugli investimenti per i cinema… insieme agli incentivi che verranno messi sulle spese di lancio dei film… lavorare fin da subito sull’utilizzo delle risorse per la promozione del cinema italiano… cercare la miglior qualità delle opere destinate alla sala, una distribuzione ancora più dinamica e ben composta per tutto l’anno… le campagne promozionali e in particolare il progetto sull’estate… mettendo al centro il valore e l’esclusiva esperienza di un film su grande schermo…
Belle parole, commendevoli intendimenti, ma ascoltiamo queste pie richieste da anni, anzi decenni.
Ottimismo a gogò anche nelle parole del Presidente dell’Anec, Mario Lorini: “i dati presentati oggi forniscono indicazioni molto importanti, segnano una inversione e un più deciso segnale di ritorno del pubblico. Tutto ciò dimostra che ci attende un grande lavoro, una vera sfida, forse decisiva, nell’anno appena iniziato per continuare sulla ripresa e sul ritorno a numeri sostenibili”.
Anche in questo caso, parole parole parole…
Nel mentre, però, le sale cinematografiche chiudono, sia nei centri storici delle grandi città sia in provincia…
Si tratta di fenomeni gravi – dal punto di vista sociale, prima che culturale – come la moria di librerie e di edicole… rispetto ai quali non si ascoltano le opportune grida dall’allarme.
Rassegnazione, passività, inerzia… e la deriva continua inesorabilmente.
Nessuno sembra porsi un vero problema di “politica culturale”.
Nessuno sembra porsi una vera questione di “ecologia dei media”.
Che la situazione fosse grave era emerso anche qualche settimana fa, allorquando la Società Italiana degli Autori e Editori ha presentato il suo consuntivo dell’anno 2021 ovvero il “Rapporto sullo Spettacolo e lo Sport nel sistema culturale italiano” (edizione n° 86 del suo storico “Annuario statistico”): certo, in quel caso era evidente che il crollo era stato determinato dalle chiusure (gestite in modo assolutamente irrazionale dal Governo) dei luoghi di spettacolo a causa del Covid, ma i segnali di pre-consuntivo del 2022 resi noti dalla Siae registravano un “boom” dei concerti pop-rock e non grandi speranze per quanto riguarda il cinema “theatrical” (si rimanda a “Key4biz” del 17 novembre 2022, “Siae-IsICult, pubblicato il primo ‘Rapporto sullo Spettacolo e lo Sport nel sistema culturale italiano’”, e successivi articoli).
Cinetel – che, a differenza di Siae (che lavora in modalità censuaria, ovvero misura il 100 % dell’intero mercato), monitora un 90/95 % del totale del cinema in sala – ha proposto oggi una fotografia che dovrebbe stimolare processi di autocritica sia nei rappresentanti del settore “cinema” (inteso come “cinema cinema”: cinema in sala, cinema “theatrical”) sia nei decisori istituzionali (in primis, il Ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano, la Sottosegretaria Lucia Borgonzoni che verosimilmente avrà la delega per il cinema – l’atto formale di delega non è stato ancora registrato dagli organi di controllo e soltanto il suo collega Vittorio Sgarbi ha anticipato alla stampa il perimetro delle proprie deleghe –, il Direttore Generale del Cinema e Audiovisivo Nicola Borrelli).
Cinetel si pone come struttura all’avanguardia nello studio del mercato cinematografico “theatrical”
Si ricordi che Cinetel, fondata nel 1996, è una piccola società a responsabilità limitata (capitale sociale di 20mila euro, aveva soltanto 4 addetti a fine 2022), partecipata pariteticamente da Anec (Associazione Nazionale Esercenti Cinema) e Anica Servizi (controllata da Anica): cura quotidianamente la raccolta degli incassi e delle presenze delle sale cinematografiche in Italia. Sono abbonate a Cinetel centinaia di imprese italiane e internazionali della “filiera” cinematografica e audiovisiva: ogni giorno, produce e invia report, elabora analisi “ad-hoc” per distributori, esercenti, produttori e istituzioni e “trasmette” i dati del mercato del cinema in diretta ogni sera, dalle 22 alle 5 del mattino. Cinetel si autodescrive come “operatore tecnico specializzato, unico a livello internazionale per l’ampiezza delle rilevazioni sul mercato e per l’ineccepibile metodologia di raccolta e analisi dei dati, che vanta l’assenza di intermediari e si qualifica come fonte primaria per tutti gli interessati al mercato cinematografico”. Per sviluppare la propria vocazione al servizio degli analisti e degli studiosi, nel corso del 2023 lancia una serie di nuovi prodotti e servizi, mirati a rispondere alle esigenze sempre più sofisticate che emergono dalla trasformazione del mercato audiovisivo. I primi due progetti, CinetelPro e CinExpert, verranno rilasciati già nel mese di gennaio: il primo è il nuovo gestionale pensato per i distributori per l’interrogazione dell’intera base dati di Cinetel; il nuovo portale consente una capacità di esplorazione e incrocio dei dati unica per un’analisi approfondita… Il monitoraggio settimanale di CinExpert ha lo scopo invece di profilare nel dettaglio chi frequenta le sale e che cosa sceglie per la visione in sala, anche in relazione alle variabili storiche del momento: per la sua realizzazione sono state utilizzate le metodologie di rilevazione e di analisi più accreditate a livello internazionale, anche attraverso il coinvolgimento di importanti operatori stranieri. L’obiettivo è fornire un’analisi del mercato completa, integrando le informazioni quantitative sul numero di spettatori con dati qualitativi.
A partire dal mese di gennaio 2023 – dopo la revisione dei tariffari adottata già nel 2022, che ha portato a centinaia di nuovi abbonamenti nel mondo dell’esercizio – saranno introdotte ulteriori formule agevolate di abbonamento per i distributori, i produttori, le istituzioni e i media.
Non resta che augurarsi che questo novello flusso di dati, qualitativi oltre che quantitativi, venga presto messo a disposizione della comunità – anche università e centri studi – in logica “open data”, per contribuire alla miglior conoscenza delle caratteristiche anche sociologiche del pubblico del cinema in Italia. Purtroppo si teme il peggio, se è vero che questa mattina sono state presentate anche alcune slide, che però Cinetel non ha ritenuto di pubblicare e diffondere, su altre elaborazioni senza dubbio interessanti…
I nuovi progetti sono stati resi possibili grazie alla collaborazione di Cinetel con Anec, Anica, Cinecittà, Audimovie, Ergo Research e BitTime ed a una struttura coordinata dall’“Head of Operations” Giorgio Bigoni. In Cinetel, è Presidente Simone Gialdini (che è anche Direttore Generale di Anec), mentre Davide Novelli è l’Amministratore Delegato (è al contempo Distribution Director di Vision Distribution).
Si ricordi che, al di là delle ambizioni, Cinetel srl resti comunque una impresa piccina picciò, ben lontana dalla “omologa”, in ambito televisivo, Auditel srl: basti osservare come il totale dei ricavi di Cinetel nell’anno 2021 sia stato inferiore a mezzo milione di euro: circa 438mila euro, a fronte dei 354mila euro dell’esercizio 2020 (fonte Registro Imprese / InfoCamere). D’altronde le proporzioni tra i due mercati (“cinema theatrical” e “televisione”) sono sempre più squilibrate a favore del secondo.
Al di là di questi apprezzabili tentativi tecnici di focalizzare l’identikit dello spettatore cinematografico italiano, la questione nodale resta irrisolta.
Lo scenario è cupo.
Questo set di dati evidenzia le dimensioni del crollo: nel 2017, 92,3 milioni di spettatori e 585 milioni di euro di incassi; nel 2022, 44,5 milioni di spettatori e 306,6 milioni di euro di incassi.
IsICult ha elaborato una tabella che evidenzia che si dovrà comunque attendere i dati definitivi elaborati da Siae per acquisire una visione completa, considerando che, dal punto di vista dell’esercente cinematografico, al ricavo da botteghino si associa anche il ricavo derivante da spese dello spettatore associate alla visione (a partire dal classico pop-corn)…
Si osservi che nel triennio 2017-2019, l’incasso medio annuo di 622 milioni di euro da botteghino veniva integrato da spesa altra del pubblico, che era nell’ordine di 113 milioni di euro, e rappresentava quindi circa un 20 % dei ricavi totali (fonte Siae).
Senza dimenticare i flussi da ricavi pubblicitari, per quanto questo “medium” sia sempre più trascurato dalla gran parte degli investitori e pianificatori.
Il crollo del cinema in Italia: 2017-2022
Italia: 45 milioni di spettatori nel 2022, a fronte dei 152 della Francia e dei 60 milioni della Spagna
Questa mattina non sono mancati cenni ai mercati internazionali, e da questa comparazione emerge il disastro italiano. In tutta evidenza.
Come ben rimarcato da un accurato articolo – il primo di un’inchiesta – pubblicato dalla rivista “Fortune”, oggi in edicola, ovvero del progetto “Fortune Italia Entertainment”, a firma di Fulvio Bennati. Fortune Italia Entertainment è un progetto emanazione dell’edizione italiana del mensile “Fortune”, nato dalla collaborazione con MYmovies e curato da Pier Paolo Mocci, con la supervisione di Gianluca Guzzo. Si ricordi che, fondata nel febbraio del 1930 da Henry R. Luce, già co-fondatore di “Time”, la rivista “Fortune” è ritenuta da top-manager e opinion leader come una delle più autorevoli testate giornalistiche del mondo.
Bennati osserva come al calo di circa il 50 % dei biglietti venduti dell’Italia tra il 2019 ed il 2022, nel Regno Unito si registri un calo di soltanto il 28 % rispetto al botteghino medio 2017-2019, in Francia del 32 %, in Germania del 34 %, in Spagna del 39 %…
L’Italia evidenzia una reattività inferiore, rispetto a quella dei “big 5” d’Europa.
Negli Usa, il calo è nell’ordine del 30 %.
Quel che dovrebbe far riflettere (meglio) operatori e istituzioni non è soltanto questa differenza nella “ricrescita”, ma soprattutto i dati in valore assoluto: in Italia, nel 2022, soltanto 45 milioni di biglietti venduti, a fronte dei 152 milioni di spettatori della Francia e dei 60 milioni di spettatori della Spagna!
Cinema: nell’arco di 4 anni, l’Italia ha perso ben 700 schermi cinematografici
Altro dato drammatico: dall’inizio della pandemia ad oggi, sono stati spenti in Italia oltre 700 schermi!
Nel 2019, secondo Cinetel, i cinematografi attivi in Italia erano 1.218 per un totale di 3.542 sale ovvero “schermi”…
Nel mese di novembre 2022, si conteggiavano invece 980 cinematografi, con 3.080 sale/schermi attivi…
Quindi, nell’arco di un triennio, il calo dei luoghi di offerta sarebbe quindi 238 cinema che hanno chiuso i battenti, per un totale di 425 schermi. Tra il 2019 ed il 2022 hanno chiuso ben 219 mono-sale, e 18 cinema con tra 2 e 7 schermi e 3 multiplex con più di 7 schermi…
Non conteggiando il fenomeno delle arene estive (che Cinetel monitora dal 2022), nell’arco del quadriennio, si può contare una perdita di complessivamente circa 700 schermi.
Una vera moria. Terribile.
È indispensabile una campagna promozionale potente, dotata di un budget adeguato (almeno 50 milioni di euro l’anno)
Alla luce di una lettura organica dei dati… ancora “ottimismo prudente”, Presidente Rutelli?!
Meglio sarebbe un… “ragionevole allarme”, per usare una formula comunque felpata, che potrebbe piacere al (quasi) sempre sorridente ex Sindaco di Roma, per un “urlo disperato”…
Il cinema in sala, in Italia, sta morendo.
Eppure basterebbe poco, per passare dalla “teoria” alla “pratica”: da anni, molti anni, insistiamo – anche su queste colonne – sull’esigenza di una iniziativa che sia dirompente, che scardini i paradigmi dell’attuale assetto “comunicazionale”, nel rapporto tra cinema in sala, televisione “free” e “pay”, piattaforme, social media…
Priorità assoluta è infatti una campagna promozionale robusta, decisa, multimediale-intermediale, dotata di un budget adeguato, almeno 50 milioni di euro l’anno, stabile e pluriennale (vedi “Key4biz” del 18 febbraio 2022, “Cinema, la crisi delle sale risveglia l’associazione degli esercenti” e più recentemente “Key4biz” del 1° luglio 2022, “#soloalcinema: riparte la mini-campagna per il cinema in sala. Ma non basta”). Iniziativa di cui riteniamo dovrebbe essere Rai, in quanto servizio pubblico mediale, d’intesa con il Ministero della Cultura, il principale promotore.
Se è vero, come è vero, che nel 2021 lo Stato italiano ha iniettato 750 milioni di euro di danari pubblici a favore del cinema e dell’audiovisivo, un budget promozionale di 50 milioni – se gestito in modo tecnicamente adeguato (avvalendosi dei migliori cervelli creativi e “media planner” delle più qualificate agenzie pubblicitarie nazionali) – può determinare un processo di stimolazione della domanda che può portare l’Italia ai livelli di Paesi eccellenti come la Francia.
Torneremo presto su questi temi.
(*) Angelo Zaccone Teodosi è Presidente dell’Istituto italiano per l’Industria Culturale (www.isicult.it) e curatore della rubrica IsICult “ilprincipenudo” per “Key4biz”
Clicca qui, per il rapporto Cinetel 2022, “I dati del mercato cinematografico 2022”, presentato a Roma, presso l’Anica, da Anica ed Anec, il 10 gennaio 2023