La vittoria del NO al referendum e le dimissioni di Matteo Renzi, con la prospettiva di un Governo di scopo e nuove elezioni, rischiano di rappresentare la pietra tombale per il Ddl Concorrenza, un provvedimento varato quasi due anni fa dall’ex ministro Federica Guidi e fermo dall’estate scorsa in Senato in seconda lettura. Visto il quadro politico e le urgenze del Paese, in primis l’approvazione della Legge di Bilancio e la complessa transizione verso nuove elezioni, il Ddl Concorrenza rischia di giacere sine die in Senato.
Il provvedimento contiene, fra le altre cose, norme stringenti per contrastare il telemarketing selvaggio, con la proposta – apparentemente condivisa da tutte le forze politiche – di ampliare il raggio d’azione del registro delle opposizioni (gestito dalla Fondazione Ugo Bordoni) a tutte le numerazioni non presenti in elenco, soprattutto quelle mobili prese di mira in maniera troppo spesso indiscriminata da campagne commerciali sempre più aggressive.
Un altro emendamento presente nel Ddl Concorrenza riguarda l’azzeramento di tutti i consensi per l’uso del numero di smartphone concessi (troppo spesso con leggerezza da parte dei consumatori), con un azzeramento totale del sistema caldeggiato dal Garante Privacy.
E’ vero che analoghe proposte di legge per contrastare il fenomeno sono state avanzate, in separata sede e scorporate dal Ddl Concorrenza, dalla senatrice Bonfrisco (Cor), dalla senatrice Pezzopane (Pd) e dal deputato Quaranta (Sel). Ma la soluzione più rapida per mettere finalmente mano al problema delle chiamate commerciali moleste era stata individuata proprio nel Ddl Concorrenza che adesso rischia seriamente di non vedere la luce e finire sul binario morto, con conseguente allungamento dei tempi di discussione e approvazione delle altre singole proposte avanzate dalla politica.
Vedremo come andrà a finire, ma il futuro del Ddl concorrenza allo stato attuale sembra quanto meno incerto e un’eventuale calendarizzazione rimandata alle calende greche.