Vola in Borsa il titolo di Tim, che ha segnato anche un balzo del 7,64%. È questo l’effetto dell’annuncio di ieri sera di Cassa depositi e prestiti (Cdp), il cui CdA straordinario ha deliberato di acquistare ulteriori azioni di Telecom. Secondo una fonte della Reuters, “Cdpconta di aumentare la propria presenza in Telecom Italia fino al 10% nei prossimi 12 mesi”.
Come si spiega la mossa di Cassa depositi e prestiti, controllata dal Tesoro, che ha anche il 50% di Open Fiber, rivale di Tim nella rete a banda ultralarga?
Cdp è favorevole al progetto di dar vita a un’unica rete tra Telecom e Open Fiber, che sta costruendo a sua volta una sua rete a fibra ottica. Ufficialmente il Consiglio di Amministrazione di Cdp ha motivato così la decisione dell’aumento di capitale in Tim: “Tale investimento si pone in una logica di continuità con gli obiettivi strategici sottesi all’ingresso nel capitale di Tim deliberato dal Consiglio di Amministrazione lo scorso 5 aprile 2018, è coerente con la missione istituzionale di Cdp a supporto delle infrastrutture strategiche nazionali e vuole rappresentare un sostegno al percorso di sviluppo e di creazione di valore, avviato dalla società in un settore di primario interesse per il Paese”.
E nel quadro di potenziamento delle infrastrutture del Paese per Cdp c’è senz’altro la rete unica, il suo ad Fabrizio Palermo, in un’intervista al Sole 24 Ore, ha detto che “entrare nella partita delle reti tlc è una scelta strategica per Cdp e per il Paese. Sono assett importanti per la crescita. I conti si faranno alla fine. Senza fretta”. Parole che, riflesse nella decisione di ieri del CdA, si traducono come la volontà di aumentare il pressing sul dossier della rete unica.
Dunque Cdp potrebbe raddoppiare la sua quota in Telecom: risale allo scorso anno, nell’aprile 2018, il suo ingresso nel capitale della società guidata da Luigi Gubitosi, con l’acquisizione di una quota del 4,93%: un’operazione che avvenne circa un mese prima dell’assemblea di maggio che portò al ribaltone in CdA Tim con la maggioranza dei consiglieri in quota Elliott (‘rivali’ dei francesi Vivendi). La Cassa detiene poi in Open Fiber il 50% (l’altro 50% è in mano all’Enel, il cui Ad Francesco Starace ha apprezzato il tavolo Tim-Open Fiber): quindi il fatto che si decida di aumentare la quota che già possiede in Telecom è per questo motivo un segnale importante in direzione della rete unica.
Però la strada non è in discesa perché all’interno della società guidata da Gubitosi (l’ad di Tim si è detto “aperto alla fusione delle reti con Open Fiber”) c’è una profonda spaccatura sul tema dello scorporo: Vivendi, azionista di maggioranza, sono contrari mentre Elliott è favorevole.
“Occorre giocare su tre fronti: la rete in rame, quella in fibra ottica e il 5G. Nel soppesare vantaggi e svantaggi va tenuto conto di vari aspetti, compresi quelli occupazionali. Anche per questo è intervenuto il legislatore decidendo forti incentivi per la rete unica di Tim”, ha spiegato ancora Palermo, l’ad di Cdp.
Ora l’attenzione è puntata sia sul nuovo piano strategico di Tim, che l’ad Luigi Gubitosi presenterà nel CdA del 21 febbraio, sia soprattutto sull’assemblea del prossimo 29 marzo, con i francesi di Vivendi, primi soci nell’azionariato al 23,9%, che hanno chiesto la revoca di cinque consiglieri in quota Elliott, socio al 9,4% e che attualmente esprime il consiglio di amministrazione della compagnia. Ma ora, con l’acquisizione da parte di Cdp di un ulteriore 5% di Tim entro l’anno, Vivendi verrebbe messo all’angolo e il fondo Elliott, che appoggia il progetto della rete unica, ne uscirebbe vincitore. I giornali parlano anche della volontà del fondo americano di aumentare la quota: e dato che sul tema della rete ha intenzioni simili a Cdp, insieme potrebbero quindi arrivare al 20%.
E in caso di combinazione, Tim dovrà mantenere il controllo della società unica della rete? “Il tema del controllo della rete”, ha detto Gubitosi, “è successivo e riguarda gli azionisti”.