Trump vuole dazi ancora più pesanti sui prodotti cinesi in questo secondo mandato
La vittoria di Donald Trump nella corsa alla Casa Bianca 2024 porterà con sé delle conseguenze rilevanti dal punto di vista economico e finanziario. In tutti i settori chiave, non solo per quel che riguarda lo scenario economico interno, ma anche internazionale.
Conosciamo bene quanto accaduto tra Stati Uniti e Cina in occasione del primo mandato di Trump (2017-2021) come Presidente. La situazione ora potrebbe anche peggiorare. Basta esaminare le affermazioni del tycoon in campagna elettorale.
Trump ha promesso dazi sulle importazioni di prodotti cinesi anche del 60%. Un livello elevato, che potrebbe avere un impatto da 500 miliardi di dollari, secondo un’analisi di PineBridge Investments per la Reuters.
Trump ha proposto una politica tariffaria più aggressiva rispetto a quella messa in atto nel 2018-2019. Allora il presidente impose dazi su circa 380 miliardi di dollari di merci USA importate (circa il 15% dell’import USA complessivo dal resto del mondo), di cui ben 350 miliardi di merci importate ai tempi dalla Cina.
Dazi che potrebbero anche arrivare al 150% in caso di necessità di dissuadere eventuali intenzioni militari di Pechino verso Taiwan (affermando poi che Taipei è ora che si difenda da sola, o che “paghi” quel che deve per la presenza americana nell’area).
Il disavanzo commerciale USA ha superato la soglia dei 1.000 miliardi di dollari
Come ben spiegato da Lucia Tajoli e Roberto Italia in un articolo su ISPI online, il disavanzo commerciale dei beni USA non è affatto diminuito in questi anni: nel 2016 era pari a $750 miliardi, nel 2021 a 913 miliardi e nel 2023 ha superato la soglia dei 1.000 miliardi per il terzo anno consecutivo.
In termini di PIL è invece sceso solo marginalmente dal –4% nel 2016 al –3,8% nel 2023.
Infatti, la riduzione del deficit nei confronti della Repubblica popolare cinese è stata più che compensata dall’aumento di quello in altri Paesi come Messico e Vietnam senza ridurre la dipendenza dalle catene di fornitura legate al gigante asiatico.
Anche per questo Trump ora propone dazi universali del 60% da imporre su tutti i beni cinesi in modo da attuare il decoupling e del 10% o 20% su tutte le merci provenienti dal resto del mondo. Il tycoon ha persino minacciato di introdurre dazi del 100% sulle importazioni dai Paesi che stanno riducendo l’uso del dollaro e del 200% o più sui veicoli importati dal Messico.
Pechino si era preparata, ma sarà davvero pronta?
Il presidente cinese Xi Jinping ha inviato le sue congratulazioni al presidente americano appena compreso quale sarebbe stato il risultato del voto, con la speranza che i due paesi “andranno d’accordo” e “gestiranno adeguatamente le loro differenze” dopo anni di tensioni. “La storia ha dimostrato che la Cina e gli Stati Uniti traggono vantaggio dalla cooperazione e perdono dallo scontro“, ha detto il Capo di Stato cinese a Donald Trump, secondo un rapporto pubblicato dalla televisione statale cinese CCTV. “Una relazione stabile, sana e duratura tra Cina e Stati Uniti è in linea con gli interessi comuni dei due Paesi e con le aspettative della comunità internazionale“, ha affermato Xi Jinping.
Il portavoce del ministero degli Esteri, Mao Ning, ha subito risposto con un classico “non ci saranno né vincitori né vinti in una guerra commerciale di questa portata, una guerra che non gioverebbe di certo al mondo”.
Un conflitto fatto di dazi che potrebbe anche risultare “peggiore del primo mandato di Trump“, ha affermato Yu Jie, ricercatore senior presso la Chatham House. Pechino a quanto pare sta da tempo cercando di ridurre la sua esposizione agli Stati Uniti, proprio per depotenziare la strategia di Washington.
Come svincolarsi dalle politiche di Trump
Un esempio lo abbiamo avuto a settembre, al vertice del Forum sulla cooperazione Cina-Africa a Pechino, quando Xi Jinping ha annunciato che la Cina avrebbe introdotto un regime di tariffe zero per i paesi in via di sviluppo che hanno relazioni diplomatiche con Pechino, tra cui 33 in Africa.
Nonostante le restrizioni imposte dagli Stati Uniti e dai suoi alleati alla capacità della Cina di acquistare la tecnologia più avanzata per la produzione di semiconduttori e quindi chip all’avanguardia, le aziende cinesi si sono concentrate sulla creazione di alternative valide in casa, “home made”.
Il Ministero dell’Industria e dell’Information Technology ha recentemente rivelato di aver costruito uno scanner litografico in grado di produrre chip piccoli fino a 65 nanometri. Non sarà al livello del gigante olandese ASML, ma è comunque un miglioramento rispetto a qualche anno fa.