Biotecnologie

Cervelli cyborg per studiare Alzheimer e Parkinson. Il progetto Ue guidato dall’Università di Pisa

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In Italia ci sono centinaia di migliaia di persone affette da malattie neurodegenerative, come l’Alzheimer e il Parkinson. Dal progetto europeo NAP i primi studi per scovare i sintomi precoci impiegando organoidi di cervello cyborg, cioè modelli tridimensionali di cervello potenziati da elettrodi e generati a partire dalle cellule staminali.

Alzheimer, Parkinson e le altre malattie neurodegenerative in Italia

In Italia, secondo i dati della Società Italiana di Neurologia, ci sono più di 1,2 milioni di persone che sono affette da malattie neurodegenerative, di cui 720.000 da Alzheimer; 800.000 sono i pazienti con conseguenze invalidanti dell’Ictus, patologia che ogni anno fa registrare 180.000 nuovi casi, e 400.000 coloro che sono colpiti dal Morbo di Parkinson.

Tre mesi dopo un ictus il 50% dei pazienti presenta, se specificamente indagato, una qualche forma di declino cognitivo e in metà di essi questo declino si trasforma in demenza, secondo uno studio dell’ospedale Sacco di Milano.

Solo prendendo in considerazione l’Alzheimer, tra Stati Uniti ed Europa si attendono 14 milioni di nuovi casi entro il 2050.

L’obiettivo del progetto europeo NAP (twiN-on-a-chip brAins for monitoring individual sleeP habits), coordinato dal Centro di Ricerca E. Piaggio dell’Università di Pisa, a cui partecipano anche l’Università di Friburgo e l’Università di Amsterdam, è studiare queste patologie a partire dall’impiego di Organoidi ‘cyborg’ di cervello per individuare i sintomi precoci.

Il progetto NAP e gli organoidi di cervello cyborg

Chiara Magliaro

Gli organoidi di cervello – ha spiegato in una nota Chiara Magliaro, ingegnera del Centro di Ricerca E. Piaggio, nonché coordinatrice del progetto – sono modelli tridimensionali di cervello generati a partire dalle cellule staminali ottenute da uno specifico individuo. Per la prima volta grazie al progetto NAP, si genereranno organoidi di cervello ‘cyborg’, cioè potenziati con elettrodi che permettono di valutare, istante per istante e per lungo tempo, l’attività di tutti i suoi neuroni, e di regolarne l’attività simulando il ritmo del sonno”.

Simulare i ritmi fisiologici o la privazione di sonno permette di valutare cosa succede alle nostre cellule nervose quando non abbiamo una buona routine del riposo. Parametri fondamentali per intervenire in maniera tempestiva e garantire una miglior qualità della vita”, ha precisato Magliaro. “Uno dei nostri obiettivi – ha aggiunto – è quello di comprendere meglio gli effetti della deprivazione del sonno e di individuare possibili correlazioni di questi disturbi con i sintomi della malattia di Parkinson, legati ai disturbi del sonno, in maniera personalizzata”.

Il progetto, che sarà finanziato dal Consiglio europeo dell’Innovazione (Eic, o European innovation council), struttura creata dalla Commissione europea per supportare la commercializzazione di tecnologie ad alto impatto nell’Unione, partirà il 1° marzo 2023 e coinvolge un consorzio internazionale multidisciplinare con competenze che spaziano dall’ingegneria biomedica alle biotecnologie, dalla microfabbricazione all’analisi dei segnali.

Gli organoidi di cervello umano che saranno realizzati per il progetto NAP saranno modellini 3D che si ‘accendono’ e si ‘spengono’ a comando grazie ai quali si potranno studiare in dettaglio il metabolismo dei neuroni del sistema nervoso centrale e le sue alterazioni. L’idea è che il sonno sia un fattore chiave nell’invecchiamento precoce e nelle degenerazioni di queste cellule, e che abbia un ruolo anche nello sviluppo di malattie come quella di Parkinson.

Costi umani e sociali

In Italia 12 milioni di persone soffrono di disturbi del sonno. Mentre secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, circa un terzo dell’intera popolazione mondiale soffre di disturbi al sistema nervoso e la metà di tutte le cause di disabilità sono di natura neurologica.

Lo studio avanzato delle malattie neurodegenerative potrebbe aiutare a comprendere e riconoscere i sintomi precoci dell’Alzheimer e del Parkinson, ad esempio. A livello neurobiologico si è scoperto che in alcuni casi i primi segnali neurodegenerativi sono diagnosticabili con 20 anni di anticipo.

Studi fondamentali, non solo per aiutare chi soffre, ma, secondo l’Università di Verona, anche in termini economici, visto che il costo medio per la collettività per la cura del singolo malato di Alzheimer è di 70.587 euro all’anno (contando costi a carico del Servizio Sanitario Nazionale, costi che ricadono direttamente sulle famiglie e costi indiretti).

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